Un’orda di raccattapalle da bordo campo

L’Italia (in realtà non solo noi ma certamente la Francia, la Germania, l’Inghilterra, la Spagna, gli USA, la Russia e gran parte del resto del Mondo) avrebbe avuto bisogno di un colpo d’ala (una botta di fortuna) e di trovarsi, in queste ore difficilissime, con una riserva di donne e uomini da posizionare alla guida della Repubblica. Invece, come sia o come non sia, nelle prime due caselle (non posizioni minori) il Paese si trova due figure certamente non all’altezza delle complessità che si delineano. Il futuro che ci viene incontro avrebbe avuto bisogno di qualcosa di più di un vecchio “pallettaro” (sto parlando con metafora tennistica) e con un ragazzotto poco più di un raccattapalle da fine campo. La Russa è ciò che è e in questa sede (parlo del post odierno) mi astengo per rispetto alla carica e quindi per un mero problema di forma. Se volete sapere cosa pensi di dell’ex Masaniello siculo-lombardo basta digitare “Leo Rugens-La Russa-Marò” e avrò detto la mia. Senza ripensamenti.
Oppure approfondite ciò che Alberto Statera ebbe a scrivere di lui, di suo fratello e di suo padre, legando la loro famiglia a Ligresti Salvatore e a quella Milano della politica senza qualità, sospesa tra post-fascismo, berlusconismo e finto integralismo affaristico ciellino, incarnato all’epoca dalla potentissima Compagnia delle Opere. I La Russa sono parte di questo impasto cementifero e di “sabiunatt” che girava intorno al mondo equivoco della Premafin e di quei terreni a destinazione agricola poi un giorno magicamente divenuti edificabili. E parlo di 150.000 metri quadrati. Gente che aveva in Ignazio, sin da giovane, il presidio politico a Roma, a prescindere dall’ideologia. Gente che ha sempre fatto parte di una dimensione opaca che, in un mondo governato da una logica spartitoria, riusciva a fare affari sulle fumanti macerie della politica. Merda e corruzione a Milano, merda e corruzione a Roma.
Sempre intorno all’edilizia e in presenza di una assenza assoluta di una politica di visione. I La Russa sono anche questo. Il fascismo è altro e tra pochi giorni saranno passati 100 anni dalla Marcia su Roma. Statera non perdeva tempo a ragionare di fascismo o antifascismo ma andava al sodo della famiglia di Paternò e al legame antico con Antonino Ligresti. Anch’esso di Paternò. Siciliani a Milano.
Passiamo a Fontana, presidente della Camera: è il primo vero gesto di sfida di un manipolo di cavallette onnivore ed eversive, da sempre annidate nella Lega Nord. Aver proposto e fatto scegliere Fontana è un vero problema. Cavallette o termiti ho scritto, a cominciare da quando Giorgetti si era messo a mettere su banche e a raggirare ingenui azionisti all’epoca pervasi da spirito separatista. Il Giorgetti, sodale di Liberio Andreatta, a sua volta spregiudicato monsignore, è la prova provata di come la Lega sia senza personale di qualità, tanto che si arriva a spacciare uno come l’ultrà del Varese-Calcio per uno statista. Nella Lega c’è inoltre gente che oggi deve aver frainteso il senso di quel risicato 5-6% degli elettori che li ha ancora votati. Parlo (come faccio sempre io) di numeri assoluti rispetto agli aventi diritto.
Se dovessero volare mazzate vere, tenete conto che la Lega, conta ormai solo in alcune sacchette di alcune valli, del lombardo-veneto. Un pessimo inizio quindi. La scelta dei sottosegretari (ho saltato volutamente il capitolo ministri perché in quelle posizioni si possono fare anche trucchi estetici e operazioni di immagine) svelerà la “purezza” delle intenzioni. L’opinione di Berlusconi sulla Meloni si riferiva a questa fase due/tre della trattativa. Ci sono i maxi fondi in arrivo e la fame arretrata è tanta. Per poi passare agli enti e alle relative casse dove cercare/trovare gli ultimi spicci.
Raccattapalle da bordo campo, dicevo quindi, mentre avevamo bisogno di grandi campioni. Temo comunque che nel Paese di campioni ne siano rimasti pochi pochi.
Oreste Grani/Leo Rugens