La trappola dell’Escalation

Quando lo stato di uno stock viene regolato tentando di superare lo stato di un altro stock – e viceversa – allora ci si trova in presenza di un circuito di retroazione rinforzante che sta conducendo il sistema verso una corsa agli armamenti, una corsa alla ricchezza, una campagna di diffamazione reciproca, un rumore crescente, una maggiore violenza. L’escalation è esponenziale e può portare alle estreme conseguenze in modo sorprendentemente rapido. Se non si fa nulla, la spirale sarà fermata solo dal collasso di qualcuno – dato che la crescita esponenziale non può, fisicamente, crescere per sempre.

Quella che vi sembra un’escalation (e lo è certamente) non è ciò che è destinato ad accadere (molto molto molto peggio di quanto in essere) se non si è “tempestivamente” creativi e coraggiosi circa la riprogettazione del sistema appena andato in frantumi per l’azione di alcuni contro altri. Se non si ci si è addestrati opportunamente (e per tempo) ad assumere un pensiero sistemico capace di capire “le parti” in escalation, a vedere le interconnessioni, a porci domande (e darsi risposte quasi si fosse dei novelli Marzullo) del tipo “cosa succede se….” riguardo a possibili comportamenti futuri, tra poche ore molti entreranno nel caos e saranno del tutto inutili nel ruolo assunto di classe dirigente. 

L’escalation a cui si sta assistendo è una tipica trappola (che però nell’indifferenza sostanziale di tutti è ormai scattata, tanto è vero che Putin sta minacciando il mondo intero dichiarando che se qualcuno si mette in mezzo a difendere gli ucraini, “massacra tutti”) e il modo migliore per uscire da questa trappola, ti direbbero i “formatori”, è …evitare di rimanervi coinvolti. Ma siccome ormai ci siamo in trappola (o pensate che Luigi Di Maio vi tirerà fuori?) e partecipi ad un sistema in escalation, ci si può o rifiutare di competere (per la propria quota parte) scegliendo il disarmo unilaterale (eventualmente tale scelta andava fatto decine di anni addietro decidendo di essere una specie di “Svizzera/RSM” mediterranea) o bisogna partecipare pronti, non solo a prendere “un sacco di botte”, ma, mentre si prendono cazzotti, a contribuire creativamente nel controllare i circuiti di retroazione, luoghi complessi dove bisogna saper partecipare con alti livelli di consapevolezza ad ideare un nuovo sistema e nuovi equilibri (se non si vuole che tutto finisca spento dalle radiazioni atomiche) e bisogna saperlo fare mentre non si dimentica di raffreddare l’escalation. Che ha una vita a se stante. Tra pochi minuti, scesi dalle brande, bisognerà dimostrare di aver studiato la materia e di aver fatto per tempo gli esercizi funzionali a dare risposte sensate “se“, “qualora“, “nell’ipotesi“. Cioè “IF“. Ma pochi dalle nostre parti (ma anche ormai nel resto del mondo) lavorano con questo metodo per essere pronti ad interpretare il presente ed orientare il futuro. Al massimo, alle nostre latitudini, si arriva a pensare …”se mi piazzo alla Farnesina….”, “se mi piazzo all’ENI…”, “se mi piazzo alla Difesa…”, “se mi piazzo a Leonardo…”.

Di Maio, come noi ricordiamo, tempo addietro, scandiva, euforico, “Far-ne-si-na – Far-ne-si-na” come meta raggiunta in fase di nomine governative. Cortesemente ci facesse vedere cosa intendeva quando si candidava/pretendeva la prestigiosa posizione. O vinca “Putin il Sanguinario” che, a quanto trapela, lo considera poco meno di un assaggiatore di pietanze esotiche quando svolge la funzione del Ministro degli Esteri italiano. 

Oreste Grani/Leo Rugens