Rita Levi Montalcini è morta, lunga vita a Rita / Tutti hanno intensificato lo spionaggio economico, senza tralasciare quello militare, tranne noi
La morte di Rita Levi Montalcini non ci ha colto di sorpresa. Alla soglia dei 104 anni che avrebbe compiuto il prossimo aprile cosa ci potevamo aspettare?
Ora che la sua splendida mente ha smesso di illuminare la strada a migliaia e migliaia di scienziati saranno il suo pensiero e il suo lavoro a continuare l’opera. Nulla può fermare il progresso scientifico che la Signora ha contribuito ad accrescere. Le sue scoperte, i suoi brevetti, la sua passione, le parole che ci ha regalato e che il web ha diffuso a centinaia di migliaia di individui accompagneranno le donne e gli uomini, scienziati o meno, fino a quando altre scoperte, figlie della ricerca di Rita Levi Montalcini, non spingeranno l’umanità ancora più avanti. Di sicuro nulla potrà comunque obliare il suo grande ingegno.
In questa occasione voglio ripubblicare un post nel quale affronto alcuni aspetti critici legati allo stato della ricerca in Italia. E dispiace dirlo, ma sono legati alla EBRI, la fondazione voluta dalla Signora Rita Levi Montalcini.
Oreste Grani
Da anni elaboro un’idea di intelligence culturale che comprende tra le aree di interesse strategica la ricerca scientifica.
A mio avviso, tra le diverse iniziative che l’intelligence deve intraprendere in questo settore, vi è quella di investire su partner istituzionali e privati in vista di una prevenzione culturale e della costruzione di reti di collaborazione su temi sociali, che svolgano una funzione di “sentinelle” nel territorio.
Per tutelare, infatti, gli investimenti pubblici e privati nella ricerca scientifica, è necessario innanzitutto vigilare affinché il partimonio costituito da brevetti, risorse umane e know how non prenda il volo per lidi stranieri, gratis o per “du’ piotte”.
Se, miei cari venticinque lettori, avrete pazienza e piacere di leggere le righe seguenti capirete cosa intendo e comprenderete il mio schifo al pensiero che, mentre Fiorito e la cricca della Polverini se magnavano i soldi pubblici, gli “intelligenti” cinesi si compravano decenni di sacrifici della Signora Levi Montalcini per una manciata di perline di vetro.
Montalcini, finanziamenti cinesi per continuare la ricerca all’Ebri
CON la Cina si è aperta una buona prospettiva di collaborazione, anche se è un po’troppo parlare di salvataggio o acquisto dell’Ebri da parte dei cinesi. Il commissario dello European Brain Research Institute, fondato da Rita Levi Montalcini, ci tiene a spiegare bene quello che è accaduto nell’istituto. Allora. Dall’inizio del 2010 Giuseppe Nisticò, ordinario di Farmacologia a Tor Vergata, è commissario dell’Istituto di ricerca, dedicato al cervello e al sistema nervoso. Le condizioni della struttura, già affetta da una pesante carenza di fondi, sono andata aggravandosi un anno fa, quando la Fondazione Santa Lucia, che la ospita nei suoi locali, ha tentato di sfrattarla (atto momentaneamente scongiurato ma che obbliga l’Ebri a cercare un’altra ubicazione). Il ministro Gelmini, per sventare la vergogna internazionale di veder chiuso il centro della Montalcini, fu costretta a un finanziamento straordinario. Come se non bastasse, in febbraio sono arrivate le polemiche dimissioni del direttore scientifico Piergiorgio Strata, neurologo di fama internazionale, che rimproverava la stessa Nobel di scarsa lungimiranza gestionale. A questo punto sono arrivati i cinesi. «In luglio – spiega Nisticò – una delegazione della Xiamen Bioway Biotech LTD venne a Roma in visita alla professoressa Montalcini per esprimerle ammirazione e gratitudine per la scoperta del NGF (Nerve Growth Factor (la proteina essenziale per lo sviluppo del sistema nervoso, che è valsa il Nobel alla Montalcini, ndr), da loro messo in commercio in Cina». In quell’occasione è stata avanzata dai cinesi la richiesta di utilizzare il knowhow dell’Ebri e di preparare un programma di collaborazione scientifica su analoghi dell’NGF, soprattutto per meglio comprendere i meccanismi molecolari della proteina, tema che rappresenta la missione principale dell’Ebri.

