IRAQ: Daesh ritorna grazie al Covid
Muhammad Tawfiq Allawi non è riuscito a formare un governo, e dopo di lui ha fallito anche Adnan al Zorfi, il primo si diceva vicino agli ambienti iraniani il secondo a quelli statunitensi. Il problema iracheno sono gli ambienti interni, i blocchi sciiti e il settarismo. La palla ora è passata a Mustafa al Khazemi, numero uno dei servizi segreti che prima di accettare l’incarico ha chiesto alcune rassicurazioni che sono arrivate ma al solito non si sa se verranno rispettate. Nella sua compagine di governo ha fatto sapere di voler rispettare la “meritocrazia elettorale” ovvero ministeri concessi in base alle quote di voti ottenuti: 11 ministeri agli sciiti, 6 ai sunniti, 3 ai curdi, 1 ai turkmeni o ai cristiani. D questi al Khazemi ha chiesto piena libertà per scegliere alcuni ministeri: Interni e Difesa. Per gli sciiti la difficoltà sarà scegliere il ministero del petrolio e dell’energia, entrambi contesi tra i blocchi sciiti. Mentre per i sunniti lo scannatoio politico avverrà, come sempre, sul ministero per l’Educazione. I curdi al solito chiedono rassicurazioni sulle rimesse economiche derivanti dalla vendita del petrolio, che ora è praticamente azzerata, nonché una certa indipendenza politica per la regione del Kurdistan iracheno.
Ovviamente i ministeri dell’Interno e della Difesa li vogliono tutti e molto spesso per averli i blocchi fanno offerte monetarie, secondo account locali non verificabili, la carica vale fino a 50.000 dollari americani. Mustafa al Khazemi ha negato che fosse in vendita. Al Khazemi a differenza dei suoi predecessori ha in pancia la conoscenza di tutti gli altarini, compreso chi ha portato alla morte di Qassem Soleimani e Mahdi al Muhandis, il primo leader della Guardia Rivoluzionaria Iraniana, il vicecomandante, ma di fatto il numero uno delle milizie sciite pro Iran in Iraq. Entrambi uccisi da raid USA il 3 gennaio 2020.
Nonostante questo Al Khazemi non ha in pugno il grande vecchio della politica irachena Nouri al Maliki che come al solito trama alle spalle di tutti. A lui si deve il fallimento di Muhammad Tawfiq Allawi, per motivi personali e a lui si deve il siluramento last minute di Adnan al Zorfi troppo vicino alle istanze statunitensi. Argomento che non tratteremo ma che ovviamente è ogni giorno sui media iracheni è la crisi del costo del petrolio ed è normale per un paese che per l’80% vive di rimesse dal petrolio. Che ha già previsto una revisione di legge di bilancio e non sa come affrontare i prossimi mesi vista anche al chiusura parziale di molte aree irachene.
E mentre la politica irachena è ripiegata sulle sue debolezze di avidità, stupidità e collera, in Iraq oltre a COVID – 19, che secondo i dati ufficiali non conta più d 2000 contagi, a ritornare in gran forza Daesh.
Due argomenti COVID -19 e Daesh legati ta loro e che la politica irachena al solito, fa finta di non vedere.
Il primo richiederebbe molta più attenzione in alcuni quartieri di Baghdad, quelli dove sono presenti le strutture COVID -19; Babilonia e al Muthanna da dove i governatori hanno lanciato l’allarme chiedendo esplicitamente aiuto al governo centrale. Secondo account locali, non verificabili, l’Iraq possederebbe 200 respiratori per 40 milioni di abitanti. Unici aiuti, almeno stando alla stampa sono quelli cinesi, tre aerei cargo arrivati a distanza di poche settimane. Non solo da Muthanna sono arrivati i militari per Ninive per controllare gli accessi alla città di Mosul, chiusa per COVID -19, e già tre di loro sono stati rimandati a casa perché affetti da COVID – 19. Questo vuol dire che la nuova Spagnola ora è certamente anche a Ninive.
Najaf e Kerbala hanno pagato il prezzo di essere mete di pellegrinaggio, e quindi i primi contagi sono arrivati dall’Iran che fino al giorno di chiusura valichi sono stati aperti hanno registrato ingressi di pellegrini a volte infetti. Anche in questo caso, account locali non verificabili, parlavano dell’arrivo di turisti sciiti fino al 20 marzo.
La regione di Wasit, paga la vicinanza con l’Iran in particolare con la città di Qom, sede fino alla chiusura dei confini di tutte le riunioni tra milizie sciite irachene pro Iran indette da Muqtada al Sadr proprio a Qom. Inoltre si sa che Wasit ospita, purtroppo un giro di traffico e produzione di droga notevole tra Iraq e Iran.
