Aldo Gastaldi ovvero il Primo partigiano d’Italia

Aldo Gastaldi e non Gianfranco Pagliarulo.
Chi scrive ha vissuto a Corso Aldo Gastaldi n°7, a Genova. Sono cresciuto nel mito di Aldo Gastaldi, nome di battaglia Bisagno (Genova, 17 settembre 1921 –Cisano di Bardolino, 21 maggio 1945).
Gastaldi, per chi non lo sapesse, è stato un militare e partigiano italiano.
È stato il maggior esponente del movimento della Resistenza italiana operante a Genova e una delle figure più fulgide della lotta di liberazione.
Prese il nome di battaglia dall’omonimo torrente, il Bisagno, che attraversa la città di Genova. Per andare a scuola, per sette anni, prima di trasferirmi con la famiglia a Roma, tutte le mattine attraversavo il Bisagno. Bisagno che vedevo dalle finestre di casa. Un intreccio che evidentemente mi ha segnato.
Attivo nelle brigate Garibaldi politicamente vicine al PCI, Bisagno, che era invece apolitico e cattolico, premette molto per il mantenimento di un certo pragmatismo politico all’interno del movimento partigiano, in forte contrasto con altri dirigenti impegnati nel massiccio reclutamento politico.
A Castaldi/Bisagno è stato attribuito il titolo di “Primo Partigiano d’Italia“.
Aldo Gastaldi nacque a Granarolo quartiere di Genova, il 17 settembre 1921. Appassionato camminatore e cacciatore, a 13 anni si recava da solo a piedi sulla vetta del monte Antola con un viaggio a piedi di 12 ore. Pilone della squadra di rugby dell’Istituto Galilei e canottiere della Società Canottieri Genovesi Elpis. Dopo il diploma conseguito all’Istituto Galileo Galilei di Genova fu impiegato all’Ansaldo di Sestri Ponente e studente di economia all’Università di Genova.
Durante la guerra venne chiamato alle armi: a venti anni, sottotenente del Genio, addetto a funzioni di marconista a Chiavari, con il 15º Reggimento Genio.
Il 25 luglio 1943 mentre era in servizio di ordine pubblico col suo plotone distrusse i simboli della Casa del Fascio di Chiavari. Dopo l’armistizio dell’8 settembre nascose le armi ai tedeschi nei pressi del castello di Chiavari e nelle settimane successive venne contattato dal Partito Comunista tramite Giovanni Serbandini “Bini” per dar vita a una formazione partigiana. Nacque così, presso un casone di contadini sulle alture di Cichero, una frazione di San Colombano Certenoli sulle pendici del Monte Ramaceto, nell’inverno del 1943 il primo nucleo di quella che da lì a qualche mese sarebbe diventata la Divisione Cichero, la più famosa e temuta operante nella zona.
Dotato di forte personalità, Aldo Gastaldi, fervente cattolico e fermamente apartitico, insieme al comunista Serbandini stabilì per gli uomini della Divisione severe regole di comportamento, il famoso “Codice di Cichero” che tutti i partigiani si impegnarono a rispettare nonostante le condizioni al limite della sopravvivenza: “in attività e nelle operazioni si eseguono gli ordini dei comandanti, ci sarà poi sempre un’assemblea per discuterne la condotta; il capo viene eletto dai compagni, è il primo nelle azioni più pericolose, l’ultimo nel ricevere il cibo e il vestiario, gli spetta il turno di guardia più faticoso; alla popolazione contadina si chiede, non si prende, e possibilmente si paga o si ricambia quel che si riceve; non si importunano le donne; non si bestemmia”. Bisagno combatté tenacemente esponendosi sempre in prima persona contro la politicizzazione (capito Pagliarulo?) della Divisione e delle formazioni Partigiane.

