Geopolitica della fame e il baratro delle disuguaglianze

La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo stabilisce quanto segue: “Ogni individuo ha diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari“. Vi sembra che il Pianeta sia stato organizzato tenendo conto di tali diritti? Prendiamo come primo e inalienabile diritto quello all’alimentazione. Qualche giorno addietro ho pubblicato il post LA FAME COME ARMA DI DISTRUZIONE DI MASSA?
Aggiungo oggi a quanto ho lasciato detto il 18 maggio u.s. che mentre in troppi soffrono per fame e sete una delle principali minacce alla salute degli esseri umani contemporanei che vivono nelle terre ricche è costituita dalle malattie cardiovascolari, correlate in gran parte ai disturbi del metabolismo (ipercolesterolemia, obesità, diabete), sempre più diffusi per via dello stile di vita occidentale, caratterizzato da un’alimentazione ricca di grassi e dalla mancanza di adeguato esercizio fisico.
Questo del diritto all’alimentazione stracciato e platealmente ignorato (è il primo che sento il dovere di ricordare, ci porta subito subito sul ciglio del baratro delle disuguaglianze. E come sanno i miei lettori, senza equità non c’è sicurezza.
Come tutti gli esseri ragionanti di buona volontà dovrebbero sapere, il baratro delle disuguaglianze esisteva da secoli ma si è fatto sempre più e tragicamente profondo nel corso degli ultimi due decenni del millennio conclusosi: 1980-2000, cioè il periodo delle scelte politiche e culturali ultraliberaliste. E’ in quel periodo che pochissimi ricchi (mi ricordo che si parlava di tre riccastri che possedevano ricchezze superiori alla somma del Pil dei 48 paesi più poveri che a loro volta rappresentavano un quarto degli Stati del Pianeta) si sono impadroniti di quasi tutto. Sono andato a recuperare nella memoria un po’ di dati statistici e ho trovato che si scriveva/parlava di 3 miliardi (certo che erano semplificazioni) di persone che vivevano con meno di due euro al giorno. E questo mentre l’abbondanza di beni raggiungeva livelli senza precedenti.
Mentre si delineava questo baratro legato ai soldi (chiamiamoli così) continuava ad aumentare il numero degli umani che non avevano né un tetto né un vero lavoro né cibo, lo ripeto, sufficiente per continuare a carburare. Non si vive infatti senza mangiare e soprattutto senza acqua potabile. Perché sono sicuro di aver letto dati drammatici anche a proposito di gente che viveva senza acqua potabile. Sento gentarella che denuncia che non arrendersi a Putin mette in gioco la vita di qualche decina/centinaia di bambini e che per questo bisogna darla vinta al tiranno. Ogni bimbo è un bene prezioso e non aggiungo altro ma mentre avviene quel che avviene a seguito dell’aggressione putiniana tenente conto che il primo ventennio del millennio è passato e almeno un quinto della popolazione del Pianeta vive malnutrito e con scarsi diritti. Si tratta forse di una fatalità? Direi proprio di no.
Corrado Maria Daclon, andate a vedere, nella primavera del 2014 (otto anni addietro!) su GNOSIS – Rivista Italiana di Intelligence, ha lasciato un breve saggio dal titolo illuminante: “Geopolitica dell’acqua ed equilibri internazionali“.
Acqua e fame sono pertanto diventate senza dubbio armi politiche. Draghi, non a caso, in queste ore, sentite a me, ha toppato con Putin perché parlando di “grano” (e una volta tanto non di “grana”) ha toccato il nervo scoperto.
La battaglia infatti si definisce sul quel terreno agroalimentare che questo ininfluente blog da alcuni anni ha individuato e su cui, nella sua marginalità, si è spostato da anni. Mettendomi a studiare il riso e la sua complessa movimentazione planetaria e quel che a mio modesto avviso non si deve lasciar fare a chi in questo settore opera rimuovendo totalmente l’interesse della comunità nazionale di appartenenza e, appunto, i contenuti della Dichiarazione universale dei diritti che ho richiamato in apertura del post.
