L’odore dei soldi. Origini e misteri. E questa volta non si tratta di Berlusconi

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Premessa: ho deciso, in un gesto gratuito e repentino, di dedicare ad un mio lettore (Davide) questo post. Il lettore, qualche ora addietro, mi critica legittimamente e scrive che non si capisce nulla di una “storia” di cui faccio cenno in un recente articolo. Temo, povero lui, che la situazione possa peggiorare ora che dovesse leggere questo lunghissimo scritto. A lui forse torneranno utili le pagine (numerose e dettagliate) dedicate alla coppia Annamaria Fontana e Mario Di Leva e al loro modus operandi da criminali o, più semplicemente, da agenti provocatori. Le pagine dell’esposto dedicate ai due di San Giorgio a Cremano sono utili per capire la gravità dei comportamenti superficiali (o altro?) di Angelo Tofalo. Spero di essere venuto incontro al lettore e di avere da lui in cambio la gentilezza delle sue generalità.

Ed ora passiamo al post estremamente impegnativo.

Titolo:

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E se Fabio Aschei avesse ragione?

Non posso in nessun modo cominciare l’anno senza lasciare traccia nel web di cose che potrebbero rivelarsi essere gravissime. Cose che ormai sono a mia conoscenza e di cui, informato, non ho intenzione di tacere. Lo scrivo come cittadino, come blogger e non come giornalista che non sono, come cultore di fatti rizomici che spesso caratterizzano i grovigli bituminosi di questa nostra travagliata Italietta. Grovigli bituminosi che sono sistematicamente sostanziati da legami inconfessabili tra massonerie, criminalità organizzata, politica locale e nazionale. Scrivo questo perché ho potuto leggere un esposto che, a norma di legge, è stato fatto pervenire a diverse autorità della Repubblica. Le pagine che compongono il documento raccontano fatti di una gravità assoluta che, se fossero anche parzialmente veri, potrebbero rimettere addirittura in discussione intere vite professionali ed imprenditoriali. Certamente quelle di alcuni industriali del settore risiero, vere colonne portanti, in Italia e all’estero, di questo delicatissimo settore strategico. Perché è bene cominciare a dirlo: la movimentazione del riso è un aspetto strategico del mondo alimentare e come tale va trattato. In particolare modo, lo ripeto, se solo alcune delle cose denunciate in questo esposto fossero vere. Vediamo quindi di darci tutti una regolata: se l’estensore dell’esposto farnetica e calunnia, che si becchi le condanne che si merita. Se viceversa, il cittadino non inventa, sarò a suo fianco fino a quando avrò fiato in gola e dita sufficienti. Direte che è poca cosa, ma potreste sbagliarvi. Vi consiglio la massima attenzione ai fatti esposti (la forma non la deve certo giudicare uno che scrive come un cane come il sottoscritto) perché terzo non è dato: o Fabio Aschei mente per uno dei cento motivi per cui l’umano arriva a mentire, oppure, viceversa, sta raccontando una storia che vale la pena di essere ascoltata e capita fino in fondo.

Scelgo pagine “a fior da fiore”, per poi, nei giorni a venire, tornare sulle singole affermazioni.

Aggiungo un dettaglio: ho conosciuto personalmente Aschei (da quando è tornato un uomo libero!) e, pur ritenendo di trovarmi di fronte ad una persona che definire “vissuta” è un eufemismo, ritengo che non se la sarebbe mai arrischiata a prendermi per il culo. A me e ad altri a cui l’ho introdotto. Proprio perché il tipo non è sceso dalla Montagna del Sapone. Comunque, propendo per ritenere che Aschei non sia troppo lontano dal dire il vero.

Oreste Grani/Lo Rugens pronto a ruggire come poche altre volte ha sentito il dovere di fare.

P.S.

