Perché avvelenare i pozzi in quel di Voghera?


La rete, per noi vecchi investigatori del possibile, è un pozzo d’acqua, apparentemente “senza fondo”. Acqua solo a volte potabile. Altre, più spesso, avvelenata come solo si avvelenano i pozzi, con crudeltà ragionata, soprattutto dove si ipotizza che si avvicineranno persone che abbiano “bisogno di bere”. Comunque, quello di avvelenare l’acqua, lo considero un atto sommamente vile e su cui vorrei evitare di incazzarmi. Soprattutto se si è nominati Ariel e se si ritiene che il segreto della felicità sia la libertà. Soprattutto se si sa che il vero segreto della libertà è il coraggio.

Come in tempi antichi sentenziava Tucidite e come, in era recente, ha ribadito Hannah Arendt. Che coraggio ci vuole ad avvelenare i pozzi in quel di Voghera? In quel di Voghera e territori limitrofi, se non lo sapete ve lo dico io, scorre anche acqua pura che viene filtrata dalle nostre Alpi, a cominciare dal meraviglioso Monte Rosa. Acqua pura che sarebbe opportuno che tale rimanesse. A questo fine alcuni lavorano. Rischiando. E a proposito di acqua da non inquinare finiamo il post-sciarada (alla mia età cosa altro mi rimane da fare?) con un riferimento a quella modernità liquida, metafora che, da quando Bauman l’ha coniata, ha marcato i nostri anni, entrando nel linguaggio comune per descrivere la comunità nella quale viviamo. E su cui sappiamo vigilare, se la questione ci sta a cuore. Come ci sta a cuore ogni questione attinente la libertà e il rispetto reciproco. Devo scrivere di più? 

Oreste Grani/Leo Rugens