Schermata tratta dal sito istituzionale della Xiamen Bioway Biotech LTD nel quale si pubblicizza il Nobex, primo farmaco al mondo basato sull’NFG scoperto dalla Signora Levi Montalcini
Un’affiliazione che certo rappresenta una boccata d’ossigeno per la fama e il portafogli dell’Istituto. Ma non si tratta certo di somme da capogiro, soprattutto se si pensa agli ingenti costi di questo ambito di ricerca. «Agli inizi di agosto – racconta Nisticò – è stato firmato un accordo di collaborazione scientifica per 390mila euro l’anno, per un periodo di cinque anni». Poco meno di 2 milioni di euro in totale. Oltre all’acquisizione del bagaglio scientifico dell’Ebri, la Xiamen Bioway ha espresso la volontà di acquistare brevetti di nuovi composti NGF per condurre le sperimentazioni precliniche e i test necessari per ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio. «Si tratta di un percorso lungo e indaginoso che richiede almeno 10 anni e cospicui investimenti finanziari: per ogni composto circa 1 miliardo di euro». Insomma sul piatto c’è per il momento una somma relativamente bassa ma grandi sono le premesse di sviluppo ulteriore. «Si apre la possibilità concreta, attraverso specifici accordi, di sviluppare in Cina alcuni prodotti brevettati da noi. Altre ricerche di cofinanziamento potranno essere messe a disposizione del ministro degli Esteri in base al programma di cooperazione scientifica italo-cinese 2010-2012».
ANDREA RUSTICHELLI
Letto questo, leggete il seguito tratto da Roger Faligot, I servizi segreti cinesi, Newton Compton, 2012
Dall’affare Valeo al ceppo anti Alzheimer
Ho voluto conoscere il punto di vista di specialisti vicini all’inchiesta. Qualche mese prima del processo, un esperto della protezione del patrimonio economico mi ha spiegato: «Nella fattispecie, credo che i cinesi conoscessero già questi dossier. Quello che interessava loro era, come spesso accade, il sistema di convalida. È la difficoltà in questo tipo di affari. Si può davvero parlare di spionaggio? Migliaia di studenti, di dottorandi, di scienziati saranno controllati dai servizi specializzati al loro ritorno o persino in loco, all’estero, durante i loro studi. Tutto ciò non ne fa agenti segreti ma potenziali “onorevoli corrispondenti” che saranno controllati una volta che il loro rapporto di stage, la loro tesi di laurea o quella di dottorato sarà stata individuata dai servizi scientifici competenti. Tutti i Paesi lo fanno. La differenza è che loro sono più numerosi».
Ci si chiede se gli specialisti del controspionaggio ritengano necessario, in queste condizioni, sorvegliare gli studenti cinesi che, senza considerarsi spie, aiutano l’enorme sistema di spionaggio messo in moto da Pechino.
Sotto l’influenza degli anglo-americani, un bel giorno i nostri capi si sono messi in testa di farci fare l’inventario di tutti gli studenti cinesi che arrivavano in Francia e vi si stabilivano. Prima di tutto, è una cosa impossibile da fare, basti pensare a tutto il personale che si deve assegnare a questo compito. E poi, siamo d’accordo su questo con i nostri colleghi tedeschi: non si arriverebbe a niente, a meno di capitare per puro caso su un vero agente operativo del Guoanbu, ad esempio uno studente fuori corso sotto copertura.
In alto loco ci si è probabilmente resi conto dell’inezia del progetto e si è rinunciato. Si può intervenire grazie ad allarmi su affari precisi dopo aver, prima di tutto, identificato i responsabili dell’informazione che operano sul nostro territorio, studiando il loro modus operandi e i loro contatti. A dir la verità, si hanno maggiori possibilità di capitare su un dispositivo del servizio cinese seguendo alcune personalità del mondo industriale o politico francese che sono realmente corrotte e che sono nel libro paga dei servizi segreti cinesi.
Mi sono stati fatti esempi di diversi deputati e altre personalità di consigli regionali e generali o anche di un ex responsabile del Quai d’Orsay che, subito dopo aver lasciato gli Esteri, ha creato, grazie ai suoi contatti, uno studio di consulenza molto apprezzato dai cinesi, o di un tycoon dell’ex colonia britannica di Hong Kong specializzato nella vendita di armi in Medio Oriente…
Resta ovviamente la delicata questione della comunità scientifica che stima che le scoperte degli uni possano essere utili agli altri e viceversa. Chiaramente se c’è reciprocità.