Aschei ha scritto a molti, a cominciare dal Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Io, se fossi stato in lui, avrei, per primo, scritto al Capo dello Stato, senza nulla togliere agli altri autorevolissimi destinatari. Invece, proprio al Presidente, non è stato indirizzato il ragionamento che mi ha profondamente colpito. Direte voi che sapete cosa si fa e cosa non si deve fare, che ci si rivolge in altra forma al Presidente. Certo, ma qui stiamo parlando di sostanza e se Aschei dovesse avere ragione potremmo trovarci di fronte anche a gravissime complicità. Oppure, direte, di fronte a responsabilità semplicemente di tipo omissivo. Altre, viceversa, sintomo di ben altro. Perché (e questo mi turba particolarmente) Aschei, queste cose, dice di averle dette a destra e a manca, per anni ma inutilmente.O quasi. Perché alcuni sono stati arrestati.

P.S. al P.S.

Ci ho ripensato: pubblico tutte le pagine tranne, per rispetto alle Autorità competenti, quelle relative ai destinatari.

E succeda ciò che deve succedere. Richiamo, già che ci sono, l’attenzione sulle pagine e le circostanze relative al “modello criminale” messo in atto dai coniugi Fontana-Di Leva. Quelli.

Modello criminale e date, perché fino a che ho dita per scrivere, sarò io che pretenderò la rendicontazione sostanziale (il pm, a Napoli, Catello Maresca è stato quel gran signore che tutti quelli che lo conoscono dicono che sia e non ha scavato, in quel momento, vista la delicatezza degli argomenti, come oggi, in altra situazione, sarebbe opportuno tornare a fare riformulando opportune domande) di come il modello criminale (rivisto e corretto per ovvi motivi dettati da diverse circostanze, diversi complici e finalità) sia stato attuato, da parte della Fontana coinvolgendo, questa volta, la coppia “di Stato”, Michele MaffeiAngelo Tofalo, coppia che risultava essere, per il M5S, la punta di diamante, dal marzo del 2013, della rappresentanza del M5S nel COPASIR e, in generale, negli ambienti dei Servizi Segreti e della Difesa. Non quisquiglie, non pinzillacchere perché i coniugi di San Giorgio a Cremano, Annamaria Fontana e Mario Di Leva, ben noti in tutti gli anfratti dell’ambiente delle barbe finte d’Italia e non solo, riuscissero nell’intento di circuire il massimo esperto di intelligence (!!!) che il MoVimento potesse vantare. Per poi, a cose avvenute, si riuscisse a far credere che non di sospetta intraprendenza e cazzafrullaggine si trattava ma di una scelta coraggiosa di un novello Sherlock Holmes e del suo fedele John H.Watson. Ma fateci il piacere, avrebbe detto Antonio de Curtis, in arte Totò. Anche su questo vorremmo la verità vera e non le scusette (con troppa tolleranza accolte) che Tofalo ha rifilato alla Repubblica, sua prima datrice di lavoro. Anche perché nel sistema di valutazione in auge nella Casaleggio, Tofalo è stato premiato con il sottosegretariato di Stato alla Difesa e con deleghe delicatissime, novello Francesco Cossiga, per prendersi cura dell’Arma dei Carabinieri e consentendogli di imperversare nel settore della sicurezza cybernetica. Cioè tutto. Circondandosi, anche questa volta, di personaggi che, lo vedremo in altra sede, potrebbero rivelarsi pericolosissimi per la sicurezza nazionale. E non solo per nuovamente comprovati rapporti con l’IRAN.

Lasciamo, per ora, le risate (e le pernacchie) e tornando al riso alimentare, appare doverosa la pubblicazione dell’articolo, sia pur datato, di La Repubblica che trovate a seguire.

Questo post è certamente complesso (notoriamente io non sono bravo a scrivere ma “a capire” dicono di sì) ma era doveroso redigerlo. Anche se Aschei, preoccupato per me, dice che me la sto rischiando più del solito tirando in ballo uno come il ricchissimo Francesco Sempio.

E rifirmo, vista la materia delicatissima

Oreste Grani/Leo Rugens

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SEMPIO HA RISO DI NASCOSTO

Milano.