Oreste Grani/Leo Rugens
P.S. Si legge nel saggio di GNOSIS del 2014: “…Eravamo soliti credere che i problemi regionali avessero un effetto ridotto, al di là della propria area circoscritta. Non è più così. Oggi i problemi che sorgono in una regione possono colpire e colpiscono realmente paesi dall’altra parte del Pianeta“. Cose quasi ovvie, senza offesa a Daclon. Eppure sembra che a leggerle si sia stati in pochi. Soprattutto nella nostra Italietta. Se penso che ad esempio l’agroalimentare è stato a lungo nelle mani di non pochi leghisti amici dell’orco di Mosca mi chiedo come si potrà uscire dal ricatto non solo del gas/petrolio ma del grano/riso/mais /soia/urea.
Per non parlare degli amici della ‘ndrangheta (Roberto Rosso docet) presi a volersi piazzare nell’ENTE NAZIONALE RISI, anche a nome di Fratelli d’Italia.
Perché a fare politica estera non c’è solo l’ENI ma anche ENR.
Tutti meno che la Farnesina quindi.
Gratteri nella trasmissione di una rete televisiva ha affermato con amarezza che Draghi non ha mani pronunciato la parola mafia nel suo discorso di insediamento e non ha mai toccato queato argomento in seguito. Critica molto pesante. Quello che non capisco è perché alcuni giornali hanno avanzato sospetti sulla vicinanza di Gratteri a fratelli d’italia, critica che lui stesso ha trattato come infondata nelle medesima trasmissione. Le “non-politiche non-sanitarie” degli ultimi due anni hanno sicuramente favorito la criminalità organizzata nella rilevazione di migliaia e migliaia di attività fallite e conseguente riciclaggio del denaro sporco. Insomma sto governo non ne azzecca una. Draghi invece di parlare del grano estero che non si muove anche perché i proti sono stati minati daile miiizie ucraine, pensasse di più ai problemi interni italiani, che fino a una ventina di anni fa avevamo un’autonomia agro alimentare elevatissima e di eccellenza, distrutta progressivamente proprio da quell’europa che lo ha più volte incoronato in vari ruoli di primo piano.
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Se i paesi europei per colpa delle politche di bruxelles hanno progressivamente rinunciato alla propria autonomia di produzione alimentare, saranno costretti a rivolgresi ai mercati terzo mondiali, impoverendoli di fatto, dato i proventi se le pappano le multinazionali ivi operanti e non la popolazione. Come mai la Francia ha un tasso altissimo, il più alto d’europa, di suicidi tra imprenditori e operai agricoli, pur avendo quasi il doppio di superficie dell’Italia destinabile all’agricoltura? Perché è difficile coltivare in Europa? Cui prodest? Non è certo ingerenza nelle politche europee dei paesi non allineati questa.
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In realtà la politica agricola europea (PAC) è sempre stata criticata perché protezionistica e veniva vista come un controsenso rispetto all’impostazione liberista complessiva. Questa la critica sin dall’allargamento a est, prima del quale gli agricoltori italiani di alcune regioni (tutto il sud e alcune aree del centro ricadenti nelle NUTs dell’obiettivo 1, riguardante i fondi strutturali) risultavano i più avvantaggiati (con grandi proteste dei francesi).
In pratica, dopo il trattato di Lisbona (quello della “knowledge economy”), si concentravano i finanziamenti finalizzati al solo sviluppo (cioè: sparisce la coesione) in alcune polarità “competitive”, prevalentemente urbane (la nota immagine del bunch of grapes, estrema evoluzione della blue banana e l’avvio di programmi tipo i PRUSST o i vari Interreg, ma anche i TEN, riguardanti lo sviluppo infrastrutturale), cancellando l’impostazione precedente, basata sui principi di coesione e ri-equilibrio, oltre di sviluppo (i tre principi di cui parla il trattato di Maastricht). Un esempio di questa brusca inversione di tendenza è la vera e propria rinascita di centri urbani come Danzica, che è anche il terminale di uno dei TEN (Trans European Network).
La precedente impostazione (coesione + sviluppo), però, veniva mantenuta solo per quanto riguarda la PAC, per sostenere l’allargamento a est, dove le aree che risultavano “svantaggiate” secondo i parametri delle NUTs, erano numerose, risultando, oltretutto, più svantaggiate di quelle italiane.
Ulteriore conseguenza della brusca virata liberista del trattato di Lisbona è stata l’abbandono dell’idea di una Europa delle Regioni (che permane formalmente nel fatto che i finanziamenti UE sono gestiti dalle amministrazioni regionali, ma non vengono erogate direttamente alle regioni!!), rispettosa di una molteplicità di diversità territoriali.