L’8 aprile 2006 viene arrestato alla dogana all’aeroporto di Entzheim il dottor L.B., addetto al CNRS di Strasburgo, un ricercatore che si stava imbarcando, via Parigi, per Canton. Sino-cambogiano naturalizzato francese, L.B. è nato a Phnom Penh nel 1940 e parla perfettamente cinese. Si reca regolarmente in Asia per partecipare a colloqui su argomenti che provano la sua ricchissima esperienza professionale: “la chimica dei prodotti naturali”, la “chimica bioorganica”, la “neurochimica”. Tutto ciò comprende gli “oli essenziali”, le “proteine del cervello degli insetti”, le “piante cicatrizzanti e ad attività neurologica”, la “terapia cellulare” o ancora gli “studi dell’induzione di differenziazione delle cellule staminali neurali tramite piccole molecole sintetiche e naturali” che sono oggetto di uno dei 15 brevetti che il bravo professore possiede.
I funzionari dell’aeroporto hanno scoperto che questo impiegato dell’Istituto di chimica aveva con sé alcuni campioni realizzati nel suo laboratorio. Li voleva portare in Cina. Avrebbe messo a punto una molecola in grado di attivare le cellule staminali del cervello che permetterebbero di curare l’Alzheimer o la sclerosi a placche. La posta in gioco è quindi molto importante!
«Il consigliere scientifico del consolato francese a Canton, che si è reso conto dell’interesse di una partnership, mi ha chiesto di recarmi sul posto per organizzare un gruppo di lavoro franco-cinese su questo tema di ricerca», spiega lo scienziato a «Le Figaro». «Il mio errore è stato quello di portare con me alcuni campioni senza pensare di chiedere un’autorizzazione al CNRS, allo scopo di verificare sul posto che i nostri lavori fossero effettivamente complementari».

Calendario Pirelli, 1992 (l’anno di “Mani pulite”). L’immagine è scelta solo con un criterio puramente estetico.
Il CNRS ha sporto denuncia, poiché qualunque scoperta dovuta a una ricerca effettuata nei suoi laboratori gli appartiene di diritto. Se fosse commercializzata, questa scoperta potrebbe rendere una fortuna colossale all’industria farmaceutica che la sfrutterebbe. La reazione del CNRS non si fa attendere: il dottor
L.B. viene messo in pensione d’ufficio e, sul piano giudiziario, l’affare è chiuso. Il mondo della ricerca scientifica ha evitato uno scandalo bello e buono.
Sul piano del controspionaggio, tale vicenda pone ai professionisti un’altra domanda più generale: in questi casi è meglio intercettare un trasgressore, nell’esercizio della “protezione del patrimonio”, e dare così un avvertimento alla comunità scientifica? Oppure, al contrario, bisogna allentare la briglia e pedinarlo per far uscire allo scoperto il suo ufficiale di riferimento (scienziato o altro), al fine di identificare un’intera rete?
Per molto tempo, in effetti, gli ufficiali del Guoanbu facevano venire in Cina i loro agenti per interrogarli. Ma la situazione è cambiata e un numero crescente di spie cinesi può essere identificato in un Paese straniero rispetto a quello in cui si è reclutata la fonte. Così, un agente francese che incontra il suo agente di riferimento a Bangkok, città in cui il Guoanbu è fortemente presente, non commette infrazione in Thailandia e non lascia tracce del suo ingresso nella RPC.
Lo spionaggio economico cinese si dispiega da quindici anni su tutto il pianeta ma continua a sfruttare, in patria, l’ingenuità o il menefreghismo degli imprenditori occidentali che si fanno spogliare dei loro brevetti, dei prototipi, del loro mercato, nell’eldorado cinese. Per questo, i servizi di controspionaggio si prefiggono di sensibilizzare, sul piano della sicurezza, tutti coloro che devono fare affari o investire o, più semplicemente, circolare, nell’Impero di Mezzo.
Il denaro che avrebbe mantenuto in Italia il valore della ricerca di un’intera vita di Rita Levi Montalcini è corrispondente a quanto Franco Fiorito ha dissipato in ostriche e spese volgari.
Chi ha vigilato su questa ricchezza strategica? Chi ha fatto l’opera di contrasto a questa penetrazione degli “intelligenti” cinesi?
C’è altro da aggiungere? Qualcosa non è chiaro? Anche questo metto in conto alla Signora Polverini e ai suoi supporter e a chi non ha difeso gli interessi del Paese.
Oreste Grani