La moto sbanda verso destra e muore Bochicchio


A poche ore da un impegnativo interrogatorio Massimo Bochicchio ha perso la vita. Il come sia morto è già di per sé un fatto anomalo: mentre percorreva su una moto di grossa cilindrata un tratto della via Salaria, senza frenata, con sterzata a destra secca si è schiantato contro un muro. La moto, dopo lo schianto, ha preso fuoco e Bocchicchio si è consumato in modo macabro, fino a divenire irriconoscibile. Più o meno è andata così. Chi questo sfortunato motociclista fosse lo sapete già tutti. Va aggiunto che il morto viveva agli arresti domiciliari ed era fuori nel lasso di tempo (due ore al giorno, se ho capito bene) e alla caviglia aveva quel tipo di braccialetto elettronico che si indossa quando si vive controllati dalla magistratura e dalle forze dell’ordine. Il giorno dopo il truffatore, come ho detto, doveva essere interrogato. Certamente era agitato forse vivendo, ormai da mesi, tra Scilla e Cariddi. Intendendo tra un racconto sincero e liberatorio, pienamente collaborativo con gli inquirenti (in questi casi si deve far ritrovare il denaro e fornire cifre e circostanze) e la copertura di eventuali complici se non referenti quali veri organizzatori dei raggiri.


Comunque vediamo di non farci distrarre da alcuni nomi dei truffati (in realtà oltre che truffati stiamo parlando di persone tanto ricche da non voler in alcun modo far apparire queste ricchezze da remunerare con tassi bancari e di Stato ma avidi “di asini volanti” come mi appaiono i tassi fantasmagorici – dieci per cento – che sento venivano promessi a questi ingenui Pinocchietti) e guardiamo, opportunamente attenti, chi aveva presentato le vittime al carnefice e in che circostanze. Perché, mai come in queste occasioni criminali, chi introduce è corresponsabile. Chi cioè presenta e nel presentare alimenta l’effetto alone senza il quale il truffatore non può attuare la truffa. Chi alimenta l’effetto alone e soprattutto consente il contesto suggestivo in cui avviene la messa in mezzo. Che non era Porta Portese dove al massimo si incappa nei maestri del gioco delle tre carte. 600 milioni di euro si dice si siano volatilizzati. Ripeto: 600 milioni di euro. Qualcuno pertanto li doveva possedere questi risparmiucci perché qualcuno glieli fottesse.

Torniamo allo schianto. Malore, suicidio, o abile sabotaggio? Abile sabotaggio? Leo Rugens ipotizza che qualcuno non volesse far arrivare Bochicchio a testimoniare? Non dico questo. Mi fermo a constatare però che dieci anni addietro per Gianfranco Lande il truffatore di via Luciani, ai Parioli, si parlava di cento milioni ed oggi, con l’inflazione che galoppa, si ipotizza un bottino di seicento milioni. E per non far trovare, fossero anche gli avanzi di 600 milioni, qualcosa si può arrivare ad architettare. A me interessa il solco che si sta scavando tra chi prova a nascondere al fisco ricchezze di questa dimensione rischiando di essere truffati e gli altri ad aspettare l’elemosina di Stato per non farsi staccare luce e gas.

Meditate gente meditate.

Oreste Grani/Leo Rugens