Chi è amico del giaguaro moscovita? 


Facciamo l’ipotesi non tanto recondita che la situazione degeneri tra la Nato (o ciò che ne resta) e il Blocco di Mosca. Interessi, moventi visibili e reconditi, inadeguatezza di diplomazie all’opera espresse da entrambi gli schieramenti mi sembrano più che sufficienti per non dormire sonni tranquilli. Decidere che si fanno scelte di classe dirigente impegnative per i prossimi anni (Quirinale, Palazzo Chigi, Difesa, Intelligence, Infrastrutture, Telecomunicazioni e sicurezza cibernetica annessa)  in tale clima in divenire, mi sembra inopportuno. In Italia vive infatti ed opera, consolidato da molti molti anni di abile regia putiniana, un partito filo russo. Pur da bloggerino marginale e ininfluente quale sono ormai certo di essere, non rinuncio ad affermare che quando si va in guerra (e questa volta potrebbe essere un groviglio bituminoso molto molto molto più impegnativo degli ultimi teatri in cui siamo stati impegnati) bisogna guardarsi sempre, se non soprattutto, le spalle. Se poi i russi quando hanno strutturato la loro neo organizzazione affaristico-informativa (un po’ di passato con uno spruzzo di vecchia guardia a sinistra e una pletora di collaborazionisti scelti tra gli avidi, i corrotti, i portatori di vizi e soprattutto i fanatici nemici degli USA formatisi nella destra antioccidentale) hanno saputo mettere il guinzaglio a figure ben piazzate nei palazzi italiani da dove si fanno emergere  governanti e loro collaboratori, fare seriamente la nostra parte, sarà impresa ardua. Berlusconi e i suoi, a cominciare dalla cinghia di trasmissione con Mosca, Valentino Valentini, hanno inaugurato una stagione. Poi, tracciata la strada, in molti è sembrato furbo e normale stare con gli “altri”. Basterebbe una onesta rilettura di come è andato il “Caso Shalabayeva” , reso possibile nella sua fase attuativa per la somma di imbecillità, impreparazione, doppiogiochismo, tradimento plateale che abbiamo visto all’opera, anche nella nostra burocrazia  per proteggere di fatto e in modo sostanziale gli interessi dell’élite kazaka e dei vertici dell’ENI. Interessi da non confondere mai con quelli dei nostri compatrioti che non sono contemplati. Come ancora una volta la questione, terra-terra, delle bollette docet. Se l’Italia dovesse fare la sua parte in ciò che si delinea in Eurasia tenete conto che centinaia e centinaia di nostri connazionali (uomini d’affari e soprattutto docenti universitari sono già piazzati per motivi culturali se non violentemente ideologici, in giro per il Mondo)  stanno con Putin. E solitamente non sono persone “di sinistra” ma tragicamente degli estremisti di destra. Sono persone che in queste ore ho avuto l’impressione che arricciassero  il naso per l’eventualità che Elisabetta Belloni si insediasse al Quirinale  o a Palazzo Chigi. Non stava bene, perché la signora viene dal coordinamento dei servizi? Quello a cui leccano suole delle scarpe, provate a non dimenticarlo, servì l’intelligence sovietica per ben 16 anni. Quel Vladimir Putin che raggiunse il grado di tenente colonnello si è formato presso la scuola spionistica di Okhlat. Poi è passato al Secondo direttorio, cioè al controspionaggio che sarebbe quella funzione che nelle nostre agenzie mi sembra che sia stata dismessa da anni. Forse anche per volontà di quinte colonne filo russe allevate in Italia in un clima di affarismo berlusconiano. Perché, sentite a me, è questa la più grande beffa dell’era del Grande corrotto/corruttore. Che sembra giunto al capolinea. Sembra. 

Oreste Grani / Leo Rugens