Se l’interessante impostazione regionalistica fosse stata mantenuta si sarebbero, forse, potuti raggiungere gli obiettivi unificanti alla base della UE. Al contrario, lo svuotamento del Parlamento europeo in favore della Commissione e del Consiglio (formato dai presidenti del Consiglio degli Stati membri ed istituito proprio dal trattato di Lisbona, con competenze che in teoria dovrebbero riguardare solo la politica estera e la difesa, ma innovativa spesso hanno “sconfinato”) e l’assoluta irrilevanza del Comitato delle Regioni (in pratica solo consultivo) hanno contribuito ad una percezione (peraltro non lontana dalla realtà) di una UE lontana dalle specifiche e reali esigenze dei territori ed intesa come governo oligarchico.
https://en.wikipedia.org/wiki/Blue_Banana
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Il pac non è assutamente protezionista ma fu una pezza a colori vuota, retorica, fumosa e senza concretezza, peggio del buco. Si pagavano in Europa profumatamente gli agricoltori per sradicare vigne, riconvertire in fetenzie come il fotovoltaico. Il liberismo apparentemente messo alla porta dalla suddetta pezza vaga e ambigua, rientrava dalla finestra delle politiche reali messe in campo dalle nazioni come rialzo dei prezzi di materie prime per la lavorazione agricola il Pac? Ma veramente? .
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Il pac in realtà è un pac-co. Una cosa è quello che è scritto sulla carta un’altra è la realtà, infatti non si contano più ormai nel corso degli anni le proteste degli agricoltori in tutta europa, alcune assolutamente spettacolari, solo che quelle pezze sporche che sono i giornali non nen parlano.
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No, hai informazioni sbagliate, prese non soda dove. Parla con un qualsiasi agronomo. La PAC non ha nulla a che vedere con il fotovoltaico. Sono linee di finamziamento per obiettivi specifici. Hai mai visto un modulo che un agricoltore deve compilare per avere accesso al finanziamento?
Sulla critica (liberista) al protezionismo della PAC c’è poi una letteratura sterminata. È protezionista rispetto a prodotti extra UE perché paga gli eccessi di produzione!
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I gilet gialli non nascono mica per hobby nel circolo della bocciofila, un movimento agricolo ruralista che ha scatenato una vera battaglia, 3 mila feriti, 17 morti e non sinsa quanti arresti.
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Fidati che te lo dice chi conosce la campagna non dai libri e da internet ma dal vivo.
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L’ue e gli stati hanno svantaggiato i piccoli e medi agricoltori, ecco perché poi multinazionali e mafie, spesso figlie della stessa cagna, si pappano l’agroalimentare. Perché se tu riversi miliardi nel pac-co per fare studi di sostenibilità e oleare una macchina burocratica mostruosa, soldi a pioggia che si fermano sui vari ombrelli a piani dall’alto di bruxelles fino al basso dei politici locali e non li usi per calmierare i costi di produzione che sopportano gli agricoltori e al tempo stesso, tramite accordi come il mercosur o abbassamento dazi per importazioni dall’altra parte del mondo, permetti un import mostruoso da paesi che usano nella coltivazione, ogni porcheria vietata(giustamente) in europa e con sfruttamento dei lavoratori ai limiti della crudeltà di fatto è un pacco. Quindi il liberismo è ben vivo e vegeto in Europa più che in ogni altro continente, negli altri colonialismo.
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Poi un altro mito da sfatare: la pac persegue la sostenibilità ambientale nel solco di tutti quei centri di potere che scassano con la storia che l’agroalimentare è un fattore di emissioni di co2 che giustifica un suo ridimensionamento. Ma questo è molto ipocrita se non celante veri e propri secondi fini, perché gli stessi centri di potere spingono il digitale che per quanto riguarda solo i servizi di video streaming on line, e sottolineo solo, vengono prodotti a causa di essi emissioni di co2 in un anno pari a quelle prodotte dall’intera Spagna 300 milionindi tonnellate di co2. Una sola mail con allegato 50 grammi di co2. Allora quando il digitale nel 2030 sarà totalmente pervasivo avremo la struttura più inquinante mai vista sulla faccia della terra, senza neanche il ritorno in economia reale che possa giustificare tale abominio, altro che transizione verde di tunberg. L’economia classica basata su petrolio ed energia rimane il migliore compromesso.