Infine ci sono le città care a Daesh: partiamo da Diyala che è stata chiusa per molte settimane per via di COVID -19, in alcune località come Abu Saida, sede di conflitti tribali e molto cara a Daesh è stato deciso il coprifuoco e la chiusura della cittadina. Daesh ne ha subito approfittato per compiere una serie di attentati. Cosa che ha regolarmente fatto a partire dai primi giorni di coprifuoco a: Kirkuk, Salahuddin, Diyala, Mosul sud (Ninive), Tal Afar (Ninive) Baghdad nord (Tarmiyah), Babilonia (Jufra Al Sakhar), deserto dell’Anbar (area di Ramadi e ar Rutbah) e ovviamente dove non ha mai smesso gli attacchi sulla catena montuosa dei monti Hamrin (Diyala) e monti Makhoul nella regione di Erbil.
La nuova tecnica di Daesh, avendo a disposizione meno soldi rispetto al 2014 e meno uomini è la seguente: attacco con cecchino nelle caserme isolate della polizia federale, esercito iracheno regolare, PMU, altre milizie; uccisione di almeno un militare, fuga degli altri militari dalla caserma con mezzi che finiscono su IED piantate da Daesh precedentemente sulle strade di accesso o fuga dalle caserme.
In tutto normalmente 6 uomini bastano per attaccare caserme e quartier generali militari. Se per caso qualcuno si barrica nelle caserme arriva la “tecnica” con montato un cannoncino che spara a raffica fino a completare lo sterminio degli occupanti. L’obiettivo di Daesh è distruggere le telecamere termiche che possono costare fino a 20.000 dollari l’una e che servono proprio per avvistare l’attività di Daesh che da quando non ha più un territorio è itinerante. Il fine settimana tra il 18 e il 19 aprile Daesh ha mandato in fumo 500mila dollari di telecamere termiche, che non solo sono un danno economico, ma lasciano ciechi i militari la notte, momento utilizzato da Daesh per gli spostamenti. Questa strategia è utilizzata moto nelle regioni di Diyala e Kirkuk. Molte IED vengono poi piazzate sulle strade di pattugliamento dei militari o sulle strade principali come quelle tra Diyala e Tikrit. Queste tecniche sono le stesse utilizzate anche per la regione di Ninive cui vanno aggiunte le così dette case “trappolate”, ovvero piene di esplosivo, quando gli ufficiali entrano a casa, dopo una giornata di lavoro, e accendono la luce: esplodono.
A Salahuddin è più spesso utilizzata l’imboscata contro pattuglie a piedi e sempre usate le IED. A Salahuddin spesso gli uomini di Daesh attaccano case dei capi villaggi o degli sceicchi, ovvero di quelli che pagano le milizie tribali per proteggere i villaggi da Daesh e, in questo modo, si assicurano piccoli villaggi con il terrore e cominciano ad avere dei territori controllati soprattutto per il rifornimento di cibo, a acqua e carburante.
Infine abbiamo la vasta regione dell’Anbar dove Daesh predilige l’abbandono di mezzi carichi di esplosivi da utilizzare quando servono contro convogli militari, o IED.
I monti sono i luoghi che nascondono da sempre le cellule Daesh, cellule che stanno proliferando anche grazie alle liberazioni da parte di Assad di detenuti, prassi tipica per il periodo del ramadan, e la stessa cosa la sta facendo Mahdi in Iraq e ancora per la fuga di elementi dalle prigioni siriane dove sono confinati gli uomini Daesh. E ancora grazie alle donne di ISIS che via Sinjar grazie ai trafficanti di esseri umani, “al gabbio” ne sono finiti già tre, si ricongiungono con i figli a carico ai mariti o ai futuri mariti. Nello Stato Islamico, “sconfitto dalla coalizione internazionale”, le famiglie Daesh sono sempre ricostituite. Le vedove con figli vanno in mogli ad altri combattenti, e insieme crescono i figli che al 13esimo anno di età sono pronti per andare in guerra.
Tutto questo è ben noto alle autorità. La scorsa settimana il parlamento ha tenuto una riunione di emergenza chiesta dai parlamentari di Diyala per affrontare la situazione.
Numerosissime le operazioni nel deserto dell’Anbar, per esempio, e che tuttavia non hanno particolare successo, anzi secondo account locali non verificabili sarebbero più scorribande contro i sunniti che subiscono doppiamente: il dominio di Daesh con la violenza e la violenza delle milizie sciite perché considerati vicino a Daesh.
A Salahuddin sui monti Makhoul e sui monti Hamrin molto spesso le operazioni sono congiunte tra forze anti -terrorismo e, a seconda della zona: con polizia federale, milizie sciite, esercito, sono coadiuvate dagli aerei delle forze internazionali. E per quanti attacchi vanno a buon fine, nascono altrettante cellule. Il fatto è che andando via i militari stranieri, e tolto l’esercito iracheno per via del COVID – 19 dalle località calde, Daesh ha riattivato tutte le sue cellule.
Un monaco buddista Nichiren Daishonin, (1222- 1282) vissuto in un periodo molto tumultuoso per via della carestia, epidemie e guerre, in uno scritto, Parole e frasi di T’ien T’ai scrive: “Poichè la collera cresce di intensità, si scatenano i conflitti armati. Poiché l’avidità cresce di intensità, sopraggiunge la carestia. Poiché la stupidità cresce di intensità, scoppiano le epidemie”.
Di Gertrude Bell & Elijah Baley