Il cacciator Cortese e l’affaire Shalabayeva nel saggio di Enrico Bellavia “L’ostaggio”

“Il caso Ablyazov
Premessa alla sinossi
«L’espressione del subconscio di una nazione è il suo servizio segreto» scrive John Le Carré nel suo romanzo più noto La Talpa. Il subconscio è una delle peculiarità dell’intelligenza umana.
L’assenza (di questo si tratta) di un servizio segreto “intelligente” rende l’Italia una realtà storica-culturale-giuridica senz’anima, senza sovranità, incapace di riconoscersi.
Quando un individuo sviene o, addirittura, muore si dice che «perde conoscenza». Così è ridotta oggi l’Italia.”
Incipit della mail inviata alla Casaleggio Associati 20 luglio 2013, h 19.08

“Se guardi il cerchio il cerchio ti guarda”
Dionisia

***

Il sole splendeva quella mattina di fine Maggio; la brezza marina muoveva i capelli delle due donne che si tenevano per mano scosse da un leggero tremore. La bimba abbracciava il papà che le raccomandava di fare la brava e di stare sempre vicino alla mamma che era coraggiosa come le aquile delle montagne; una lacrima rigava la guancia dell’uomo preoccupato di turbare la piccola.

Sciolto l’abbraccio fu la volta di stringere l’amore della sua vita; avvicinate le labbra all’orecchio della donna le sussurrò che tutto era stato controllato: soldi carte di credito cellulari l’avvocato italiano e quello canadese e anche il giornalista milanese; si sarebbe imbarcato non lontano da casa e in serata sarebbe arrivato a Montecarlo. Non sapeva dire quanto tempo ci sarebbe voluto per poterla riabbracciare e che l’amava e che un giorno sarebbero tornati a casa. La donna non piangeva.

L’autista del furgoncino osservava un poco distante per non disturbare l’intimità del commiato; schiarendosi la voce fece notare che era trascorso il tempo ed era ora di partire.

L’uomo si allontanò dai familiari e dai domestici ucraini che non avevano bisogno di proiettili per uccidere silenziosamente.

L’autista aprì il portellone e face accomodare il passeggero che si sedette tra i pacchi in consegna; il buio calò nel vano e l’uomo ascoltò il saluto che veniva indirizzato ai suoi ed ebbe un sussulto allo stomaco.

Il cancello elettrico ronzò mentre scorreva sul binario, il furgone a retromarcia raggiunse lentamente la strada secondaria del complesso che custodiva la villa e la famiglia del fuggiasco; l’uomo al volante notò un giardiniere intento alla potatura di una siepe già potata di recente, poi una coppia che si baciava in un’auto, infine una signore in giacca e cravatta sulla settantina che passeggiava con un meticcio al guinzaglio. Trattenne il sorriso per la tensione che provava nonostante fosse certo che non potessero fermarlo perché ormai dopo tanti anni trascorsi in Italia sapeva distinguere chi indossava abiti civili da chi fosse un civile e quelli erano civili.

Sempre con la massima calma, fin troppa per chi fa consegne a domicilio, imboccò la strada che portava alla darsena.

Renato Cortese

Fino a qui è fantasia, ma poche ore più tardi, siamo nel 2013, irromperanno nella villa ventisei agenti di polizia guidati da un cacciatore “esperto” e la storia prenderà una brutta piega, come sempre accade quando diventi tu la preda.

A settembre del ’22, ha fatto la sua silenziosa irruzione il secondo libro dedicato alla vicenda Shalabayeva-Ablyazov ovvero: “L’ostaggio” di Enrico Bellavia (Zolfo, Milano, la fu Melampo fondata da Nando Dalla Chiesa e altri) ma questo non ci fa sentire meno soli.

Il primo, firmato dal sottoscritto, fu pubblicato dalla Adagio di Gianroberto Casaleggio nel 2013: “Shalabayeva – Il caso non è chiuso”.

Raccontare come e perché mi venne l’idea di scrivere un pamphlet seduto nella poltroncina dell’ufficio a via Bissolati 20, Roma, del poi arrestato Ezio Bigotti, introdotti al capo della sua sicurezza da un personaggio emblematico del panorama delle ombre nazionali non deve interessare il lettore che deve però essere avvertito che se mescolo singolare e plurale è solo per distinguere la parte che ho avuto nella vicenda.

Torniamo all’ufficio di via Bissolati dove, tra Amara e spioni assortiti, ci muovevamo graditi ospiti usufruendo dell’ottimo e lindo cesso nonché di acqua fresca e caffè disquisendo della imbarazzante puttanata combinata a Casal Palocco.

