Le intercettazioni viste come “sequestro” di un bene immateriale: il contenuto di una “comunicazione”. Ieri, oggi, domani

stornelli

Ercole Aprile e Filippo Spezia, magistrati, per il prestigioso editore Giuffrè, nel lontanissimo 2004, pubblicarono un testo, fondamentale ancora oggi  per chi volesse avvicinarsi all’irrisolto tema delle “intercettazioni”.

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Solo l’indice, che riproduco, fa tremare le vene dei polsi.

Vi sembra materia semplice? Vi sembra che una “tale complessità” sia affidabile a chiunque? Eppure, in attesa di rimanere esterrefatti, tra qualche anno, quando si scoprirà “l’ennesima inadeguatezza agli incarichi ricoperti” e l’amoralità dei figuri che ricevono mandati e quattrini, nulla lascia intendere che si stia procedendo con criteri di reclutamento e di selezione sufficienti a dare ai cittadini (a loro e a nessun altro!) garanzie che i soliti Sabatino Stornelli, Carlo Gualdaroni, Marcello Antonelli Caruti, Mario Traverso e “compagnia cantando”, non si preparino a stravolgere, anche questa volta, per propri fini, lo strumento strategico che più di ogni altro, facilita le Forze dell’Ordine nell’attività investigativa. Per anni, queste legittime preoccupazioni e i tentativi (in alcuni casi, riusciti) di ostacolare i disegni orditi da chi riteneva che questa materia fosse opportunità di smodati arricchimenti e di potere ricattatorio, me li sono dovuti affrontare in solitudine e, in una chiave semi-artigianale. Come fu nel caso della Carro/Monitoring e le loro “relazioni pericolose” con la Telecom di Tronchetti Provera, Carmelo Sparacino detto Manuel o, peggio, Alberto dell’Utri di cui vi ho, in altri post, ampiamente riferito.

Ora, la differenza con quei tempi, la fa la presenza in Parlamento degli oltre 150 cittadini (deputati e senatori) organizzati, a tempo determinato, nel M5S a cui è sufficiente far pervenire, via telematica, i propri argomenti, ovviamente documentati, per poter sperare (vi basta sperare, rispetto al nulla di prima?) che gli interessi della collettività possano essere difesi. Meditate, pochi ma, “intelligenti” lettori di Leo Rugens.

Oreste Grani