Lo spirito deve restare sempre “in armi”

La guerra, come si vede giorno dopo giorno, è il campo del pericolo per cui il coraggio è la prima qualità del guerriero.
Il coraggio è di due generi: coraggio in presenza del pericolo personale e coraggio di fronte alla responsabilità, sia nei riguardi del giudizio di una qualche potenza esteriore, sia nei riguardi della propria coscienza.

La guerra è il regno del caso. In nessun’altra attività umana si deve lasciare a questo elemento estraneo un gioco così libero, perché nessuna vi è in così continuo contatto. Esso aumenta l’incertezza di tutte le situazioni e turba l’andamento degli avvenimenti.

L’incertezza di tutte le informazioni e di tutti i piani, questa continua intrusione del caso, fanno sì che in guerra l’agente trovi incessantemente le cose diverse da come se le era aspettate e ciò non può mancare d’aver influsso nei suoi piani o almeno sulle idee relative. Se l’influsso è così grande da far scartare decisamente le disposizioni progettate, si deve di regola sostituirvene di nuove per le quali spesso mancano i dati sul momento, perché nel corso dell’azione le circostanze trascinano il più delle volte la decisione, e nessuna situazione ritorna una seconda volta; spesso non lascia neppure abbastanza tempo per permettere una matura visione della situazione.

Avviene più spesso ancora che la revisione delle nostre idee e la cognizione dei casi sopraggiunti non sia tale da rovesciare completamente i nostri disegni, ma solo da farli oscillare. La conoscenza della situazione è cresciuta in noi, ma l’incertezza, nonché diminuire, è aumentata con ciò. Causa ne è che queste esperienze non si hanno tutte in una volta ma a poco a poco, in modo che le nostre decisioni non cessano di esserne disturbate e lo spirito deve, per così dire, restare sempre in armi, sul chi vive.

Oreste Grani/Leo Rugens novello Clausewitz