Quando i papi tenevano famiglia

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Per molti giorni temo che il web si interessi soprattutto del Vaticano e dei papi. Perciò alle informazioni che già circolano ne aggiungo alcune, sperando di concorrere a rimuovere alcuni stereotipi.

Oreste Grani

 

Quando i papi tenevano famiglia

I papi hanno avuto famiglia e può sembrare curioso, oggi, che abbiano avuto anche prole. Ci sono stati anche pontefici figli di preti, in un’epoca in cui preti e vescovi non erano tenuti ad osservare il celibato. Altri papi hanno avuto figli nati da relazioni amorose clandestine. Clamoroso fu il caso di Alessandro VI, in epoca rinascimentale, che ebbe nove figli accertati .

Alcuni papi arrivarono al punto di usare per i loro scopi politici l’adozione di figli. Ma furono i congiunti di secondo grado ad avere un peso notevole nella storia del pontificato, generando un fenomeno di favoritismo verso la propria schiatta che ha preso il nome di “nepotismo” L’attaccamento dei pontefici alla propria famiglia ha talvolta palesato un amore molto umano verso i congiunti, e talvolta questo amore è degenerato in orgoglio della propria stirpe e indebito arricchimento della dinastia. Altre volte il papa si è avvalso della collaborazione dei più stretti parenti nelle questioni di Stato, quando non si fidava del tutto del Collegio cardinalizio.

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Il fenomeno del nepotismo si espresse principalmente nella nomina a cardinale del proprio congiunto. La storia del papato è popolata da intere schiere di “cardinal nepoti”. Tuttavia, la veste cardinalizia non comportava l’ordine sacerdotale, quindi il “cardinal nepote” era una sorta di principe, e non un prete nel senso stretto del termine.

Il celibato dei preti venne decretato, in forma disciplinare, dal Concilio di Elvira del 300 o 313, che invitava vescovi, preti, diaconi e suddiaconi ad astenersi dalle mogli. Tale direttiva venne confermata dai concilii di Toledo (409), Cartagine (419), Oranges (441), fino al Concilio di Roma indetto nel 1057 da Papa Nicolò II che si pronunciò contro i “nicoliti”, così chiamati perché difendevano, sorretti dal papa, i matrimoni ecclesiastici. Tutte queste istanze celibatarie finiscono proprio per dimostrare quanto nei primi mille anni della Chiesa il principio del celibato fosse disatteso, i matrimoni praticati, i figli diffusi. Nel corso del Concilio di Trento, infine, fu respinta con decisione la proposta di accordare agli ecclesiastici la libertà del matrimonio.

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Interessante è l’episodio di Napoleone e Pio VII. L’imperatore chiese al papa l’abolizione della vita celibe e l’abilitazione al matrimonio per le persone consacrate: Pio VII rifiutò, e nel breve che diresse al sacro Collegio spiegò che la richiesta napoleonica era contraria alla santità della religione, perché tendeva a eliminare un sacrificio volontario de meliori bono. Ma ancora oggi, alcuni settori del clero avanzano sporadiche proposte intese all’abolizione del celibato ecclesiastico.

Si dice che San Pietro ebbe un figlio e una figlia. Papa Ormisda ebbe una figlia e un figlio, Silverio, che divenne papa nel 536. Paolo III Farnese ebbe un figlio. Alessandro VI, come detto, ebbe nove figli accertati e certo moltissime donne. Giovanni Battista Cibo, Innocenzo VIII (1484-1492) ebbe due figli: Teodorina e Franceschetto. Rivoltosi a Lorenzo dei Medici, il cui banco vantava forti crediti con la Sede apostolica, fece sposare, per rafforzare l’alleanza, il figlio Franceschetto con la figlia di Lorenzo, la bella Maddalena. Celebrò lui stesso le nozze in San Pietro, incurante delle dicerìe e della riprovazione dei contemporanei, tra i quali Egidio da Viterbo. Per rendere più solida l’alleanza con i Medici, Innocenzo VIII conferì la porpora cardinalizia al figlio ancora adolescente di Lorenzo, Giovanni de’ Medici, futuro Leone X.

Tra a i papi amatori primeggia poi la figura di Enea Silvio Piccolomini, grande umanista al quale, prima di essere eletto al soglio pontificio con il nome di Pio II (1458-1464), vennero attribuiti dei figli naturali. Piccolomini aveva anche scritto la novella molto letta Lucretia et Euryalus in cui, sotto il nome di Eurialo, ci descrive il suo amore per la bellissima amante: “… Lucrezia era vestita di una tunica leggera che aderiva alle membra perfettamente, facendo risaltare il seno e i fianchi e rivelando la linea del corpo: aveva il collo bianco come neve, gli occhi scintillanti come raggi di sole, lo sguardo sorridente, il volto gioioso, le guance come gigli misti a rose rosse, il sorriso dolce e soave, il petto ricolmo di mammelle turgide come melograni che coi loro palpiti suscitavano fremiti di desiderio. Eurialo non poté resistere oltre all’eccitazione… Ora gustiamo il frutto dell’amore

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