Si mette male, cara Ipazia


Se sono quello che ha saputo pre-vedere (grazie ad una segnalazione tempestiva di alcuni mesi prima di Stefania Limiti che seppi intercettare nel web) l’elezione certa di Donald Trump (vedi NEGLI USA LA DEMOCRAZIA – A VOLTE – FA BRUTTI SCHERZI: TRUMP, EX FIDANZATO (TRA LE ALTRE) DI CARLÀ BRUNI POTREBBE ESSERE ELETTO PRESIDENTE) quando quasi tutti pensavate la “pessima” signora Clinton pronta alla vittoria, pretendo un po’ di attenzione in questa fase (manca poco, molto poco) che precede l’elezione del Capo dello Stato, questa volta nella nostra Italietta. Trump, quando fu eletto, era notorio per essere un razzista, un sessista, un mascalzone finanziario bancarottiere. Gli addetti ai lavori sapevano anche che lo stile di vita dell’avventuriero lo aveva portato a contatto stretto con ambienti internazionali “anti USA“. Per soldi e sesso il “Berlusconi” americano era stato pronto a tutto. Quando si seppe che la signora Clinton era indagata (fu James Corney, capo dell’FBI, a dare l’annuncio durante una seduta del Senato), i sostenitori di Trump uscirono allo scoperto al grido feroce perfino ritmato negli stadi “Arrestala – arrestala – sbattila in prigione“. Trump vinse e cominciò la tragedia americana che penso non si sia certo risolta con l’elezione di Biden. Questo per dire che gli USA hanno le loro gatte da pelare e che, distratti loro, da queste parti potrebbe, tra poche settimane, succedere di tutto. Anche che la linea politica neo fascista (cioè una sottile continuità con il mondo affermatosi nei lontani/vicini 1922/1933) prevalga e che, uccidendo ogni residuo concetto di convivenza, di democrazia, di separazione dei poteri, soprattutto di adesione ai principi universali di uguaglianza, di fraternità e di libertà, al Quirinale, per sette lunghissimi anni, salga un tanghero. O una tangherina. Scriveva anni addietro due righe di grande saggezza (e umanità) Enrico Deaglio: “Io penso che le reazioni ad avvenimenti così enormi (lui in quel momento si riferiva all’elezione di Trump ed io sono oggi attento alla nostra Patria ndr) varino essenzialmente con l’età. Se uno è giovane, dirà: e vabbè, passerà anche questa. Hanno la vita davanti, e possono anche pensare di rimontare un 3 a 0 accumulato nella prima mezzora. Ma il problema – per esempio per mia moglie e per me – è che noi siamo arrivati negli ultimi venti minuti della partita, e abbiamo dei dubbi sul fatto che potremmo assistere alla remuntada.

La metafora calcistica (Deaglio deve essere un appassionato) questa volta ci sta benissimo. Se un tanghero/una tanghera andrà al Quirinale io morirò (sette anni sono un’eternità alla mia età) disperato dovendo forse cessare di amare l’Italia. Cosa si possa fare dopo che le donne e gli uomini pentastellati di “Rodotà Rodotà” sono finiti a reggere la coda ai reggitori della coda di Silvio Berlusconi, è veramente difficile perfino ipotizzarlo. Non dico realizzarlo. Gli americani hanno votato Donald Trump cioè uno che viveva in un castello simile alla villa di Scarface, il criminale. Potrebbe accadere che lo Scaface Italiano (quello è, fuori da metafora, uno come Berlusconi) venga eletto da parlamentari sostanzialmente allo sbando e senza leader? O Berlusconi e solo un ballon d’essai (si lanciavano per vedere che aria tirava) che precede la Mongolfiera che qualcuno (ma chi?) sta finendo di allestire e che tiene prudentemente ancorata fuori dalla vista del popolo italiano? Si mette male ed io sono vecchio e tardo, cara Ipazia, direbbe il poeta Mario Luzi

