Vladimir Putin e i media. Ovvero con lo Stato e con il mercato

Provo a lasciare detto nel web che Putin, senza l’aiuto sostanziale di quelli come Silvio Berlusconi, non sarebbe mai diventato Putin. Parlo di aiuto proveniente da fuori Russia. In Russia, viceversa, il vero Pigmalione dell’attuale boss del Cremlino, rimane sempre, prima e dopo il KGB, il colonnello comandante Nikolai Patrushev, il fervente credente. Patrushev quindi, Kirill e, nei media, Silvio Berlusconi. O chi per lui. Faticoso arrivare a dimostrarlo, ma ci proverò.
Berlusconi proprio oggi si dichiara profondamente deluso dalla figura di Vladimir Putin. Direte che è sempre meglio tardi che mai. Ma lo dite voi. Io penso viceversa che la complicità massonica tra Putin e Berlusconi non si possa cancellare con un tardivo comunicato stampa. La contaminazione culturale tra il mondo berlusconiano e quello post sovietico che si riorganizzava a Mosca per riprendere slancio ha fuorviato per anni l’Occidente. Intendo che i furbi del KGB hanno a lungo fatto credere ai cazzoni nostrani che volevano virare verso la democrazia tanto che, il Silvio nazionale, si fece portavoce e paraninfo di tale abile fase di mimetismo e doppio gioco fino a sfociare nella messa in scena di Pratica di Mare dove Putin fu spacciato per un democratico.

In effetti, la firma avvenuta a Pratica di Mare del documento “NATO-Russia Relations: A New Quality” fu a suo modo un momento storico. La Russia era all’inizio della prima ripresa economica dopo la caduta dell’Unione Sovietica, e la sfida delle influenze sul piano globale sembrava essere stata vinta dagli Stati Uniti in modo definitivo. Nel 1996 la Russia appoggiò la missione NATO in Bosnia per applicare l’accordo di pace che mise fine alla guerra civile. L’anno dopo, sulla scia di questa prima collaborazione, fu firmato il “Founding Act on Mutual Relations, Cooperation, and Security”, un primo impegno reciproco ad astenersi da minacce e uso della forza.
L’accordo tenne anche nel 1999, nonostante l’intervento della NATO in Kosovo minacciasse gli interessi della Serbia, uno storico alleato prima dell’Unione Sovietica e poi della Russia. L’11 settembre 2001, poi, cambiò il mondo: e si può dire che anche l’accordo di Pratica di Mare ne sia stato una conseguenza indiretta, visto che Russia e NATO si impegnarono a rafforzare la propria collaborazione su sicurezza e lotta al terrorismo. L’incontro avvenne in Italia con imponenti misure di sicurezza – i giornali dell’epoca parlarono di 15mila addetti – anche per l’impegno di Berlusconi, che provò a fare da mediatore fra Vladimir Putin, eletto per la prima volta alla presidenza della Russia un anno e mezzo prima, e il presidente americano George W. Bush, forte dei rapporti cordiali che aveva con entrambi.
Nel documento vero e proprio, si legge: «Come firmatari del Founding Act on Mutual Relations, Cooperation and Security, riaffermiamo gli obiettivi, i principi e gli impegni assunti allora: in particolare la determinazione a costruire insieme una pace duratura e inclusiva nell’area euro-atlantica in base ai principi di democrazia, sicurezza cooperativa e all’asserto che la sicurezza di tutta la comunità euro-atlantica sia indivisibile. Siamo convinti che la qualità della nuova relazione fra NATO e Russia fornirà un contributo essenziale al raggiungimento di questo obiettivo». Dal punto di vista pratico, l’accordo prevedeva anche la nascita del Consiglio NATO-Russia – «lo strumento principale per migliorare le relazioni fra NATO e Russia» – cioè un’assemblea permanente di funzionari incentrata sui temi della sicurezza e della cooperazione.

Furono gli stessi firmatari a parlare dell’accordo in termini molto positivi. Vladimir Putin, nel suo discorso a Pratica di Mare (2002), spiegò che «la nuova realtà della nostra relazione riflette la comprensione reciproca a cui siamo arrivati. Credo che gli sforzi che abbiamo fatto per la pace debbano continuare: non abbiamo alternative». Bush disse che l’accordo offriva al mondo «la prospettiva di un secolo più speranzoso». La copertura dei giornali italiani dell’epoca riflette questi toni: il Corriere della Sera scrisse di un «accordo storico». Nella sua edizione del 28 maggio, il TG1 annunciò: «è passata poco più di un’ora dalla firma che ha trasformato NATO e Russia da nemici a partner per la pace, sancendo la fine di mezzo secolo di Guerra fredda».
Le cose non sono andate esattamente come predicevano i firmatari dell’accordo. I rapporti fra NATO e Russia sono iniziati a peggiorare quando quest’ultima ha scelto il ritorno a una politica estera molto aggressiva, prima con l’invasione della Georgia nel 2008 e successivamente con l’annessione della Crimea e l’occupazione dell’est dell’Ucraina, avvenute entrambe nel 2014. Dietro a tutte queste scelte c’è gente come Kirill, Petrushev e Putin. Negli ultimi anni la Russia è intervenuta nella guerra civile in Siria a difesa del regime di Bashar al Assad, inviso a quasi tutta la comunità internazionale, e ha interferito in alcune importanti elezioni in Occidente come le presidenziali statunitensi del 2016 e quelle francesi del 2017.
Da tempo il consiglio NATO-Russia è diventato «l’ombra di se stesso» e «ridotto a un luogo di pretese e accuse», scrive Radio Free Europe. In uno degli ultimi incontri, avvenuto nell’ottobre del 2017, i funzionari russi e occidentali si sono limitati a scambiarsi informazioni sull’enorme esercitazione militare russa in Bielorussia tenuta a settembre, e a un “confronto franco” – cioè una discussione animata e infruttuosa – sul ruolo delle potenze straniere in Afghanistan.
L’accordo di Pratica di Mare, insomma, fu davvero importante in quel momento storico: ma non ha fatto entrare la Russia nella NATO, come ha millantato Berlusconi in un discorso a Bruxelles, né ha concluso la Guerra fredda, che tradizionalmente si fa finire con il crollo dell’Unione Sovietica del 1991. Oggi, come è tragicamente chiaro a tutti, i rapporti tra Russia e Occidente sono pessimi.