Anticipo al lettore che da lì prese il via, non sono parole mie, la più straordinaria operazione cui gente esperta avrebbe assistito, suggellata dalla stretta di mano tra Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e l’Ambasciatore del Kazakhstan Andrian Yelemessov al Salone del Libro di Torino a maggio del 2015.

S.E. Andrian Yelemessov è l’uomo che il Presidente Sergio Mattarella saluta, con la fascia tricolore il sindaco di Torino Piero Fassino e sullo sfondo il padiglione del paese più importante del mondo. Non dimenticherò mai lo sguardo allibito dell’uomo dell’AGI che non si capacitava di ciò che osservava mentre Mr. “Cremlino” Teti prendeva informazioni.

Abbiamo già tutto scritto e se non lo potete leggere è per il patto che è stato sancito dopo un fugace processo; devo aggiungere che la giudice, il giorno dopo la prima udienza, fu chiamata in causa dal Palamara come testimone a suo discarico e ricordo lo spavento che la prese quando realizzò che davanti si trovava un rizoma o qualcosa di più del processo che era in corso a Perugia a carico di Renato Cortese e altri. I personaggi che accompagnavano l’accusatore si meriterebbero un ritratto più robusto di una semplice citazione.

Di tutto questo e tanto altro ancora non si trova una riga nel saggio di Bellavia.

Enrico Bellavia

Bellavia, gli va dato atto, ha scritto un libro nel quale sono presenti tesi se non parole che negli anni abbiamo speso sulla vicenda, fino a sposare la tesi della regina, ovvero che lo scacchista aveva sacrificato la consorte per pattare la partita, cioè non morire, e forse vincere in futuro.

Quando ne “L’ostaggio” si insiste sulla stranezza per cui gli avvocati della signora non fecero domanda di asilo, insistendo sulla sua falsa identità, Bellavia adombra che la scelta fu compiuta sulla base di un piano di comunicazione strategica pensato a tavolino da menti raffinate; l’ottimo giornalista di mafia e dell’Espresso, poteva tranquillamente fare il nome della francese Havas senza tema di querela. Perché tacerlo? Forse perché Telecom, di Bolloré, paga pubblicità a “L’Espresso”?

Se non abbiamo negli anni citato il personaggio che si occupava della vicenda è perché avevamo buone ragioni per non farlo ma posso raccontare che se oggi abbiamo solo due libri dedicati a Shalabayeva è perché tutta l’editoria nazionale era prona a interessi oleosi, con l’eccezione di Adagio; per questo ricevemmo i complimenti dall’uomo di Bolloré.

Oltre alla tesi della regina, ancor più straordinaria la coincidenza della tesi di Bellavia in merito alla totale (?) assenza dei servizi segreti italiani nella vicenda, tesi che si legge nelle prime righe di “Shalabayeva” e che ho fatto mia, perché mia non è, come avete letto in cima al post.

Bene, terzo punto in comune, il capitolo del saggio intitolato “Fonti aperte”.

Il nostro “Shalabayeva” è un taglia e incolla di fonti aperte internazionale effettuato via Google nel 2013 a pochi giorni della “extraordinary rendition”; nel 2021 la difesa di Cortese, l’avv. Coppi mica pizza e fichi, produce, non accolto, un corposo dossier realizzato dalla Sababa Security teso a dimostrare che dalle fonti aperte dell’epoca non si poteva evincere altro che la natura delinquenziale dell’Ablyazov.

Andiamo con ordine seguendo i fatti.

Nel 2013 costruiamo un pamphlet sulle fonti aperte mediante Google.

I giudici di Perugia, a detta di Bellavia, producono prove circa il “non riconoscimenti dei diritti umani in Kazakhstan” ricorrendo a Google.

Coppi incarica Sababa nel 2021 di dimostrare che su Google nel 2013 si ricavava solo che Ablyazov era un delinquente.

Alt! Fermi tutti. Il maestro insegna che se tre indizi fanno una prova, noi ne abbiamo così tanti che di più non servono. Indizi di cosa se non che abbiamo fatto scuola presso magistrati, avvocati, PS e giornalisti?

Volete l’elenco di poliziotti che mi hanno gentilmente “intervistato” ricevuto il nostro libro infine cercato di persuadere che il passaporto del Centrafrica era falso?

A tutti ho ribadito che nulla avevo a che dire dell’operato della polizia se non che, verificata l’assenza del ricercato, il capo dei cacciatori avrebbe fatto bene a ritirarsi in buon ordine e rimandare la palla ai superiori infischiandosene di passaporti e altro.

Sbaglio o l’ordine era di dare la caccia a Mukhtar Ablyazov? Fosse stato il Bin Laden della situazione che ci azzeccava la moglie?