Oreste Grani/Leo Rugens


NEGLI USA LA DEMOCRAZIA – A VOLTE – FA BRUTTI SCHERZI: TRUMP, EX FIDANZATO (TRA LE ALTRE) DI CARLÀ BRUNI POTREBBE ESSERE ELETTO PRESIDENTE

harding

Il vecchietto/giovane (in quanto stimato ed amato da giovani) Sanders ha battuto, pochi giorni addietro, nell’Indiana, l’anziana Hillary Clinton. Trump ormai non lo ferma più nessuno e anche nell’imbarazzato (ma è proprio vero questo imbarazzo?) Partito Repubblicano, gli equilibri si stanno spostando a suo favore. Sarà uno strano novembre e il Mondo dovrà tenere il “fiato sospeso”, sia che si sfidino i “massoni” organizzati intorno ai Clinton contro i “massoni” organizzati intorno a Donald Trump, sia che, alla fine, in un imprevisto rush finale, Sanders batta, di misura, la Clinton. Situazione complessa, come da anni diciamo, sia per il popolo statunitense che per tutti noi. Vicini e lontani, come avrebbe detto Nunzio Filogamo. Dagli USA riceviamo (dal nostro corrispondente George Shi) uno ricordo di un presidente repubblicano (Warren Gamaliel Harding) eletto – inaspettatamente – nel novembre del 1920, proprio l’anno in cui fu ratificato il diciannovesimo emendamento che estendeva il suffragio femminile all’intero paese. La scheda dedicata ad Harding è troppo lunga e piena di riferimenti storici. Ve la risparmio ed elaboro io un “postino” adeguato ricordando a Shi, la prossima volta, di essere più coinciso. Questo nome (Harding) non dice niente a quasi tutti voi, se siete sinceri in questo momento. Eppure uno con questo nome, divenne Presidente degli USA, facendo leva sull’assoluto bisogno di “normalità” che in quegli anni serpeggiava in concomitanza con la confusione politica postbellica e quando molti americani si dimostrarono improvvisamente stanchi delle crociate idealistiche intraprese dal democratico Woodrow Wilson, presidente alla Casa Bianca dal gennaio del 1913 al quello del 1921.

Presidential candidate Hillary Rodham Clinton

Negli USA si fece strada il convincimento che soltanto una volta in una generazione si può innalzare un popolo al di sopra delle cose materiali. Così era apparso Wilson con i suoi ideali spianando la strada ad uno (Harding) che affermava, nel Partito repubblicano prima e in tutti gli USA dopo, che l’esigenza dell’America non era l’eroismo, ma la guarigione; non i toccasana, ma la normalità; non la rivoluzione, ma la ricostruzione; non il dramma, ma la calma; non l’irrequietezza, ma l’adattamento; non la chirurgia, ma la serenità; non la sperimentazione, ma l’equilibrio; non il tuffo nell’internazionalismo, ma l’appoggio al trionfante nazionalismo isolazionista. Perché di questo si trattava: chiudersi in un desiderio di normalità e di sentirsi soddisfatti nel difendere lo “status quo”. Isolazionismo, pericolosissimo per gli equilibri mondiali. Troppo o niente che si alternano da parte del “gendarme del Mondo”, genera grandissimi casini.

Le promessa elettorale di Harding di un ritorno alla normalità isolazionista rifletteva i suoi personali valori. Figlio di un agricoltore dell’Ohio amava presentarsi come il contrario di un intellettuale o di un crociato; si dichiarava essere soltanto un tipo all’antica sostanzialmente reazionario in tema di fede e moralità. Una tale autodescrizione, tuttavia, suggeriva il tipo di un “puritano” che Harding non fu mai. Fu solo un patentato bugiardo. Un bugiardone alla Donald Trump, per intendersi. Nella via privata, ben lungi dall’essere un moralista all’antica, beveva liquori di contrabbando nel bel mezzo del proibizionismo, fumava e fiutava tabacco da vero tabagista, gradiva intrattenersi ogni settimana con partite a poker e cercava attivamente soddisfazioni sessuali da donne diverse dall’austera matronale moglie che lui chiamava la “duchessa”. Ma la gente come poteva preventivamente sapere del carattere debole di Harding e del suo essere preda di tutti i vizi possibili? Non c’erano internet e facebook e i giornali dell’epoca non bastarono o non vollero bastare. Gli elettori videro semplicemente in lui un politico attraente, simpatico, socievole, amabile. Un tipo così, che si autodefiniva senza nessuna capacità di lungimiranza e senza doti di capo, ne alcuno spessore intellettuale, disse una volta: “Non posso sperare di diventare un grande presidente ma sarò ricordato come uno dei più amati”. Quando fu eletto (perché la democrazia fa anche questi scherzi per cui non vi dovrete troppo meravigliare se Trump dovesse divenire Presidente degli Stati Uniti d’America) il suo Gabinetto di Governo era composto di una tale accozzaglia di valenti personaggi (pochi) e di altri (troppi) che erano tra i peggiori del Partito repubblicano tanto che il suo Ministro degli Interni, Albert B.Fall, finì in carcere e, per un pelo, il suo Procuratore generale, tale Harry M. Daughererty, per poco non venne messo in stato d’accusa. Molte cariche minori spettarono a componenti di quella che ben presto sarebbe divenuta nota come la “gang dell’Ohio”: un gruppo di vecchi amici di Harding, con i quali il Presidente si incontrava regolarmente per giocare a poker, innaffiando – come detto – di bevande alcoliche di contrabbando le serate passate al tavolo verde alla Casa Bianca. Harding e i suoi amici si dedicarono a smantellare e a neutralizzare le componenti sociali ed economiche del progressismo che li aveva preceduti.