Come riportato dal “Dizionario della Resistenza”(Einaudi, 2001) e dal “Dizionario della Resistenza in Liguria” di Gimelli e Battifora (De Ferrari, 2008), “Bisagno” era decisamente critico nei confronti del partitismo, poiché esso avrebbe potuto “[….]incrinare la lotta partigiana[…]. “Noi non abbiamo un partito, noi non lottiamo per avere un domani un “careghìn”, vogliamo bene alle nostre case (come gli ucraini aggrediti da Putin ndr) , vogliamo bene al nostro suolo e non vogliamo che questo sia calpestato dallo straniero (come gli ucraini aggrediti da Putin ndr), dobbiamo agire nella massima giustizia e liberi da prevenzioni”.
Bisagno, uomo dotato di forte personalità e carisma scriveva all’età di 21 anni: Continuerò a gridare ogniqualvolta si vogliano fare ingiustizie e griderò contro chiunque, anche se il mio grido dovesse causarmi disgrazie o altro.“
Morì il 21 maggio 1945 cadendo dal tetto della cabina del mezzo su cui stava viaggiando (un autocarro Fiat 666), finendo sotto le ruote, nella frazione Cisano di Bardolino, sulla sponda veronese del lago di Garda, mentre accompagnava a casa gli alpini del battaglione Vestone della Divisione Alpina Monterosa, che avevano deciso di combattere al suo fianco, per tener fede alla promessa fatta a Cabella Ligure il 4 novembre 1944. L’improvvisa morte di Bisagno, avvenuta nei giorni convulsi che seguirono la Liberazione, ha suscitato diverse polemiche. In particolare, s’è ipotizzato un omicidio per la sua opposizione alle frange comuniste del movimento partigiano. Gianpaolo Pansa, pur non prendendo esplicitamente posizione sul tema, ha riportato i dubbi riguardanti la fine di Bisagno in un articolo ed anche nel suo libro del 2018 Uccidete il comandante bianco. Il libro di Pansa è stato criticato in quanto, non citando fonti e testimonianze, si avvicinerebbe più ad un romanzo che ad un’opera storica. Nel 2015 il libro “Bisagno” di Marco Gandolfo, con annesso documentario trasmesso più volte sul canale televisivo Focus, riportando numerosissime testimonianze dirette di compagni d’armi, di lotta partigiana, amici e parenti del Gastaldi ha rinnovato fortemente la tesi dell’omicidio dovuta all’avversione dell’eroe al movimento comunista e alle sue pratiche violente definite dallo stesso Gastaldi fasciste. Come lui stesso disse alla sua truppa “io sono venuto in montagna per combattere il metodo fascista, non i fascisti in quanto tali. Combatterò sempre il metodo fascista ovunque lo riconoscerò, che sia fra bianchi, neri, rossi o gialli”.
Con un editto arcivescovile del 31 maggio 2019, il cardinale Angelo Bagnasco ha avviato la causa di beatificazione e canonizzazione di Aldo Gastaldi.

Ad Aldo Gastaldi il comune di Genova ha dedicato un’importante arteria cittadina (rinominando il Corso Giulio Cesare) cioè quella in cui è cresciuto il vostro Leo e su cui si affaccia la Casa dello Studente, teatro negli anni dell’occupazione nazista di efferate torture. Una statua con lapide a suo ricordo si trova in via XII Ottobre, tra Piazza Corvetto e il Parco dell’Acquasola, nel centro cittadino. Sempre a Genova un Istituto Tecnico Industriale porta il suo nome.
Una stele commemorativa in marmo con busto bronzeo si trova nei giardini della stazione di Chiavari.
Il 24 aprile 2005 i resti mortali di Aldo Gastaldi sono stati traslati dal Campo di Trento e Trieste al Pantheon del Cimitero monumentale di Staglieno, dove riposano i genovesi più illustri. Nel 2009 Aldo Gastaldi è stato inserito nell’agenda pastorale liturgica di servizio e di memoria della Diocesi di Genova ed annoverato tra coloro che hanno onorato la Chiesa genovese nel XX secolo. Nello stesso anno sorge a Genova l’istituto di istruzione superiore A. Gastaldi-G. C. Abba come unificazione di due istituti (A. Gastaldi, industriale, anni ’50 – G. C. Abba, polo chimico di Genova, 1925).
A Gastaldi è inoltre intitolata la sede genovese della Federazione universitaria cattolica italiana.
Dimenticavo di dire (così spiego a mia moglie tanta generosità apparentemente senza un vero perché) che pensando proprio ad Aldo Gastaldi ho fatto, per un periodo, l’editore/stampatore della testata della FUCI (che era in quegli anni in difficoltà). E dal momento che siamo in tema di confessioni tenete conto che considero una cosa veramente offensiva che uno (Gianfranco Pagliarulo nato nel 1949!!!) accetti di essere appellato (e spero non non non retribuito) “Presidente dell’ANPI”.

E aggiungo che il “mio” Aldo Gastaldi, a guardare bene la storia politico-culturale del marxista-leninista filo sovietico putiniano e anti americano Pagliarulo, uno così lo avrebbe almeno disistimato se non considerato un fascista rosso.
Ma io ho una mia idea di Gastaldi e della Resistenza che va aiutata e sostenuta ovunque (pertanto anche in Ucraina) essa si organizza ed insorge contro il “metodo fascista”. E se non è un metodo fascista quello di Putin ditemi voi cosa dovrebbe essere definito tale?
Comunque capisco che con il ricordo di Aldo Gastaldi forse ucciso dai marxisti-leninisti mi sono andato a mettere in un guaio.
Oreste Grani /Leo Rugens