IL “RE del riso” è un signore sconosciuto che difende la sua privacy con una feroce tenacia (se fossero vere le affermazioni che vengono fatte nell’esposto a cui faccio riferimento nel post se ne capirebbe la ratio. ndr Oreste Grani). Si chiama Francesco Sempio, 51 anni, originario di Pavia che guida, attraverso la Euricom, un impero da 450 miliardi di fatturato. È uno dei più grandi produttori e trasformatori di riso esistenti in Europa (esporta l’85 per cento del suo fatturato) eppure di lui non esiste un’intervista, né una foto e non si conosce un intervento pubblico. Ha costruito l’azienda in vent’anni di lavoro ed ora è salito alla ribalta per aver acquistato, dalla Nestlè, il marchio e lo stabilimento della Curtiriso, blasonata azienda della Lomellina caduta, negli ultimi anni, un po’ in ombra. L’annuncio dell’operazione è stato dato con una piccola nota solo perché, per l’acquirente ha un’importanza strategica decisiva: lancia, infatti, Francesco Sempio e la sua Euricom nell’olimpo dei grandi industriali agro-alimentari italiani. Quella smilza paginetta, però, per quanto importante, deve essere sembrata, all’industriale della Lomellina una imperdonabile deviazione dalla rigida consegna del silenzio. È tornato subito a nascondersi nell’ombra, ha delegato ai collaboratori più fidati il compito di sostenere l’onere della comunicazione e ha eretto intorno alla sua persona un altissimo muro di silenzio. Non si è concesso ai fotografi, non ha rilasciato nessuna dichiarazione, è tornato a rifugiarsi nella villa-cascina di Mede in provincia di Pavia dove, ogni domenica mattina, come Silvio Berlusconi ad Arcore, riunisce i suoi più fidati collaboratori. Unico hobby il lavoro “L’hobby di Sempio? L’unico noto è il lavoro” sostiene Mario Francese, dirigente della Euricom e manager vicinissimo al capo. A Vercelli e a Pavia non lo conosce praticamente nessuno, sui giornali di settore non esiste traccia di un suo intervento, immagine pubblica zero.

