Geopolitica della fame e il baratro delle disuguaglianze

La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo stabilisce quanto segue: “Ogni individuo ha diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari“. Vi sembra che il Pianeta sia stato organizzato tenendo conto di tali diritti? Prendiamo come primo e inalienabile diritto quello all’alimentazione. Qualche giorno addietro ho pubblicato il post LA FAME COME ARMA DI DISTRUZIONE DI MASSA?
Aggiungo oggi a quanto ho lasciato detto il 18 maggio u.s. che mentre in troppi soffrono per fame e sete una delle principali minacce alla salute degli esseri umani contemporanei che vivono nelle terre ricche è costituita dalle malattie cardiovascolari, correlate in gran parte ai disturbi del metabolismo (ipercolesterolemia, obesità, diabete), sempre più diffusi per via dello stile di vita occidentale, caratterizzato da un’alimentazione ricca di grassi e dalla mancanza di adeguato esercizio fisico.

Questo del diritto all’alimentazione stracciato e platealmente ignorato (è il primo che sento il dovere di ricordare, ci porta subito subito sul ciglio del baratro delle disuguaglianze. E come sanno i miei lettori, senza equità non c’è sicurezza.
Come tutti gli esseri ragionanti di buona volontà dovrebbero sapere, il baratro delle disuguaglianze esisteva da secoli ma si è fatto sempre più e tragicamente profondo nel corso degli ultimi due decenni del millennio conclusosi: 1980-2000, cioè il periodo delle scelte politiche e culturali ultraliberaliste. E’ in quel periodo che pochissimi ricchi (mi ricordo che si parlava di tre riccastri che possedevano ricchezze superiori alla somma del Pil dei 48 paesi più poveri che a loro volta rappresentavano un quarto degli Stati del Pianeta) si sono impadroniti di quasi tutto. Sono andato a recuperare nella memoria un po’ di dati statistici e ho trovato che si scriveva/parlava di 3 miliardi (certo che erano semplificazioni) di persone che vivevano con meno di due euro al giorno. E questo mentre l’abbondanza di beni raggiungeva livelli senza precedenti.

Mentre si delineava questo baratro legato ai soldi (chiamiamoli così) continuava ad aumentare il numero degli umani che non avevano né un tetto né un vero lavoro né cibo, lo ripeto, sufficiente per continuare a carburare. Non si vive infatti senza mangiare e soprattutto senza acqua potabile. Perché sono sicuro di aver letto dati drammatici anche a proposito di gente che viveva senza acqua potabile. Sento gentarella che denuncia che non arrendersi a Putin mette in gioco la vita di qualche decina/centinaia di bambini e che per questo bisogna darla vinta al tiranno. Ogni bimbo è un bene prezioso e non aggiungo altro ma mentre avviene quel che avviene a seguito dell’aggressione putiniana tenente conto che il primo ventennio del millennio è passato e almeno un quinto della popolazione del Pianeta vive malnutrito e con scarsi diritti. Si tratta forse di una fatalità? Direi proprio di no.
Corrado Maria Daclon, andate a vedere, nella primavera del 2014 (otto anni addietro!) su GNOSISRivista Italiana di Intelligence, ha lasciato un breve saggio dal titolo illuminante: “Geopolitica dell’acqua ed equilibri  internazionali“.
Acqua e fame sono pertanto diventate senza dubbio armi politiche. Draghi, non a caso, in queste ore, sentite a me, ha toppato con Putin perché parlando di “grano” (e una volta tanto non di “grana”) ha toccato il nervo scoperto.
La battaglia infatti si definisce sul quel terreno agroalimentare che questo ininfluente blog da alcuni anni ha individuato e su cui, nella sua marginalità, si è spostato da anni. Mettendomi a studiare il riso e la sua complessa movimentazione planetaria e quel che a mio modesto avviso non si deve lasciar fare a chi in questo settore opera rimuovendo totalmente l’interesse della comunità nazionale di appartenenza e, appunto, i contenuti della Dichiarazione universale dei diritti che ho richiamato in apertura del post.

Oreste Grani/Leo Rugens
P.S. Si legge nel saggio di GNOSIS del 2014: “…Eravamo soliti credere che i problemi regionali avessero un effetto ridotto, al di là della propria area circoscritta. Non è più così. Oggi i problemi che sorgono in una regione possono colpire e colpiscono realmente paesi dall’altra parte del Pianeta“. Cose quasi ovvie, senza offesa a Daclon. Eppure sembra che a leggerle si sia stati in pochi. Soprattutto nella nostra Italietta. Se penso che ad esempio l’agroalimentare è stato a lungo nelle mani di non pochi leghisti amici dell’orco di Mosca mi chiedo come si potrà uscire dal ricatto non solo del gas/petrolio ma del grano/riso/mais /soia/urea.
Per non parlare degli amici della ‘ndrangheta (Roberto Rosso docet) presi a volersi piazzare nell’ENTE NAZIONALE RISI, anche a nome di Fratelli d’Italia.
Perché a fare politica estera non c’è solo l’ENI ma anche ENR.
Tutti meno che la Farnesina quindi.