Bellavia ha ragione a sostenere che Cortese l’abbia pagata per responsabilità non sue, ha torto a sostenere che un cacciatore non debba informarsi sulla natura della preda soprattutto se straniera.

Tanto per dire, ad Ablyazov hanno addossato le rivolte di dicembre gennaio 2021-22 in Kazakhstan che hanno causato un bagno di sangue a opera delle truppe speciali russe, le quali, a detta dello scrittore russo Erofeev sono state stoppate rapidamente dai cinesi che ormai considerano il paese cosa loro; poche settimane fa Xi Jinping ha detto picche a Papa Francesco che lo voleva incontrare ad Astana pardon Nur Sultan; in queste ore Putin ha incontrato Erdogan sempre lì nel tentativo di salvarsi la pelle e intanto Russia e Kazakhstan sono ai ferri corti perché i “turchi puri” che governano il paese si sono sbilanciati verso la Cina avendo compreso che l’autocrate del Cremlino è un morto che cammina.

Non male per un paese che pochi sanno dove si trova, oggi come ieri.

Voglio ricordare che mentre il cacciatore di Bernardo Provenzano non è riuscito a mettere le mani sul kazako, al sottoscritto fu offerto di venire accompagnato a trovarlo in Francia, carcerato, il che qualcosa vorrà pur dire qualcosa.

A Bellavia voglio però riconoscere il merito di avere messo in luce alcune figure interne alle istituzioni che si sono mosse in modo ambiguo, rispondendo forse a interessi altri.

Già, perché la partita giocata in Italia intorno ad Ablyazov ha visto la partecipazione di veri giganti dell’intelligence, dagli israeliani che erano sulle tracce dell’oligarca ai francesi che se ne sono impadroniti.

Fino a oggi nessuno ha spiegato come il ricercato numero uno sia arrivato a Casal Palocco dopo la fuga da Londra né chi lo abbia accompagnato in Francia; nessuno ha chiarito il disinteresse dei servizi italiani, reale o presunto che fosse, e da cosa fosse determinato: sottovalutazione del problema o altro?

Che in Italia siano state riversate caterve di inchiostro non ha toccato le fortune di Angelino Alfano né ha determinato una riflessione pubblica o per addetti ai lavori sul come perché e chi abbia inscenato nel nostro Paese una farsa simile. Ma questo sarebbe possibile se vi fosse una minima unità nei nostri apparati e non una permanente guerra per bande.

Sarà vero che Ablyazov abbia ordinato la morte del suo socio ma davanti al “suicidio” in carcere a Vienna dell’ex genero di Nazarbaev nonché a una scia di sangue che segue la vicenda, fossi Bellavia allargherei lo sguardo nel descrivere la vicenda che altrimenti diventa una questione di caccia al ladro e non uno scontro internazionale per mettere le mani sul paese più importante del mondo.

Non era onere del cacciator Cortese avere il quadro della situazione? Ne vogliamo fare un vittima del sistema e della politica lui che da trent’anni conosce le drammatiche contrapposizioni e scontri?

Vogliamo dire che la partita kazaka è più complessa di quella siciliana e che un bravo cacciatore oggettivamente imbeccato dai servizi israeliani doveva sentire puzza di bruciato dal primo istante e che avendo constatato di essere stato fatto fesso da Ablyazov doveva ritirare le zampe?

Chi ha suggerito al latitante di fuggire prima dell’irruzione, se lo saranno pur chiesto Cortese o Bellavia e chi stava sorvegliando la villa a Casal Palocco dormiva o cosa?

Possibile che gli uomini del Viminale attivati su impulso dell’ambasciatore kazako si siano accontentati delle carte dell’Interpol senza domandarsi quali e quanti piedi non italiani avrebbero pestato?

L’attualità ha dimostrato il peso del Kazakhstan sia quale luogo scelto per le trattative sulla guerra in Siria sia sulla guerra in Ucraina, dove gli attori si chiamano Russia, Turchia, Cina.

Osservo in proposito che Ablyazov da quando è tornato in libertà, protetto dai servizi francesi, parla e rivendica e annuncia sfracelli in Kazakhstan; è per me una piccola soddisfazione sapere che non siamo più soli a osservarlo.

Bellavia è un giornalista che si interessa di mafia da tanti anni, siamo coetanei (1965), come lui ho avuto a che fare con Salvo Palazzolo, sa benissimo come si scrive un libro sul tema e a giudicare dalle pagine e pagine di note che scrive lo immagino rigoroso e puntuale; a differenza del sottoscritto occupa una posizione di potere con svariati privilegi e se avesse voglia di approfondire la questione sa dove trovarci.

Alberto Massari