Tre amici al bar

2019 circa
Novembre 2021

Ricordo molto bene quel giorno, ricordo quasi tutto quello che amo fare. Era in visita un amico, un colonnello dell’FSB in pensione accompagnato da un suo taciturno conoscente ceceno senza un occhio; cosa fosse venuto a fare non glie lo chiesi, naturalmente lo sapevo. Ci eravamo dati appuntamento in un baretto che sta lì da cinquant’anni, gestito da due deliziosi personaggi; gli occhi verdi della signora sono tra i più belli che abbia mai visto e che suo marito sia stato baciato da tanta bellezza un po’ lo invidio. Stavamo lì perché è a due passi dalla Circonvallazione Appia, nota ai più perché vi abitava Capannelle e nota ai lettori di Stafania Limiti e Aldo Giannuli perché sorge un archivio del Ministero dell’Interno che custodiva, a dire del Giannuli, addirittura l’archivio o parte dell’archivio dell’Ufficio Affari Riservati, in particolare un malloppo di documenti che confermavano l’esistenza del Noto Servizio o Anello o quello che fosse: un segreto di Pulcinella per i bene informati. L’amico russo, con il suo speciale senso dell’umorismo, aveva preso una stanza nel B&B adiacente, dove un signore claudicante lo aveva introdotto a una stanza confortevole e silenziosa, per quanto pochi metri più in basso vi scorrano i treni. Aveva letto alcuni libri sull’argomento e scherzava sulla circonferenza del professore pugliese, pari a quella del Vostok 1, il modulo che riportò Gagarin sulla Terra; ne avevo visto un modello a Varsavia un paio di decenni fa insieme alla mia ex moglie prima che mi piantasse per andarsene a vivere a Manhattan con i gatti e il figlio. Quando smisi di ridere, mentre il ceceno non aveva battuto l’unico ciglio rimastogli, l’amico mi espresse la sua preoccupazione circa la follia che aveva preso tutti quanti sul Pianeta e amaramente constatava che l’essere umano se ha prevalso su tutte le altre specie animali è perché è capace di creare sofisticare strategie di cooperazione tra i suoi simili, peccato che una qualche insondabile ragione abbia da secoli indirizzato tale capacità a operare il male. Rimanemmo in silenzio qualche minuto. “Quando due elefanti litigano è l’erba a soffrire” disse l’uomo senza un occhio, intanto mi chiedevo quanto spesso gli venisse il desiderio di tagliare la gola al colonnello.

Ci salutammo tristemente come sempre e non mi voltai mentre lo sapevo incamminarsi verso Piazza Zama per continuare il suo tour.

Trascorso un anno più o meno, mi apprestavo a ricevere un’altra visita, questa ancora più delicata. Avevo indirizzato la persona allo stesso B&B dove avrebbe trovato abbastanza riservatezza e l’intimità necessaria; comunicandole il luogo dove ci saremmo incontrati, dopo qualche minuto mi arriva una foto che immortala il colonnello il ceceno e il sottoscritto in mezzo alla strada ripresi da un operatore di Google Map. La persona, così la chiamerò, mi conosce benissimo e sa riconoscermi anche con venti chili in più e il volto cancellato. Mentre rideva, avendo la cortesia di non chiedermi con chi mi accompagnassi, mi diceva che dovevo perdere peso.

Fine della storia e dello scherzo. Nemmeno per sogno adesso inizia la questione seria.

Il fatto che un privato vada in giro per il mondo a scattare fotografie per strada è un dato famigliare a tutti, il fatto che con quelle foto ci si possa fare analisi di intelligence altrettanto, poco ma anche a Pechino, in Russia tanto.

Che il sottoscritto con un paio di amici sia immortalato e riconoscibile da chiunque mi conosca un po’ che significa?

Nel 1973 avevo otto anni e fortunatamente mi trovavo di qua dalla Cortina di ferro, in compagnia dei signori dell’Anello o Noto Servizio (et alii) peraltro giusto a 3,6 km da Piazza Fontana, e in quell’anno, sapevo leggere quindi, il Prof. Stefano Rodotà di anni ne aveva quaranta e dava alle stampe “Elaboratori elettronici e controllo sociale” per il Mulino.

Devo ammettere che faccio fatica a mantenere il controllo a fronte del fatto che un uomo maturo, cinquant’anni fa circa, ammonisse il decisore, il politico, l’intelligence (definiamola così), il pubblico insomma, in merito al tema della “privacy” e oggi il sottoscritto e i suoi amici siano sotto gli occhi del mondo intero, a loro insaputa.

Di privacy vivono in molti e se penso all’idiota che ha introdotto la legge per la quale bisogna dare il consenso per ricevere dei cookies facendo perdere secoli di tempo e “tonnellate” di megawatt di energia agli utenti perdo il senno.

Altrettanto mi fa imbizzarrire l’idea che lo Stato sia così arretrato nella difesa degli interessi dei cittadini, i quali, sazi per ora di merci e spettacoli, menano la propria esistenza girandosi dall’altra parte ogni volta che gli ultimi si affacciano sugli schermi, come se, la funzione principale delle istituzioni fosse quella di promuovere o salvaguardare solo l’egoismo indispensabile affinché le merci possano circolare vorticosamente sulla pelle dei meno fortunati, siano scarpe o beni alimentari di primario consumo.

Sembra essere questo il destino della società dell’informazione: più sai e più chi se ne frega dell’altro soprattutto se vive fuori del nostro giardino o dal nostro confine, che paradosso.

Non intendo fare sociologismo da bar, mi limito a sottolineare che da decenni i sociologi lavorano per chi li paga, aziende o partiti è indifferente, con lo scopo di indirizzare o suscitare desideri, tutti rigorosamente indirizzati a qualsiasi cosa fuorché la cooperazione tra gli individui.

Viene da pensare e male, altro che complotti.

Alberto Massari