Luttwak un cagliostro in sedicesimo. Tanto per rimanere in tema di libri

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Cagliostro

 

Quando ho cominciato a sapere dell’esistenza di un tale Edward N. Luttwak, alcuni di voi, andavano, forse, alle scuole elementari. Altri erano adulti ma ritenevano che gli asini sapessero volare. Altri ancora erano impegnatissimi ad attaccare, sempre gli asini, dove il loro padrone di turno voleva. O, peggio, ritenevano di sapere dove lo volesse vedere scalciare appeso al soffitto.

Nonostante sapessi della sua esistenza, sin dal 1970  (lessi il suo “Colpo di Stato” editato da Longanesi nel lontanissimo 1969 perché mi interessavo di “colpi di stato” tentati o meno dal vero anche nel mio Paese), dico subito che non lo avevo mai ascoltato dal vivo, limitandomi a leggere i suoi libri e a vederlo, spesso, in televisione. Ieri, galeotto proprio un libro (si presentava a Villa Blanc una delle sedi della Luiss, l’ultima fatica di Aldo Giannuli “Come i servizi segreti stanno cambiando il mondo”) ho potuto, alla fine, vederlo all’opera.

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E mi ha fatto l’effetto che non poteva non farmi: un “cagliostro” dilettante. Poco rigoroso dal punto di vista dei riferimenti al libro che, forse, aveva letto e, per il resto, banalmente impegnato in uno continuo sforzo seduttivo e ammiccante nei confronti della sala. Mi è sembrato (ma chi sono io per avere queste sensazioni?) che avesse in mente esclusivamente Lorenzo Guerini (PD) presente tra gli invitati nella sua veste di Presidente del COPASIR. Una vera delusione. Vecchie storie come quella delle lavatrici a bordo delle portaerei (nel mio caso erano classe Forrestal Cv 59 o USS Essex Cv -9- così sapete quanti anni posso avere) o del telefonino di cui dotarsi, scelto essenziale nelle sue funzioni, cacciato di tasca tanto per supportare, teatralmente, la leggenda di un suo professionismo. Almeno lo avesse estratto da una guaina inibente (un busta di pelle che in realtà scherma i segnali e che chiunque oggi si può procurare anche scrivendomi) come ormai banalmente ci si aspetta da uno scaltrone navigato. Fastidioso e spiacevole, come è stata la scortese battuta nei confronti di Aldo Giannuli e del suo eventuale dilettantismo nel campo degli spioni. A cui è stranoto Giannuli non appartiene ma ne scrive. Da storico. Mondo a cui Luttwak, invece, da troppi anni, con questi atteggiamenti, sembra volersi “iscrivere”.  In realtà mi ha fatto l’impressione di un paraculo  ambiguo come tutti gli aspiranti agenti d’influenza del mondo. Lui un po’ più furbo e avido di altri. Ma chi oggi, che operasse con serietà e amor di patria nell’ambiente (se esistesse un ambiente serio) si fiderebbe di Edward N. Luttwak, figura “bruciata” da sempre nei luoghi di pensiero strategico? Basterebbe ricostruire dove e con chi ha studiato (conosce ovviamente anche l’ebraico) per non fidarsi di lui e delle sue teorie di cui ha fatto, nei decenni, solo commercio. Quando erano sue.

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Cosa ultima ma non ultima: detesto gli uomini con i piedi per terra (questa è la sottotitolazione del blog) e in particolare modo quelli che, pur conoscendo il latino (ma essendo “rumeno” di nascita prima e poi un po’ italiano come poteva non conoscerlo?) parlano della concretezza come di un valore, rimuovendo l’etimologia (e quindi il valore) della parola che è appunto “cum+crescere”. Cioè crescere nella reciproca piacevole contaminazione. E che minchia c’entra (Luttwak ha soggiornato perfino a Palermo per cui dovrebbe sapere cosa scrivo quando mi riferisco alla minchia) la “concretezza” con l’invasione (veramente da ricovero coatto) della Libia, evocando 40.000 armati che l’Italia (dovrebbe saperlo il saputello arcigno) non possiede se si contano quelli che sanno realmente fare il soldato ed imbracciare un arma sofisticata. Cazzate, minchiate, prese per il fondelli. E per dire cazzate, minchiate, prese per i fondelli, voleva pur essere pagato come in esordio è stato capace di dire alludendo all’assenza di un gettone congruo. Ma uno che dice cose con quella superficialità ormai dovrebbe pagare per essere invitato a commentare il lavoro di uno storico. Come sanno bene i miei quattro lettori e mezzo stimo molto Giannuli. E non da ieri sera. Possiamo avere opinioni diverse sul M5S (io nella mia semplicità ovviamente e lui forte di quanto ha fatto e studiato) ma non mi sentivo a mio agio nel vederlo seduto in tale ambigua compagnia. Ambigua e noiosamente saccente. Saccente e scortese. Dimenticavo: ci è toccato sentire parlare Luttwak  di Matteo Renzi  (PD) come se fosse stato uno statista incompreso da un popolo (voi) che non lo meritava. Come potete immaginare non è questo post la cornice di ragionamento pacato che merita il lavoro scientifico di Giannuli. Ci sarà tempo. E soprattutto non volevo mischiare una cosa con un’altra. Forte della mia marginalità e incompetenza ma anche da uomo libero come mi ritengo di essere. Uomo libero che tra l’altro ha il ricordo certo di quanto, grazie al lavoro di Susanna Creperio Verratti (Il Libro delle Libertà), Luttwak sembrò saper pensare e scrivere  in tema di libertà.

Oreste Grani/Leo Rugens

il libro delle libertà