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Quindi l’agroalimentare produce 17 miliardi di tonnellate di co2 all’anno. Abbiamo 237 miliardi di mail al giorno facciamo in media solo 4 grammi di co2 ciascuna senza considerare allegati, sono poco piu di 33 milioni di tonnellate l’anno che sono 1/512 del totale di tutto il comparto agro zootecnico che è un rapporto assolutamente favorevole all’industria agrozootecnica rispetto al “mondo digitale” se consideriamo che abbiamo preso in esame solo le mail senza calcolare tutto il resto, energia dei data center, video, ricariche batterie, peso impatto produzione supporti digitali e chi piu ne ha piu ne metta, che praticamente non producono niente mentre con l’altro mangiamo. Quindi il green inteso come transizione digitale è pura propaganda e fuffa con fini molto più oscuri piuttosto che la salvaguardia dell’ambiente. Ricordiamoci che tutte le volte che usiamo questi computer dove scriviamo stiamo inquinando.
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Hai mai visto un modulo?
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La PAC NON è (NON È MAI STATO) un programma finalizzato alla sostenibilità ambientale. Discende dal trattato di Maastricht e dagli obiettivi di coesione e ri-equilibrio economico che ne costituiscono la base. È stato il primo programma di finanziamento utilizzato dopo Maastricht.
Quando è stata istituita di sostenibilità ambientale non se ne parlava proprio. È stata pensata come programma di riequilibrio economico (balance) per le regioni rurali individuate come svantaggiate sulla base delle NUTs (vedi sopra).
Solo recentemente sono stati aggiunti alcuni indicatori riguardo alla sostenibilità ambientale, perché un’altra critica “storica” alla PAC era che favoriva l’estensivo penalizzando i piccoli agricoltori. Soltanto a partire da verso il 2000, in relazione alla costituzione della rete dei vari SIC, SIN e SIR (sito di interesse comunitario, nazionale, regionale) e soprattutto alla Convenzione UE sul paesaggio (2000) si è passati da un approccio che era soltanto produttivista (e che, nonostante tutto, tale è rimasto per la questione dell’allargamento a est – vedi sopra – cioè in aree in cui non c’è piccola proprietà anche per le collettivizzazioni comuniste) ad uno che cercava di comprendere gli obiettivi di sostenibilità (per recepire gli indirizzi dei 2 documenti di cui sopra).
È una questione tecnica, sulla quale c’è una letteratura sterminata su un dibattito che parte dai tempi della vecchia CEE . È stato un elemento cruciale nella costruzione del trattato di Maastricht, soprattutto da parte della Francia, per arrivare infine al compromesso consistente nel concetto di spatial development.
La PAC c’entra ben poco con, ad esempio, l’agricoltura biologica, che ha linee di finanziamento proprie. Il biologico non è un requisito per l’accesso al finanziamento.
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Ho riletto e mi sembra che tu stia parlando per sentito dire. Non mischiare cose che tra loro non c’entrano niente. Che c’entra il digitale con la PAC? E anche il green, come lo chiami tu, con la PAC non c’entra. Credo che tu ti riferisca alle misure più recenti tipo Next Generation EU (insomma quelle post Covid) e posso essere d’accordo con te. Ma c’è poco da fare: si tratta del modo in cui il capitalismo evolve. È un processo di transizione che è in atto e che non si può fermare, al massimo lo si può osservare per comprenderne i meccanismi e cercare di “raddrizzarne” le storture.
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Ma cosa dici uno dei punti della pac è la sostenibilità “agricoltura sostenibile” ma dai ma è possibile negare questa cosa? Ma sta una marea di link su questo punto, per favore. Il digitale come argomento l’ho introdotto come pezzo di un mosaico, che vuol dire non c’entra niente? Allora il transdisciplinare come approccio di analisi che collega settori non va bene? Conoscere prima l’agricoltura dal vivo, poi approfondire bene i temi di studio. Io parlo tutti i giorni con gli agronomi, non so tu ma mi sembra che non conosci dal vivo la questione ma solo attraverso i libri. Fidati che parlo con agronomi e contadini da una vita ahahhahaha
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Vai a leggere in new common agriculture policy 2023-27 e vedi che hai detto uno strafalcione ahahahah che la pac non ha niente a che vedere con l’ecosostenibilita, uno dei tanti documenti mica l’unico
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E a proposito del digitale recuperati i lavori di ricerca delle università sullo sviluppo della digitalizzazione dell’agricoltura e i piani farm to fork e vedi che ti sarà più chiara la convergenza di piani che sembrano separati.
