Per provare ad uscire dall’agonia dell’età del ferro

La crisi – come ogni crisi di grandi dimensioni – è il prodotto di uno scenario complesso che teniamo a definire geopolitico, comunque esito di interdipendenze molteplici, evento annunciato da numerosi segni premonitori. Come spesso accade gli innumerevoli avvertimenti sono rimasti inascoltati. Gli indizi del putinismo sono fra questi. Esso infatti avvilisce l’essere umano, imprigiona e fa uccidere i dissidenti, nega le conquiste che la democrazia e le società occidentali hanno comunque innescato, non da ieri. Non è solo come viene concepito il potere degli oligarchi organizzatisi al Cremlino che deve essere confutato, bensì come questo potere coercisca il pensiero dei popoli. Al punto a cui ormai siamo pervenuti, la vera natura del pensiero a cui Kirill e Putin si ispirano, deve essere chiarita e questo chiarimento va diffuso nel mondo. Come fanno loro con una vera e propria montagna di menzogne artificiosamente costruite, noi dobbiamo applicarci a che le nazioni ancora in evoluzione possano fare confronti e liberamente apprendere l’arte del trattamento delle informazioni.

Mano a mano che il putinismo sarà meglio descritto, la conoscenza del sistema dittatoriale e sanguinario permetterà a tutti di avere chiara notizia dei principi abominevoli sui quali esso si fonda. Una campagna mondiale quindi imperniata su informazione e pochissima propaganda. Che ogni tanto capisco ci scappi. Ma, di pari passo con la diffusione delle notizie sulla vera essenza del putinismo, deve propagarsi la conoscenza positiva dei grandi valori e dei grandi vantaggi che, viceversa, la democrazia può offrire a tutte le nazioni del mondo. Con spirito ovviamente autocritico ogni volta che fosse necessario. Liberi di farlo, senza rischiare di essere arrestati e questa è la prima incommensurabile differenza.
Questo è lo scenario ed esso ha per teatro il mondo. Gli spettatori sono i milioni di affamati di cibo e di verità. Le prime parti sono recitate dagli spiriti del bene e del male. Ma lo spirito del male dispone di un incredibile astuzia e si presenta sotto le spoglie di una cultura addestrata da decenni all’inganno, alla distorsione della verità e di tutte le armi che servono ai suoi scopi, perché tutto è lecito per lui.

Non lo sentite questo assassino schifoso come parla della legittimità delle sue azioni? Lui ha diritto a massacrare gli altri e strepita nevrotico se gli altri non si fanno agnelli sacrificali. Lo spirito del bene può solo sperare di vincere per mezzo di una lotta diretta e chiara. Esso non può permettersi altre armi perché dal momento in cui si abbassasse usando mezzi che non sono intrinsecamente onesti dovrebbe considerare perduta la sua battaglia, prima ancora di concluderla.

Questo è nuovamente il tempo per la grandezza e dei fieri ideali. Altro che calcoli sulle tangenti che si perderebbero se si tagliassero i rifornimenti di gas o di altre merci. E la grandezza, sentite a me che sono un nanerottolo, non è accidentale. Non si può raggiungere la grandezza correndo dietro soltanto ai propri interessi egoistici, in qualsiasi modo ciò venga fatto. Soltanto servendo gli altri e difendendo i diritti altrui si può raggiungere una grandezza ben meritata e si può istituire un comando che sia liberamente riconosciuto e liberamente accettato.

Le potenze dell’Occidente, e gli Stati Uniti in particolare, sono oggi chiamati dalla storia a servire l’umanità. Forse come non lo hanno mai fatto. E’ loro preciso dovere quello di adeguarsi alle esigenze dell’ora e di rispondere alle responsabilità che la storia ha posto sulle loro spalle. Allora, e soltanto allora, esse meriteranno il rispetto, l’amore e l’ammirazione di tutti i popoli. Per ora non ci siamo.

In virtù di una ben diretta campagna su scala mondiale, i putiniani per il momento, potrebbero aver fatto pendere a loro favore il piatto della bilancia. I difensori della democrazia vengono presentati sotto la luce di un egoismo ad oltranza: sono gli imperialisti, i colonizzatori, gli sfruttatori dei popoli del mondo. Essi hanno raggiunto un alto tenore di vita sfruttando gli altri popoli. La loro presenza in tutti i paesi è di per se stessa una prova che essi cercano ovunque il lavoro a buon mercato e ovunque si propongono di sfruttare le fonti naturali di ricchezza. Lottano per conservare i loro vantaggi e i loro privilegi. Le richieste da essi fatte in nome della democrazia non hanno nessun valore. Le nazioni insorte nel mondo che cercano di far valere la loro personalità debbono combattere su tutti i fronti per distruggere l’eredità lasciata dagli imperialisti dell’Occidente.

