Perché la rete si interessa ora di tale Antonio Vella?

Eni è presente in Algeria dal 1981; nel 2013 la produzione di petrolio e gas in quota Eni è stata di 88 mila boe/giorno. L’attività è concentrata nell’area Bir Rebaa nel deserto sahariano sud-orientale nei seguenti blocchi di esplorazione e sviluppo: (i) i Blocchi 403a/d (Eni 100%); (ii) il Blocco Rom Nord (Eni 35%); (iii) i Blocchi 401a/402a (Eni 55%); (iv) i Blocchi 403 (Eni 50%) e 404 (Eni 12,25%, non operato); (v) i Blocchi 208 (Eni 12,25%, non operato) e 405b (Eni 75%); e (vi) il Blocco 212 (Eni 22,38%) in cui sono state effettuate scoperte esplorative.


Quando la Rete si sveglia (non parlo di trash) c’è sempre un motivo. Almeno a me questo risulta. Poi ovviamente bisogna saper trattare gli indizi. E questa è altra scienza. Ma noi alle “fonti aperte”, modestamente, ci  interessiamo sin dal 1976 quando ci guadagnavamo da vivere alla Direzione Centrale del Personale del Gruppo Rizzoli-Corriere della Sera dove scoprimmo il valore del Centro Documentazione (via Civitavecchia 104 – Crescenzago – Milano) diretto dall’ottimo Mantovani. 
Se pertanto, dopo un lungo silenzio, a questo marginale e ininfluente blog, pervengono tracce elettroniche legati ad un nome, difficilmente non c’è un valido motivo da approfondire. Da qualche ora il nome che viene cercato con insistenza è quello di tale Antonio Vella (che sono due, non parenti a quanto risulta, uno anziano passato da ENI a Lukoil).
Controllo e mi accorgo che il Vella non è personaggio da poco nel mondo del gas e del petrolio.  Vella è segnalato in questo blog in vari post.

Firmava quelle note intelligenti tale Godot, che ovviamente so chi sia.

Interessante.

Oggi devo uscire presto per attraversare la città per un incontro di notevole (ovviamente per me) importanza per cui rinvio le mie considerazioni su questa riattenzione proprio in un delicatissimo momento geopolitico e in particolare quando si stanno facendo finalmente scelte strategiche rispetto all’energia.
Gas e petrolio, come sapete, ora sono in emergenza e non vanno certo disturbati i manovratori, ma direi che appena è passata la tempesta euroasiatica guai a non voler capire a chi dobbiamo l’incaprettamento al carro moscovita. Guai a non cercare di sapere bene, in chiaro, chi indicava al governo che erano più affidabili Putin e la sua banda di grassatori che la vicina e culturalmente sofisticata Algeria.
Perché, se uno sapesse cercare le carte, quanto sto affermando, verrebbe a galla. Con appunti riservati ben attribuibili.Questo certo non per deresponsabilizzare i vertici politici dell’epoca. Anzi.

Oreste Grani/Leo Rugens