Chissà se Kamel Ghribi è pronto a raccogliere il testimone da Ferdinand de Lesseps?


Dalle coste tunisine partiranno 900mila disperati pronti a tutto?
E perché non 1.100mila? E perché non due milioni se ai giovani tunisini si dovessero aggiungere anche migliaia di nigeriani in movimento? La verità, gentile signora Meloni, è che il fenomeno è fuori controllo e nessuno conosce i numeri di questo terremoto ormai in essere.

Dare annunci sulla portata della marea umana serve relativamente. Si devono prendere iniziative cum-crete. Ci siamo permessi, da alcuni giorni con maggiore insistenza, di suggerire un esempio tra i tanti possibili per fare argine all’alluvione diffondendo, da subito e con segnali cum-creti appunto, la notizia dell’avvio di un grande progetto, promosso dalla Repubblica di Tunisia, dall’Italia, dall’UE, dalla Banca Mondiale, da chi volete voi, per dare lavoro manuale, semplice nel suo avvio cantieristico, quasi uno step “artificioso” per giustificare la distribuzione di denaro e in quel momento deviare il flusso degli illusi.

Invece di far arrivare i disperati ad imbarcarsi, provate a mettere in moto la costruzione di luoghi di reclutamento (torno a dire che ci vuole pochissima manualità per essere onestamente assunti) dalle parti di Gabes e dintorni e di Tozeur. Intanto solo il passa parola della speranza di un lavoro “in” Tunisia genererebbe uno stop alle partenze e la nascita di un’economia spontanea intorno ai futuri cantieri. Mentre si prende tempo (ma si comincia ad assumere e addestrare le maestranze) si avvia, a tariffa sindacale minima tunisina (avrete queste informazioni o anche queste ve le devo dare io gratuitamente?), non solo il freno all’immigrazione verso l’Europa ma si mette in moto il fine di una immigrazione razionale nella stessa Tunisia da sud a centro.

Il progetto di creare una nuova regione intorno ad un lago salato (grande come almeno metà del Lazio) e comunicante col Mediterraneo, può essere annunciato (fate annunci di ogni tipo provate a fare questo) e così dare il tempo necessario a delineare il conto economico del vero e proprio progetto imprenditoriale.
Direi che invece di consegnare ai corrotti di turno (e ai loro amichetti nelle istituzioni internazionali italiani compresi) i soldi (tantissimi perché si parla di miliardi di dollari/euro) li si debba far affluire (tra poche ore qualche milione verso almeno lo studio di fattibilità) e nei giorni successivi (ho scritto giorni) verso i luoghi di reclutamento della manodopera. Luoghi di reclutamento sorvegliati dall’Esercito tunisino e da altre professionalità utili a tale fine.

Si deve pensare ad un cantiere (in realtà a più cantieri che si aprono anche in località destinate in futuro ad essere modificate dal vero progetto) con finalità tampone e sosta obbligata. In realtà sono cantieri che mettono in moto, da subito, una cultura della sicurezza sul lavoro fortemente manualizzata. Cominciate a mettere in atto delle calamite ben attrezzate (villaggi con tende, cucine, tanta capacità di produrre da subito buon cibo e acqua, servizi igienici e ospedali da campo) e vedrete che i flussi della disperazione si deviano e cambiano, in tutti i sensi, il clima.

Tenete sempre conto che solo il 9% degli aventi diritto è andato a votare e che i gruppi jihadisti sono alacremente al lavoro anche da quelle parti. Un vero piano umanitario per le prime cinquanta/sessantamila persone che dopo poche settimane cominceranno “a lavorare”. Intorno a questi primi lavoratori si metterà in moto un secondo giro (e poi un terzo) di altri che sogneranno di non lasciare più la patria. Se erano pronti a spendere migliaia di dinari per imbarcarsi su battelli insicuri perché non dovrebbero fermarsi a sperare anche con qualche soldo in tasca?

Capisco che il mio modo di suggerire può sembrare ingenuo e in quanto tale impraticabile ma, sentite a me, è il non provarci che, viceversa, butta nel deserto (non ci sono ortiche) le ripercussioni positive del mettersi a scavare un mare/lago di 7.000 (o di più?) chilometri quadrati. E poi sognare scuole, scuole, scuole da quelle alberghiere alle fabbriche per i tessuti per gli asciugamani negli alberghi. Perché i vantaggi in termini di sicurezza non ci saranno solo durante i cantieri ma a realizzazione avvenuta.

Ho detto che si deve avviare subito il pre-progetto tecnico dell’iniziativa perchè solo così da cosa nascerà altra cosa, lasciando in coda (ma nel frattempo si prende tempo e si fermano i giovani pronti a venire anche a nuoto) il vero piano di fattibilità.
Certo che mi immagino che prima di far entrare nel Sahara il Mediterraneo partendo dal Golfo di Gabes, si dovranno fare ben altri studi di rischio ambientale che fidarsi esclusivamente dell’intuizione di Ferdinand de Lesseps (anche se non era certo un cazzone!) o di Antonio de Martini, ma dico che se nel frattempo facciamo sognare (sia pure a pagamento) decine di migliaia di tunisini e nel farlo non faremo un soldo vero di danno. Anzi.

Possibile che (faccio un nome tra i possibili) Kamel Ghribi non se la senta, ancora patriota tunisino, lui che, da giovane, nella sua terra, ha prima sognato quando era povero (poi la vita gli ha offerto una chance), di scommettere una fiches su quello che fu il progetto irrealizzato di Ferdinand de Lesseps? La sanità è l’ovvio. Ma io parlo di un gesto che vada oltre la sanità.
La Tunisia sta per vivere un dramma perché è senza un vero disegno strategico.
Gli chott, dopo l’intuizione di De Lesseps, sono rimasti opportunità inesplorate.
Vediamo se il testimone lo raccoglie Kamel Ghribi.

Oreste Grani/Leo Rugens inguaribile ottimista.