Con queste credenziali che farebbero invidia a Enrico Cuccia, si presenta Francesco Sempio, ora diventato uno dei personaggi di rilievo dell’industria alimentare nazionale. È noto unicamente il fatto che, pur essendone l’amministratore unico, non è il solo proprietario della Euricom. Ha un socio, Giuseppe Nervi, 64 anni, più misterioso, se possibile, di Francesco Sempio. Risiede a Palazzolo Vercellese e oggi si occupa prevalentemente della Riso Pigino, una delle controllate della Euricom. L’avventura di Sempio e di Nervi comincia all’inizio degli anni ’70. Sempio è un grosso coltivatore di riso a Pavia e nella Lomellina. Nervi, invece, è perfettamente a suo agio nei difficili meccanismi di commercializzazione del prodotto. Non è un lavoro semplicissimo il loro: bisogna conoscere le risaie, ma un occhio ancora più attento va dedicato alle evoluzioni della politica agricola comunitaria e, infine, occorre avere agganci solidi con i grandi “trader” europei. Insomma un vero lavoraccio che i due soci affrontano con una certa sapienza. Fondano la Eurico e cominciano a lavorare. Nel settore lentamente si diffonde la fama della loro abilità tanto che, nel 1985, vengono invitati a Ravenna da Vittorio Giuliani Ricci per studiare possibili forme di collaborazione. Sembra la consacrazione del successo. Alla metà degli anni ’80, via Massimo D’Azeglio, a Ravenna è il santuario dell’industria alimentare europea. Trattare con i Ferruzzi significa entrare nel grande giro, dove si fanno affari colossali a contatto con tutti quelli che contano. Figurarsi poi quando il contatto viene stabilito direttamente con Giuliani Ricci, marito di Franca una delle eredi del mitico Serafino. Come sempre i progetti dei Ferruzzi sono di caratura mondiale. Propongono di mettere insieme l’Eurico di Sempio e Nervi con la divisione riso della Italiana Olii e Risi di proprietà del clan ravennate. Deve nascere un’azienda che, è appena il caso di dirlo, dovrà competere con tutti i grandi produttori mondiali e, con il tempo, dovrà assumere la leadership. Una impostazione perfettamente in linea con la filosofia di Raul Gardini, grande capo del clan dell’epoca: i Ferruzzi, in qualunque “business” si fossero impegnati dovevano essere i primi del pianeta. L’ordine di Gardini valeva per qualunque cosa: per la chimica, come per zucchero, per le assicurazioni come, per l’appunto, per il povero riso. Sempio e Nervi un po’ perché affascinati dalla grandiosità del disegno, un po’ perché trovano importanti convenienze accettano di buon grado e così nasce la Industrie Risi Ravenna il cui quartier generale si trova nella cittadina ravennate e la guida operativa a Vercelli dove lavorano Sempio e Nervi. Il sodalizio, però dura poco. La passione si esaurisce rapidamente e cominciano gli scontri. Quale sia la causa scatenante non è chiaro. Forse la differenza di peso politico e imprenditoriale fra i partner. Forse le solite arroganze di casa Ferruzzi. Forse lo spirito di autonomia di Sempio e Nervi. Non si capisce: fatto sta che all’inizio degli anni ’90 il matrimonio viene rotto. Non deve essere stata nemmeno una separazione consensuale visto che, nonostante le richieste di Sempio e Nervi, i Ferruzzi si rifiutano di restituire il marchio Eurico giudicando che ormai fa parte del patrimonio consolidato della fallita joint-venture. A Vercelli decidono di ricominciare daccapo e, con la liquidazione ottenuta dal clan Ferruzzi costituiscono la Euricom che sta per European Rise Company. In realtà si tratta di un sistema trasversale per recuperare, fin dove possibile, la radice del marchio Eurico che ha fatto la loro fortuna ed è abbastanza conosciuto in Europa. Nuova strategia la nascita di Euricom, però, è anche il segno di un cambiamento di strategia. L’attività tradizionale dei due imprenditori di Vercelli era stata quella di “terzisti”: vuol dire che lavoravano il riso e poi lo vendevano alle imprese che si preoccupavano di confezionarlo e commercializzarlo al dettaglio. La scelta di Euricom è proprio quella di puntare sulla vendita diretta: così vengono acquistati i marchi Campiverdi di Ferrara e Pigino a Palazzolo (Vercelli). Lungo questa strada è arrivata l’operazione Curti costata una ventina di miliardi (l’azienda ha un fatturato di 40 miliardi con uno stabilimento di trentacinque persone in Lomellina). L’ingresso nella Curti dovrebbe, nei piani, rappresentare il salto di qualità per il “business” della Euricom permettendole di penetrare nel Centro-sud dove il consumo di riso, essendo particolarmente basso, ha buone possibilità di crescita: basti pensare che la domanda di riso in Lombardia è pari a 9 kg pro-capite, mentre in Sicilia e in Calabria è ancora fermo ad 1,5 kg. L’obiettivo, naturalmente, è quello di insidiare il primato del Riso Gallo primo produttore italiano con il 25 per cento del mercato. “Nel 1985 – ricordano alla Euricom – il marchio Curti era il più diffuso in Italia. Negli ultimi tempi ha perso un po’ di smalto ma cercheremo di recuperare”. Nel frattempo non viene trascurata la presenza all’estero dove l’azienda di Vercelli è presente attraverso la Euricom Arroz di Siviglia e la Sear di Lisbona. La scelta di Spagna e Portogallo non è casuale visto che si tratta, dopo l’Italia, dei principali produttori europei di riso. In ogni caso le esportazioni restano, ancora il fronte strategico, della Euricom dal momento che assorbono ben l’85 per cento della produzione. Non mancano nemmeno le nuove iniziative come i progetti di diversificazione nella pasta. Di recente, infatti, sono stati acquistati la Pasta Combattenti di Cremona e la Molini Certosa di Pavia, altro nome storico, dell’industria italiana.

Fonti aperte giornalistiche tanto per inquadrare l’importanza di ciò che segue.

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