Anche il violinista Nardella tra i sindaci d’Italia che chiedono a Draghi di rimanere


I mille e mille cuori dello Stato (parlo dei comuni d’Italia), attraverso i sindaci, stanno lanciando un segnale/appello a Draghi che non non non può essere interpretato in altro modo se non che la stragrande maggioranza degli aventi diritto a scegliere come e da chi essere guidati, non non non vogliono, in alcun modo, che il Presidente del Consiglio, facendosi condizionare da quattro stracciaculi, lasci la guida del Paese, in un momento quale è quello che le persone con un po’ di sale in zucca sanno essere. Certamente tra i tanti sindaci ci sono pure alcuni non per bene. Ma non è questo il frangente in cui fare dei distinguo. Associazioni di categoria, ambienti internazionali, personalità di vertice della Chiesa di Roma e, appunto, migliaia di rappresentanti dell’istituzione più vicina ai cittadini, alcuni ormai apertamente capaci di essere esempio di come, a prescindere dalle forme degenerate del sistema di potere rappresentato dai partiti, si possa mostrare senso di responsabilità da classe dirigente, chiedono a Mario Draghi di rimanere al timone. Che monti questa richiesta ferma e civile in contrapposizione alla sguaiata volontà di buttare tutto in bordello.

Qualche giorno addietro, mi sono trovato a parlare di questi sindaci consapevoli con un esponente istituzionale (è una parlamentare e membro della Commissione Esteri) e in particolare ci siamo soffermati sul profilo del sindaco di Firenze, Dario Nardella. Abbiamo convenuto che è una persona capace, segnato da una forte passione politica e civile che sa trasmettere a chi lo ascolta. Nel parlarne mi sono permesso di far notare alla mia interlocutrice che la formazione (ognuno ha le sue fisse ed io bado ad alcuni aspetti del processo formativo culturale delle donne e degli uomini pubblici) di Nardella lo ha visto divenire, prima che politico, un violinista.
Vuol dire, a mio modestissimo avviso, che Nardella, per amore della musica, si è applicato non poco arrivando a diplomarsi al Conservatorio Luigi Cherubini in violino, a 23 anni e, fino a 29 (2004) ha svolto l’attività professionale musicale. Questa del grande amore per la musica è una atipica garanzia che me lo ricollega, come politico al pensiero profetico mazziniano proprio attinente alla filosofia della musica e all’arte come “progresso”, ossia la musica che allarga, come la scienza, la propria sfera al passo dei secoli, “andando innanzi di epoca in epoca e levandosi a più alto concetto quando il precedente s’è svolto ed esaurito“.

Si dice che Mazzini sia l’unico, tra i grandi politici italiani risorgimentali (pronto a raccogliere smentite), che abbia rivolto uno sguardo realmente amoroso alla musica. La visse come umanità e ne vide l’importanza, la religiosità, il ministero e la sentì infine come conforto della vita. A Mazzini, tutti quelli che amano la musica, dovrebbero gratitudine. Mi piace pensare che anche il sindaco di Firenze, il violinista Nardella, provi questo sentimento.
Anche quando chiede a Mario Draghi di essere ancora elemento di stabilità.

Oreste Grani/Leo Rugens