E se finisse come Sadat?

Quel 6 ottobre del 1981 Putin se lo ricorda bene innanzitutto perché non aveva nulla di importante da fare, poi perché ogni dittatore che si rispetti ha la paranoia di che cosa possono fare gli ufficiali quando si sono stufati e hanno capito che il capo è debole e sputtanato.

Bazzicando tra un albergo e l’altro a San Pietroburgo, un paio di mesi prima, per prendere nota degli stranieri presenti in città si era imbattuto in una signora americana, di nome Amy, astro nascente dell’intelligence americana in visita della città. Invidioso della libertà ma pensando soprattutto al denaro e alle comodità della vita occidentale, ligio al suo mandato, la approcciò spacciandosi per un russo che ammirava gli Stati Uniti, ne ricordava con stima l’aiuto militare fornito durante la Grande guerra patriottica, oggi 9 maggio ne ricorre la celebrazione della vittoria, insomma, fece anche qualche avance molto delicata fino a quando la signora lo congedò con una scusa gentile.

La rivide una settimana più tardi per sondare se vi fosse la possibilità di rimediare qualche soldo offrendo delle informazioni di alcun conto ma il tentativo maldestro fu stoppato dalla signora che valutò, erroneamente ma correttamente, di avere di fronte un agente di nessun peso e ruolo; peccato, la storia sarebbe potuta andare in un’altra direzione. È andata veramente così?

Ogg, 9 maggio 2023, venti città russe hanno annullato le celebrazioni della vittoria, non era mai successo, mentre i maligni analisti occidentali insinuano che le ragioni di sicurezza non riguardano improbabili attacchi o attentati ucraini, bensì possibili proteste o, aggiungo io, provocazioni in “stile italiano”, molto apprezzate negli effetti ottenuti dai tempi dei finti attentati di veri ceceni prezzolati dai servizi. Cosa di meglio di un paio di bombe da fare esplodere durante una adunanza di patriottici cittadini russi per suscitare una ondata generale di indignazione?

Ogni volta che penso a figure appartenenti alle istituzioni macchiatesi del sangue dei concittadini che dovevano difendere – e che pagavano il loro stipendio – mi domando come sia stato possibile che nessuno abbia avuto la forza di togliere di mezzo con ogni mezzo i loro controllori: misteri degli apparati.

L’immagine del palco delle autorità falciato dai colpi delle armi automatiche, il generale seduto che teneva sollevato il moncherino del braccio troncato sopra il gomito sono l’emblema di un mondo a parte anzi delle dinamiche di una “casta” della quale è difficilissimo descriverne i fini per il rischio di sconfinare nel letterario o nel metafisico quando poi i protagonisti del male appaiono alla luce del sole miserevoli figure, mai all’altezza delle loro vittime, con le debite eccezioni.

Il 9 maggio (1978) è anche la ricorrenza dell’assassinio di Aldo Moro, che il compagno Dario detestava più di tutti.

Mi accorgo solo oggi che esattamente un anno fa, una grande giornalista italiana sottolineava la coincidenza delle due date: Maria Antonietta Calabrò.

W. Krivitsky