Al voto (quando sarà tempo) con Draghi premier candidato dei progressisti

18-07-2022 Algeri, AlgeriaPolitica Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, è ad Algeri per il IV Vertice intergovernativo italo-algerino.
fonte LaPresse/Palazzo Chigi/Filippo Attili

Domani, 20 luglio, Mario Draghi entri in aula pronto a rappresentare la stragrande maggioranza del Paese che lo vuole, senza se e senza ma, ancora per un lungo ed adeguato periodo, alla guida, in questa drammatica fase storica, dell’unico governo possibile: quello presieduto da lui.
Ho scritto stragrande maggioranza degli italiani perché questa è la realtà inconfutabile e farsi condizionare da ciò che sopravvive del fenomeno, ormai degenerato e incancrenito, del Movimento sarebbe un errore culturale, prima che politico. Anche il minore dei sondaggi attesta che questi scolaretti litigiosi rappresentano, oltre che se stessi e i loro clientes, il 5/6 per cento di ipotetici risultati. Se si tenesse conto dei numeri assoluti, il M5S non non non passa il 3% degli aventi diritto al voto. E tende a scendere.

Di fronte a questa risicatissima percentuale, mentre comprendo tutta la sua stanchezza e il vero e proprio fastidio fisico a dover vivere la stagione da capo del Governo in rapporto con tale marmaglia, direi di non commettere l’errore di dare troppo peso a questa pipinara che ormai è solo un fenomeno paradossale: una montagna di parlamentari e nessun consenso nel Paese reale. Paese reale che potrebbe viceversa stancarsi anche, gentile Premier, di un suo inopportuno tentennamento. E’ tempo di dare vita ad un luogo mentale e organizzativo (basta leggere l’intervista che Bruno Tabacci, persona di assoluta fiducia di Mario Draghi, ha pubblicato sul La Stampa per capire in quale direzione è doveroso muoversi senza troppi distinguo) pronti a “salvare l’Italia” guardando ai problemi dell’oggi (un lungo elenco che lei, presidente, ben conosce) non solo attraverso gli occhi di donne e uomini che sono pronti a dare il loro contributo (donne e uomini per mille motivi fino ad oggi tenuti fuori dal palazzo per volontà di piccoli opportunisti che animano i brandelli del sistema dei partiti) ma anche attraverso il filtro politico e culturale di chi ricostruì l’Italia nel dopo guerra.
La questione di Fratelli d’Italia che freme per poter raccogliere, se anche fosse, l’undici/dodici per cento del consenso degli aventi diritto al voto (io parlo sempre di numeri assoluti perché in termini di sicurezza, ordine pubblico e stabilità a questi bisogna fare riferimento) è – tra l’altro – quella di una disperante inadeguatezza di classe dirigente qualora lei decidesse di cedere la guida della Repubblica a Giorgetta Meloni: se la immagina infatti, proprio ieri, ad Algeri, la signora (erede sostanziale degli ambienti politici e culturali che hanno fatto, per decenni, il tifo per il generale Raul Salan, capo dell’OAS, gruppo terroristico sanguinario ed espressione organizzata, per anni, di quei metodi di sistematica tortura che hanno reso drammaticamente famosa nel mondo la “Battaglia d’Algeri“, mondo feroce a cui si è ispirato, per decenni, tutto l’ambiente politico culturale in cui la fedelissima di Giorgio Almirante è cresciuta), negoziare le fonti energetiche necessaria all’Italia?
Draghi, senta a me che non sono nessuno ma, sulla questione algerina, mi ricordo benissimo chi stava con chi, i servizi segreti algerini ancora oggi badano a chi si è formato politicamente avendo simpatia per i colonnelli Bigeard e Mathieu. Evitiamo pertanto un tale salto nel buio in sede europea e mediterranea. E per chi non sapesse/ricordasse chi fossero Salan, Bigeard, Mathieu e la loro creatura OAS, lascio a seguire qualche spunto di riflessione.
Sempre e per sempre Mario Draghi/Bruno Tabacci piuttosto che gli eredi degli esegeti dei torturatori dell’OAS.

Un bizzarro (più del solito) Oreste Grani/Leo Rugens