La Liguria potrebbe passare, scegliendo quale Governatrice la funzionaria di partito (di lungo corso) Raffaella Paita, dalla padella nella brace

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Raramente ho visto il giornalista del Il Fatto Quotidiano, Andrea Scanzi, così incazzato. In effetti, bisogna capirlo: il 13 gennaio sera, infatti, a “Otto e mezzo” di Lilli Gruber, aveva davanti la rappresentazione vivente del più sfacciato trasformismo renziano: Raffaella Paita, vincitrice delle primarie del PD indette per individuare il candidato alle imminenti elezioni regionali che si terranno in Liguria.  Anzi, più che del trasformismo direi che, l’esperta funzionaria di partito (oggi spacciata per il nuovo che avanza) mi sembra essere, la massima espressione del “gattopardismo piddista”, quella abilità un tempo solo “siciliana” ed oggi fortemente interiorizzata e professata anche da Matteo Renzi e dai suoi più stretti collaboratori.

Vi diciamo perché condividiamo le preoccupazioni di Scanzi.

La Liguria, di cui la signora potrebbe, tra pochi mesi, divenire “governatrice”, è da sempre uno dei territori prediletti dalle ecomafie, soprattutto quelle a connotazione internazionale. Questo sex appeal della Liguria è dovuto, principalmente, alla posizione geografica, a “doppia croce” (sud/nord), che caratterizza questa porzione d’Italia. Si può leggere in Leo Rugens:

In Liguria piove e si diffonde la povertà ma non per la criminalità che anzi è pronta a “usurare” i commercianti e gli imprenditori disperati.

Il filo rosso/nero che lega la Calabria e la Liguria tiene l’Italia intera soggiogata

Ripartiamo dai porti per liberare l’Italia dal malaffare politico e dalla criminalità organizzata. Il M5S vince nei comuni strategici di Civitavecchia e di Livorno

Giovanni Berneschi: “Se parlo io viene giù il palazzo”. Accontentiamoci che ci parli delle 4 B: Berneschi, Bagnasco, Bertone, Burlando

L’intercettato di turno: “Tu non puoi regalare soldi al Papa! A me non me ne frega un c…o del Papa”. Come leggete, siamo in presenza (e in ascolto) di un gran credente

Ribadiamo. Ma che uso ha fatto Scajola dei Servizi Segreti quando era Ministro dell’Interno?

La tragedia di Genova è la tragedia della politica italiana

Scajola ha in pugno il cocainomane Minasso! Attenzione: i servizi segreti e la sicurezza nazionale non sono cosa propria

Don_Gallo

Alla luce di queste considerazioni, riteniamo molto delicata la scelta di chi prenderà in mano la “cosa pubblica” ligure, tanto da valutare quanto sta per accadere (accordo renziani/scajoliani/burlandiani perché “nulla cambi“) questione che dovrebbe riguardare (se esistesse) la Strategia di Sicurezza Nazionale. Questo perché la Liguria non è stata solo quel luogo osceno di mala amministrazione e di assenza di protezione del territorio dal punto di vista idrogeologico che tutti sanno (spero che nessuno – almeno questo – lo voglia mettere in discussione) ma è apparsa, negli ultimi quarant’anni, dal punto di vista della penetrazione della criminalità organizzata internazionale, un vero colabrodo. La signora (con suo marito Luigi Merlo! Presidente del porto di Genova) sono espressione politica ed amministrativa delle scimmiette liguri (è una specie particolarmente cieca, muta, sorda e… quindi, oggettivamente complice del malaffare) che, da quarant’anni appunto, lasciano fare scempio di Genova, Imperia, Savona, La Spezia e di ogni altro porto funzionale ai traffici di chi di dovere. Cioè mafia, camorra, ‘ndrangheta alleate con abili operatori cinesi e nord europei. La Liguria è talmente “zona delicata” che nella concezione (eccessiva?) di Leo Rugens, il Governatore o la Governatrice della Liguria, dovrebbe essere persona dotata di uno specialissimo NOS il cui significato sostanziale di questa nostra ipotesi è che nulla dovrebbe esserci, neanche un’ombra (come si diceva un tempo), a condizionare i livelli di affidabilità del soggetto preso in esame. Difficile che sia così nel caso di gente che, da sempre, ha le mani in pasta rispetto a tutto quello che si è determinato nella regione. Ai suoi tempi, Burlando fu anche arrestato e, difficilmente, dietro al più recente “caso Carige”, oltre ai cardinali (a loro ci sta pensando Papa Francesco) non ci sono stati anche “vantaggi per il mondo partitocratico”. Partitocrazia a cui, è certo, la signora appartiene. Lei e suo marito. Lei e il suo mentore Burlando. Sono tutte persone che hanno vissuto solo e a pieno tempo dei proventi e dei vantaggi del appartenere alla casta partitocratica. Ritengo, ora che sono andato con la mente a quanto la mia regione (ho vissuto sette anni a Genova e la Liguria la sento anche un po’ mia) sta per subire, di ritenere che Scanzi si è incazzato anche troppo poco.

