Fatti non foste a viver come Sangiuliano

“La storia politica e personale di Vladimir Putin è ancora tutta da scrivere. Il personaggio è lontano dall’essere storicizzato, la sua attualità è viva, pronta a riservare sorprese. È un fatto che la Russia sia ridiventata un grande protagonista della geopolitica globale, recuperando il ruolo perso dopo il crollo dell’URSS. ”
Passi di: Gennaro Sangiuliano. “Putin”. iBooks.

“Nell’era Putin, per la prima volta nella sua lunga storia, la Russia è uscita dalla miseria, dal degrado umano dell’alcolismo e ha migliorato l’aspettativa di vita dei suoi cittadini, tra le più basse in Europa nei primi anni Novanta. Ha creato un ceto medio, una borghesia, ridotto la povertà, garantito condizioni di vita migliori per vasti strati della popolazione.
Se è vero – perché certamente lo è – che c’è stata e continua a esserci qualche contrazione delle libertà politiche, ai russi interessa poco, perché gli indici demoscopici indipendenti indicano che Putin ha un gradimento, dell’85 per cento.”

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“Prima di lasciare il Cremlino Putin aveva saldato uno dei conti più imbarazzanti della sua carriera politica: la nomina a presidente della Repubblica cecena di Ramzan Kadyrov, figlio del presidente Akhmad ucciso in un attentato al plastico nel maggio 2004, capo di un cartello di milizie locali molto agguerrito e decisivo per il mantenimento del controllo russo nel Nord Caucaso. «Gente i cui metodi erano stati ampiamente descritti dalla giornalista di opposizione Anna Politkovskaja, uccisa a Mosca in ottobre da una mano misteriosa nella quale molti colleghi intravedono le impronte del neo-presidente ceceno», scrive la giornalista dell’Ansa Beatrice Ottaviano. Mentre prima di essere assassinata la stessa Politkovskaja aveva dichiarato al sito internet israeliano Newsru: «Il mio direttore non vuole che oggi, dopo Beslan, vada in Cecenia, crede sia molto più pericoloso. Sono d’accordo. Il pericolo sono persone che hanno promesso di uccidermi come Ramzan Kadyrov».
Dunque, un personaggio certamente ingombrante per Putin, con non pochi scheletri nell’armadio, capace di creare danni immensi con le sue iniziative, di cui il Cremlino avrebbe fatto sicuramente a meno se non fosse stato necessario a vincere la guerra.”

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Gli italiani dovrebbero meditare sul fatto che il Ministro Sangiuliano in tema di democrazia la pensa come di seguito attribuisce a de Benoist e Dugin, facendosi schermo con Putin: “La contrapposizione fra democrazia rappresentativa e democrazia organica è un tema di vaste dimensioni. Il filosofo francese Alain de Benoist centra la crisi della modernità in questa divisione, richiamando anche la teoria delle élite dell’economista italiano Vilfredo Pareto. Democrazia senza sovranità del popolo, dove la rappresentanza diventa solo un dato formale, perché priva di un’anima culturale e religiosa. E aggiunge: «Cittadini sono coloro che discendono dalla stessa stirpe e che partecipano della medesima cultura. Per il fatto di avere origini e valori comuni, essi ed essi soli sono investiti di eguali diritti politici». Concezioni che riecheggiano le riflessioni di uno dei politologi preferiti da Putin, Aleksandr Gel’evič Dugin, per il quale la democrazia deve essere intesa «come comunità metafisica e sovra-temporale di cui non fanno parte solo i viventi, gli antenati e i non ancora nati». E, infatti, a proposito di Putin, il giornalista Vitalij Tretjakov nel 2000 ha parlato di «democrazia guidata», intesa come condotta da un leader in diretta connessione con il suo popolo.
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Aggiungo che nel 1983 ospitai sulla rivista del mio liceo, “Neopoli”, l’articolo di un giovane membro del Fronte della Gioventù, invaghito di de Benoit, che citava in realazione ai danni che la Scuola di Chicago stava facendo nel mondo; ciò mi valse la visita di esponenti di movimenti di sinistra esterni al liceo che vennero a chiedermi conto del fatto.

Poiché non c’è nulla da confutare circa le farneticazioni di Dugin, ricordo ancora quanto duramente sia stata colpita la sua famiglia, passo a considerare il distacco con il quale Sangiuliano affronta la morte della collega Anna Politkovskaja, realizzando un autogol formidabile, dato che Kadyrov oggi si nutre del sangue ucraino con il placet del Boss del Cremlino. O Sangiuliano ritiene che un ceceno qualsiasi possa ammazzare una cittadina russa senza il consenso del capo?

Se, quando scrive il libro nel 2015, Putin era lontano dall’essere storicizzato, oggi, 2023, siamo vicini a vedere la sua storica caduta.

In definitiva se uno non si vergogna a parlare di “comunità metafisica e sovra-temporale” perché serprendersi se dice cose inappropriate rispetto a Padre Dante?

A Giuliano Sangiuliano, tuttavia, devo riconoscere la perfetta malafede o doppiezza, il che me lo rende simpatico e umano, laddove, citando D’Avanzo e Bonini, autori di una magistrale inchiesta sulle origini delinquenziali del potere di Putin tra mafia di San Pietroburgo e KGB, glissa e la butta in caciara, segno che entro di lui si agita un conflitto tra ricerca della verità (ha pur sempre una laurea in giurisprudenza) e smania del potere.

Siccome non sono nessuno per giudicare, collocare il Sangiuliano tra i “falsari di parola” ovvero tra Sinone e la moglie di Putifarre non me la sento, per quanto…

Alberto Massari