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Vedi parli del 2000, e sono la bellezza di 20 anni, che in economia sono tantissimo, che serve fare la storia della pac come è nata come non è nata, questa è lana caprina, sono vent’anni che si procede nel senso che ho indicato a prescidere da come sia nata. Il fotovoltaico non ho mai detto che ha a xhe fare con la pac ma lho inserito nell’argomento per presentare come agricoltori hanno preferito convertire i campi per l’insostenibilta di fare agricoltura, mi sembrava ovvio non specificare.
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O forse dimentichiamo i finanziamenti a pioggia per estirpare le coltivazioni che venivano dall’Ue? Era tra il 2005 e il 2010 se non ricordo male.
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Pac 2014-2020 inserita la novità del greening, tra i cui requisiti c’è la sottrazione di terreno coltivabile da destinare ad area ecologica, come requisito fondamentale del “pagamento verde”(il 30 per cento del massimale dei pagamenti diretti di sostegno) valido anche per le aziende biologiche, quindi non una linea di fondi differente, non è come descrivi tu, ma il punto non è questo, il punto è che ammesso che fosse tutto perfetto il problema lo cacci dalla porta e poi entra dalla finestra se fai i trattati mercosur e simili, e se non abbassi la pressione fiscale. Allora I gilet gialli sono pazzi, hanno messo a ferrone fuoco città intere, una vera battaglia, così per noia?
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Il problema cara cuculo è che quello che oggi ci sembra separato o che non c’entra niente, un domani può convergere, agricoltura, digitale, guerre, pezzi distinti di una stessa scacchiera, è o non è questo il senso di quando si fa lelaborazione di scenari futuri? Big data dal settore agricolo direttamente dal campo di lavoro ai data center militari. Molto pericoloso.
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N.B.: le prefigurazioni della Blue Banana e del Bunch of Grapes sono esito di un dibattito molto intenso che ha avuto, sin dal 2000, il suo centro nell’Università di Delft, che ha avuto un ruolo non irrilevante nella ridefinizione dell’idea di UE emersa dal trattato di Lisbona…
Il ruolo svolto, a livello culturale, dall’Olanda è una storia ancora da scrivere…
https://journals.polito.it/index.php/EJSD/article/view/212
L’accondiscendenza ed il provincialismo del mondo accademico e culturale italiano ha costituito un elemento costante e le poche voci che cercavano di evidenziare una specificità mediterranea, ad esempio in materia di politiche urbane, sono state emarginate. A ciò ha contribuito il fatto che tesi contrarie trovassero poco spazio nelle riviste indicizzate, prevalentemente anglosassoni. Quelle italiane, anche prestigiose e con una lunga storia, che puntavano ad ottenere l’indicizzazione, si sono supinamente adeguate, a differenza delle francesi: gli Annales si sono rifiutati di pretendere articoli in inglese (l’indicizzazione si basa sulla rilevazione informatica delle citazioni anche all’interno del testo e consente di individuare i plagi. Tuttavia il sistema capisce solo l’inglese).
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Le Mafie si muovono sempre molto prima della politica. Individuano in largo anticipo i bisogni futuri ed investono lì il loro capitale. Credo che lo facciano anche con il beneplacito die Governi, in una sorta di Stato Mafia di fatto e permanente che però non può essere raccontata al popolo pena destabilizzazione generale. Acqua e cibo, cosiccome la energia sono e sempre più saranno il cardine delle future scelte politiche e quando non si sceglierà la relativa inerzia inevitabilmente condurrà a nuove e sanguinose guerre (anche senza atomica).
Il nostro futuro è strettamente connesso alle nostre scelte, vivremo e prospereremo se saremo capaci di investire nella CONOSCENZA e nel capitale democratico della LIBERTA’. Se viceversa penseremo ognuno al suo proprio orticello, faremo tutti nessuno escluso la fine che ora sta facendo la flaggellata Ucraina. Chi vivrà vedrà.