Donald Trump Addresses GOP Lincoln Day Event In Michigan

Sotto Harding (per fortuna durò poco) furono abolite leggi federali di garanzie sul lavoro infantile e sul salario minimo alle donne e come al solito (attenti ai luoghi comuni che ciclicamente si presentano) condannò al risarcimento dei danni le unioni sindacali in occasione degli scioperi. E mentre si mettevano sotto le opposizioni “di sinistra” (passatemi il termine) gli ignorantoni componenti della “gang dell’Ohio, usavano i legami con la casa Bianca per riempirsi le tasche. Il metro (riempirsi le tasche) è sempre quello ed è di facile riscontro. Si scoprì uno dei pokeristi che saccheggiava forniture mediche ed ospedaliere. Beccato, spinto a rassegnare le dimissioni, si trasferì milionario in Europa. Sempre per questioni di soldi, scoperto, si suicidò uno dei consiglieri più stretti del Presidente. Poco dopo si uccise anche un amico del procuratore generale Daugherty. L’uomo, che non aveva cariche federali, aveva aperto un ufficio presso il Ministero di Giustizia, adoperandosi – dietro pagamento di una parcella – in favore di persone implicate in procedimenti giudiziari. Il Procuratore generale stesso fu accusato di aver impiegato in modo fraudolento i beni tedeschi confiscati dopo la guerra. Trapelato il fatto, il Procuratore, rifiutò di testimoniare per non doversi autoincriminare! Avete letto bene! Denunciato due volte, non venne mai imputato di quel reato IN QUANTO AVEVA FATTO SPARIRE LUI STESSO LE PROVE, DISTRUGGENDOLE.

bernie-sanders-780x439

Ma il caso più eclatante è quello che va sotto il nome di Teapot Dome, che, come quello del Watergate esploso cinquant’anni dopo, diventò la parola chiave per definire un’epoca di corruzione governativa. “Teapot Dome” era un giacimento di petrolio in terra federale che avrebbe dovuto essere amministrato dal Ministero degli Interni, alla cui guida era l’Albert B. Fall, già citato. Questi fece in modo di concedere lo sfruttamento a società private, adducendo il pretesto che i contratti erano stati fatti nell’interesse del Governo. Cose che, dalle nostre parti, si sentono dire spesso, anche a Lodi, a 20 chilometri da Milano. I sospetti aumentarono quando, improvvisamente Fall cominciò a vivere da nababbo. Ad Harding stesso fu risparmiata l’umiliazione di una denuncia pubblica. A questo punto si dice che abbia pronunciato la famosa frase: “Dio mio è un mestiere infernale! Non sono i nemici a mettermi in difficoltà; da loro mi posso difendere benissimo. Ma i miei maledetti amici! I miei stramaledetti amici! Sono loro a non farmi dormire di notte!”

Nel giugno del 1923 partì per quello che sarebbe stato il suo ultimo viaggio, un giro di comizi nel Sud. Ebbe un infarto e dopo una sosta in un albergo a San Francisco, morì. Trasportato nell’Ohio, milioni di cittadini si schierarono lungo il percorso per onorare il presidente scomparso. Alla lunga, comunque, il dolore si trasformò in disprezzo e in disgusto. Per quasi dieci anni dopo la morte di Harding, davanti alle commissioni congressuali e poi ai tribunali, ci furono rivelazioni scandalose sui funzionari della sua amministrazione. Si venne a sapere di relazione amorose di Harding con numerose amanti. Come risultato di simili scappatelle amorose e di amicizie con persone corrotte, l’amministrazione di Harding fu vista come una delle peggiori della storia americana. In attesa che l’eventuale amministrazione Trump gli strappi il primato.

Oreste Grani/Leo Rugens