Ponte di Nona

PONTE DI NONA

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Alla nona pietra miliare romana, ovvero al chilometro 14,5 della antica via Prenestina, un tempo via Gabina, che conduceva a Preneste (Palestrina) e a Gabi, distante nove miglia dalla porta Esquilina, c’è il ponte di Nona, un capolavoro di ingegneria romana.
Trattasi infatti di un largo ponte di età repubblicana del II secolo a.c., ancora in ottimo stato di conservazione, che prende il nome appunto dal nono miglio in cui è situato. Esso è lungo 320 piedi pari a circa 90 metri, è a sette archi i cui due laterali sono stati seminterrati.
Il ponte è nella zona oggi chiamata “Fosso di Prato Lungo” e attraversa il torrente della Marrana o Fosso del Ponte di Nona. Qui oggi si trova il quartiere Ponte di Nona, un popoloso centro abitato, che si trova tra la via Collatina e la Prenestina appena fuori del Grande Raccordo Anulare.
Secondo alcuni il ponte è di età Sillana (138 – 78 a.c.), secondo altri inizio I secolo a.c., secondo altri ancora della fine II secolo a.c.. La costruzione è in calcestruzzo con rivestimento in opera quadrata di pietra, sperone, con chiavi di volta in travertino e testate in Lapis Gabinus, il tufo rosso dell’Aniene (la famosa pietra della vicina Gabii, che si trova pochi km. più avanti, sulla stessa via Prenestina).
Un piccolo ponte molto più antico si trova sotto l’arcata centrale e sorreggeva la Via Prenestina quando questa scendeva fin quasi a livello del torrente, seguendo il saliscendi della collina. Il Ponte di Nona subì alcuni restauri nel passato ed uno più recente negli anni trenta, che lo ha dotato di robusti e alti parapetti.
La collina che si trova sulla sinistra, appena superato (direzione Palestrina) il Ponte di Nona, è disseminata di frammenti fittili (i coccetti) residuati dallo scavo condotto (nel ’75-’76) dall’Accademia Britannica di Roma sul sito di un Tempio e della relativa Stipe Votiva.
IL PONTE OGGI
In quest’area nell’antichità sorgeva anche una Mansio ed altri edifici, anche di età imperiale, praticamente scomparsi (come del resto il Tempio) a causa degli scavi per l’estrazione di pozzolana.
La visita al Ponte è possibile affidandosi alla cortesia del proprietario di un magazzino di materiali edili, i cui depositi si estendono fin sotto le pregiate strutture.
In alternativa (se il magazzino fosse chiuso) si può salire sulla collina del lato opposto (quella degli scavi della British School) da cui si può avere una parziale vista del manufatto.
Nel percorso da Porta Maggiore al ponte di Nona, vi si ammirano invece antichi monumenti, il Torrione a Largo Preneste, a Tor de Schiavi, l’Acquedotto Alessandrino, a Tor Tre Teste.

BIBLIO
– Antonio Nibby – Roma antica di Famiano Nardini – riscontrata, ed accresciuta delle ultime scoperte, con note ed osservazioni critico antiquarie – Roma – Stamperia de Romanis – 1820 –
– Antonio Nibby – Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de’ dintorni di Roma – Vol. 2 – Roma – Tipografia delle Belle Arti – 1836 –
– Vittorio Galliazzo – Iponti romani – Vol I – Treviso – Edizioni Canova – 1995 –
– A. Seppilli – Sacralità dell’acqua e sacrilegio dei ponti – Sellerio Editore – Palermo –
– Sabrina Laura Nart –  Architettura dei ponti storici in muratura – In: Strade e Autostrade – n. 76 – 2009 –
Stampa del 1823

Il ponte è percorso ogni giorno da migliaia di bus, cammion, auto, moto qualche ciclista, tonnellate e tonnellate di ferro scorrono sopra un nastro di asfalto chiuso da un parapetto di cemento e nessuno che abbia la più pallida idea di che pietre reggano il tutto.

Ponte di Nona è nella realtà sinonimo di perifieria abbandonata a se stessa, di Far West dell’abusivismo edilizio, dello spaccio, della prostituzione, della immigrazione di giovani africani, un luogo nel quale è bene chiudersi in casa presto la sera e dove coabitano gli estremi a pochi metri di distanza, per esempio le guardie e i ladri.

Sarebbe stupido fare un paragone col ponte di Genova progettato da Morandi che era ben consapevole della sua portata e della manutenzione necessaria a preservarlo, come del resto sono quotidianamente protetti, verniciati e monitorati e ponti di New York che la salsedine divorerebbe in pochi anni.

Che un ponte romano così bello sia sottratto di fatto al pubblico perché non vi è un accesso pubblico è di per sé una violenza alla memoria e ai cittadini che pagano le tasse per avere strade “bucate” e pericolose.

Se si pensa che i problemi siano ben altri: inflazione, povertà, delinquenza, degrado e cambiamenti climatici, io ribatto che se non si inizia fin da principio a educare alla salvaguardia della memoria sarà impossibile ottenere cittadini consapevoli della responsabilità che il singolo ha di proteggere e sostenere l’altro e la collettività, ovvero quel “noi” che è ragione del “io”.

Alberto Massari