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Al sempre documentato ed appassionato giornalista quindi riportiamo alla mente, nella speranza che gli possano essere utili, alcune pagine (95/96) del volume “Economia Criminale” di Roberto Galullo – Il sole 24 ore: «La terza e ultima storia la scrivono un politico e un magistrato. Anche loro sono una coppia. Ma non lo sanno. Entrambi sono uniti da una passione: la lotta per la pulizia morale, conditio sine qua non per la prevalenza delle regole, della disciplina e, dunque, della supremazia della società e dell’economia sana su quella criminale.

Il primo è il politico Massimiliano Costa, già vicepresidente della Regione Liguria. Nella newsletter che spedisce regolarmente ai suoi simpatizzanti – lui è del Pd – il 25 settembre 2009 scrive letteralmente a proposito dell’approssimarsi delle primarie della sua coalizione: “I congressi degli iscritti, in molti casi, hanno evidenziato tutta la loro inutilità. Pochissime persone a discutere, molte ore di apertura dei seggi, molti votanti a cui, in molti casi, veniva persino consegnato il fac-simile di scheda (mozione Bersani) perchè ignari di ciò che stavano a fare. Molto triste verificare che le nostalgiche operazioni di partiti dell’altro secolo non tramontano mai!

Pesantissima la situazione a Genova ove lo stile mafioso di funzionari stabilitisi decenni or sono impedisce la democrazia vera, inutile raccontare gli eventi, ma sono tristi, tristi davvero“. Mai, prima di allora, era accaduto che un dirigente di partito ligure mettesse nero su bianco “lo stile mafioso di funzionari” di partito. Oltretutto Costa non arretrò di un millimetro dopo quel comunicato e incassò dai suoi stessi compagni di cordata tiepidissime reazioni. La forza di reagire alle accuse, evidentemente, la dà solo una forza uguale e contraria negli argomenti da spendere. Il Governatore della Regione Claudio Burlando parlerà di “eccessi verbali”, mentre il suo collega di partito Andrea Orlando inviterà “Dario Franceschini (all’epoca segretario del Pd) a prendere le distanze”.

Considero questo episodio – al di là del merito delle accuse che non competono a chi scrive – di una gravità assoluta perché rende l’idea di un’assuefazione sociale a metodi che dovrebbero invece restare quanto più lontani dalla politica. E quando emergono niente altro sono che la spia di un malessere diffuso e, dunque, di una inconsapevole presa di coscienza.

E c’è un altro nome, un’altra faccia e, dunque, un’altra storia che rischia di dimostrare come la linea della palma (ri)descritta da Leonardo Sciascia a Giampaolo Pansa nel 1970 (vale a dire l’inarrestabile risalire delle mafie verso il Nord così come la palma non cresce e si sviluppa più solo in Africa) sia ormai non solo giunta a lambire ma addirittura a superare ogni latitudine e longitudine. Il nome e la faccia sono quelle del capo della Procura della Repubblica di Sanremo, Roberto Cavallone. In un servizio pubblicato da Venerdì di Repubblica il 12 febbraio 2010  si legge la seguente dichiarazione a proposito delle imprese incaricate di demolire manufatti abusivi: “Non si trovano ditte che vogliano eseguire i lavori. Siamo stati costretti a contattare l’Esercito”.

La stessa cosa – forse lo sapeva Cavallone, forse no – più o meno nello stesso periodo stava facendo il suo collega Salvatore Vitello, da pochi mesi capo della Procura della Repubblica di Lamezia Terme, capitale mancata della Calabria e del suo sviluppo socio-economico. Di fronte al fuggi fuggi generale di imprese e ditte che avrebbero dovuto cominciare ad abbattere centinaia di case e immobili abusivi in una città letteralmente dominata dalla ‘ndrangheta e dalla massoneria deviata che di quella indegna speculazione edilizia è artefice e protagonista con la politica inquinata, si era rivolto, con successo, al Genio guastatori di Palermo (si approfondirà il tema nel capitolo sulla Calabria). Genova, Liguria-Lamezia, Calabria: la linea della palma italiana si è già alzata da tempo. Se ne sono persino accorti la politica e la magistratura.»

Statua di Giuseppe Mazzini, Pisa

Statua di Giuseppe Mazzini, Pisa

Questo è l’ambiente (non siamo per Massimiliano Costa che non conosciamo e che potrebbe essere, a sua volta, altro da ciò che appare) in cui, alcuni anni dopo, dovrebbe maturare il cambiamento renziano?

Scanzi si è incazzato troppo poco. O, piuttosto, la signora Paita si è salvata da quattro sonori schiaffoni (metaforici, ovviamente) solo perché non era presente in studio, avendo scelto di rimanere, lontana e ben protetta, nella sua Genova.

Oreste Grani/Leo Rugens


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