Questo rapido quadro, tracciato con tanta vivezza dalla propaganda putiniana, può essere soltanto confutato con dimostrazioni di fatto. E’ dovere dei difensori della Libertà opporre questa confutazione. Così facendo, vinceranno la loro battaglia. La nostra battaglia. Battaglia che deve far tornare in auge con forza, nella pubblicistica sulla crisi e nei luoghi mediatici dove si racconta la guerra e quanto intorno ad essa si dipana, categorie del tutto trascurate per troppi anni dai teorici della selvaggia “deregulation”: equità, interesse pubblico, fiducia, capitale sociale. In poche parole, democrazia

Prevedere fatti, coglierne i segnali, collegare e dare senso a fenomeni apparentemente eterogenei, se non diventa, oltre che responsabilità operante delle classi dirigenti, anche patrimonio collettivo, cultura diffusa, connotato della convivenza civile e condizione di una democrazia sostanziale, induce l’intera società a sottovalutare le crisi e la depriva di ogni efficace prevenzione. Questo era lo spirito che andava eventualmente “plagiato” attingendo ai nostri documenti se si voleva lavorare, con il denaro pubblico, a far crescere nella Repubblica e tra la gente, quanto attinente all’intelligence economica, culturale, diffusa, partecipata. Ma notoriamente chi prova a scimmiottare senza avere neanche quegli strumenti che ormai sappiamo connotano perfino i piccoli macachini, fa i danni che abbiamo visto fare al duo salernitano (TofaloMaffei) improvvisatosi stratega di sicurezza dello Stato.

Fino a quando alla globalità e all’interdipendenza del fenomeni dell’economia, come di ogni altro settore, non si associ una coscienza dei problemi corrispondente alla loro complessità, nessuna grande crisi potrà essere prevista per tempo, nessuna calamità planetaria potrà risparmiare al genere umano effetti devastanti.
La struttura ragionante in cui Tofalo e Maffei avevano avuto il privilegio di essere accolti, è nata (ancora vive e si evolve mentre il loro M5S è in via di estinzione) per raccogliere e vincere la sfida della complessità e, insieme, dell’etica. Essa persegue l’ideale di un nuovo umanesimo, di una “riforma delle coscienze” quale condizione di una pace stabile tra gli uomini di fedi, culture e nazioni diverse. Un ideale nutrito dai valori della tolleranza e del rispetto reciproco, della giustizia, del diritto universale alla vita e alla libertà.

Tuttavia, nessuna etica è possibile senza responsabilità. L’agire etico comporta infatti la possibilità di scegliere, di decidere liberamente tra alternative. Esso riposa dunque su una conoscenza responsabile, che è tale perché coniuga in un rapporto di reciproco nutrimento la dimensione conoscitiva dell’uomo con la sua dimensione etica. Occorreva e sempre di più occorrerà superare il modello della separazione dei saperi, dello specialismo disciplinare su cui è fondato il sistema educativo.

Esso produce infatti “delle menti incapaci di legare le conoscenze, di riconoscere problemi globali e fondamentali, di raccogliere le sfide della complessità…la parcellizzazione, la compartimentazione, l’atomizzazione del sapere rendono incapaci di concepire un tutto i cui elementi siano solidali, e con ciò tendono ad atrofizzare la conoscenza e la coscienza della solidarietà. Rinchiudono l’individuo in un settore compartimentato e con ciò tendono a circoscrivere strettamente la sua responsabilità, quindi ad atrofizzare la sua coscienza della responsabilità” (Edgar Morin, “Etica”). Senza cervello pensante era impossibile che i due “grilletti salernitani” (con qualche furbacchione che li usava per fargli organizzare momenti di vaniloquio) capissero (e apprezzassero) cosa stavamo facendo e a cosa ci “addestravamo”. 

Il pensiero della complessità è dunque l’unica forma di cittadinanza adeguata al pianeta così come oggi si presenta e il suo paradigma metodologico/educativo – la transdisciplinarità – la sola garanzia di riscatto dalle angustie dello specialismo disciplinare, gravemente limitativo delle facoltà etico-conoscitive dell’uomo. Il “sapere diviso”, parcellizzato, si costruisce infatti sull’esclusione dell’altro da sé, sull’indifferenza al diverso. Questa forma di sapere, tuttora imperante, è nient’altro che il frutto di una forzatura soggettiva dello sguardo umano che contempla il mondo, non già un connotato costitutivo della realtà. Sfugge ad esso, per definizione, l’essenza oggettiva del mondo quale è dato a noi, che ha invece il carattere della complessità.

Il contrasto al male putiniano è questione complessa e come tale si deve affrontare.
Si deve affrontare pertanto con strumenti transdisciplinari, non certamente in solitudine ma, viceversa, cercando alleanze e confronto con le donne e gli uomini, i filosofi appunto, un tempo prestigiosi saggi legittimati ad esprimere opinione autorevole su ogni argomento. Filosofi che attendiamo numerosi, ecco l’appuntamento del 1-8 agosto 2024 al Congresso Mondiale di Filosofia che si terrà a Roma, pronti ad essere bussola per navigare in questo oceano insidioso. 
Così sogno da anni e così accadrà.


Oreste Grani/Leo Rugens