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La presunzione di Poiana oggi tocca i suoi vertici.
Guarda che sono cose su cui ho lavorato e scritto.
Parti da un tuo discorso e non leggi nemmeno ciò a cui rispondi. Ho cercato di farti in sintesi una storia della PAC, che nasce ben prima del 2022.
Visto che non hai letto o non hai capito o non hai voluto capire ciò che ho scritto in sintesi, eccoti la sintesi di Wikipedia (guarda FEASR).
https://it.wikipedia.org/wiki/Fondi_strutturali
Cara Poiana, a volte sei esasperante. Ti fissi con una cosa che conosci per sentito dire e non ti schiodi. Non solo: pianti una polemica senza fine, poco costruttiva ed infantile. A volte si ha l’impressione che tu voglia solo litigare con qualcuno (o che la tua sia l’azione mirata di un provocatore, anche se non credo).
In generale, mi sembra un atteggiamento poco prudente (che ho osservato anche nei confronti di altri) ed a rischio figuracce, tanto più che non sai con chi stai dialogando.
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Lana caprina il perché sia nata la politica agricola europea?
Non commento questa tua opinabile opinione.
Avrei comunque piacere che tu modificarsi, se puoi, questo atteggiamento assai faticoso, perché quando sei disposto più serenamente è piacevole conversare con te.
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Il biologico segue una strada diversa. PAC generica (ancora sostanzialmente basata sulla resa ecologica, ma con correttivi minimi di sostenibilità): l’agricoltore compila il suo modulo ed il rapporto è con la Regione. Biologico: la Regione demanda a cooperative che inviano agronomi a fare la domanda (che l’agricoltore non è in grado di fare perché non ha le competenze e gli strumenti per misurazioni di vario tipo – deve quindi pagare, e questo è un problema, la parcella al professionista, che ne dà una parte alla cooperativa) e poi “visite ispettive” (da pagare anche queste) per verificare che i parametri indicati nella domanda sono rispettati. Biologico: strumento attuativo programma Leader. PAC: piano rurale regionale.
Diversi problemi, come vedi: soprattutto assenza di competenze specifiche nelle regioni (ma qualcosa piano piano sta cambiando).
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Noto che sei passata ai giudizi sulla personalità e ai pregiudizi infondati su presunte non conscenze di argomenti pur non sapendo neanche con chi tu stia parlando, oltre alle insinuazioni sui motivi del mio argomentare. A quesro punto sono io che ho impressione che tu stia proiettando un tuo mondo interiore verso l’esterno. Non sono neanche convito che tu ne sappia più di me sul pac, lo posso scrivere, o è lesa maestà ahhahahaha la risata non è irridente ma tipica di una personalità gioviale e ironica, prevengono quindi una perizia amatoriale psicologica a distanza ahahhaha. Detto ciò vista la tua reazione, non ho più interesse a continuare la discussione visto il tuo atteggiamento inquisitorio che ha me questo si, sembra infantile.
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Alcuni dei programmi di finanziamento (tipo Leader, locale, o Interreg, che richiede almeno 3 partner UE) sono stati chiamati “programmi integrati” e sono l’esito di una lunga battaglia per fare rendere trasversali gli obiettivi di sostenibilità, altrimenti relegati agli interventi sulla “natura” (perché il mantra della produttività agricola era intoccabile).
La commistione che tu indichi come problematica io la chiamo integrazione e la considero un successo, perché il concetto di sostenibilità non può essere settoriale, come era prima. Come vedi, è difficile trattare una questione prescindendo dalla sua storia.
Che il digitale possa essere inteso come sostenibile lo dimostrano gli effetti sul traffico con lo Smart working. Immagino che adesso sosterrai dell’energia necessaria ecc… Ma non devi dimenticare che il caso ha voluto che la tua esistenza fosse collocata nel bel mezzo di una fase di transizione del capitalismo, che dubito si possa arrestate, ma solo cercare di comprendere nei suoi meccanismi, cercando di definire correttivi che non la rendono disumana. Dopo tutto, è il digitale che sta consentendo questo dialogo (che non mi sembra poi così disumano, se non per la tua testardaggine). Demonizzarlo non serve.
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