E dopo aver risolto il problema di Putin-Berlusconi geopolitici (cazzate per coprire i macro arricchimenti di entrambi), fratelli e complici per la pelle e per le palle, proverò, e qui temo di avere viceversa poche capacità pur sentendo il dovere di provarci, a raccontarvi come proprio il mondo Fininvest/Mediaset, sia riuscito a collaborare con Mosca a che Putin potesse, per rafforzarsi politicamente, usufruire di una TV all’altezza di quel necessario processo manipolativo dell’opinione pubblica, senza il quale il dittatore non avrebbe potuto fare demagogia o deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalla oligarchia politica ed economica è, attraverso la tecnica del diluvio di continue distrazioni e informazioni insignificanti. Attività sordida e necessaria a Roma, Milano o Mosca.
La strategia della distrazione è indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, economia, psicologia, cultura, neurobiologia e cibernetica.
L’obiettivo di gruppi come quello Fininvest/Mediaset era ed è mantenere l’attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali e pertanto imprigionata da temi senza importanza. A Milano come a Mosca, a Roma come a Pietroburgo. Nel loro caso con la centrale di elaborazione teorica simile, se non la stessa.
Comunque, perché si possa arrivare ad una alleanza politico-economico-militare tra due élite massoniche intenzionate a dominare due popoli, non basta fare accordi d’affari (che comunque, a cominciare dal gas e dal petrolio sono stati fatti) ma è consigliabile, se non indispensabile, riconoscersi in ben altro. Ad esempio proprio in quello che potremmo definire il modello di vita/consumo Fininvest-Mediaset. Non di solo gas, petrolio, letti accoglienti, ville al mare si è pertanto sostanziata la fratellanza tra Berlusconi e Putin. Questa è la mia tesi audace.

Sostengo addirittura, nella mia eccentricità e complottismo d’accatto, che, seguendo il filo rosso delle attività consulenziali messe in atto, anni addietro, per il gruppo Fininvest-Mediaset, da tale Angelo Zaccone Teodosi (quello di cui altre volte ho cominciato a scrivere) si arriva a spiegare il successo di un ometto mediocre quale è Vladimir Putin. A tal proposito proverò a trovare riscontri ad un’affermazione tanto impegnativa (e in un certo senso anche diffamatoria) per vedere se ricordo con lucidità ingaggi di cui lo Zaccone si era vantato oppure, stanco e malato come sono, vaneggio.
Per riscontrare inoltre se le mollichelle numismatiche con cui potrebbe essere stato retribuito il lavoro consulenziale dello Zaccone portano fino a qualcosa di determinante (importanti le date se mai queste consulenze fossero state prestate) negli intrecci tra la Fininvest-Mediaset, la TV di Stato russa e quel regime sordido che, dopo quegli anni e quelle scelte culturali mediatiche, si è rafforzato divenendo una delle dittature più soffocanti (quanti oppositori e giornalisti sono stati fatti fuori, dopo che il duo Berlusconi-Putin avevano mimato la sventagliata di mitraglietta indirizzata proprio verso la stampa “fastidiosa”?) abile soprattutto nel controllo politico e nel raggiungere la garanzia della stabilità dei processi sociali grazie alla pervasività assoluta dei media e nei media. A quel punto “di Stato”. Anche se, secondo il credo Fininvest-Mediaset/Zaccone, la forma doveva sembrare “privata”. Cioè dando vita alla formula zacconiana altamente innovativa “con lo Stato (che nel frattempo uno aveva, con le buone o con le cattive, saldamente occupato) e con il mercato”.
Pronto a scusarmi se mi sto sbagliando e se sto attribuendo meriti che non ci sono.
Oreste Grani/Leo Rugens ancora forte della sua atipicità visionaria, frugalità, amor di Patria. Ma ormai forse debole nei ricordi.
In effetti… la tesi di laurea è stata sulle telenovelas,,,
Fai clic per accedere a ZACCONE_-TEODOSI_Angelo_curriculum_luglio_2020_pdf_.pdf
(un cv che certamente già noto alla Redazione di Leo Rugens)
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Una sporca guerra fatta per ottenere territori molto ricchi di materie prime. Probabilmente fondamentali per entrambi le parti. Però nel frattempo muoiono a decine di migliaia colpevoli soltanto di essere nate e vivere nel posto sbagliato e nel momento sbagliato. La Storia si ripete sempre e l’ Uomo non impara mai.
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Esce fuori sempre la P2 (passando da San Marino e Montecarlo)
https://www.corriere.it/economia/finanza/22_marzo_17/lisin-re-oligarchi-senza-sanzioni-l-intreccio-gelli-l-asse-reali-belgio-9de186e4-a559-11ec-8f73-d81a6d7583fb.shtml
Quanto a Cipro, si va a finire in Turchia e al porto di Tartus (e alla Libia? e al Leviatano sottomarino? e alla voglia di guerra in Medio Oriente?). Ah! Il Mediterraneo…
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