250.000 (se bastano) posti di lavoro a rischio! E tanti miliardi al Sud?

250.000 posti di lavoro a rischio non solo per la contingenza, prevista e prevedibile, ma per l’assoluta incapacità di affrontare, situazione per situazione, i tavoli afferenti le crisi occupazionali e prospettiche. Diamo un consiglio spassionato e gratuito: potremmo trasferire, nella piana di Gioia Tauro, i licenziandi previo un accordo con i discendenti di Mastrosso.

I soldi – a sentire Giuseppe Conte – ci sono.

Di Maio era scontato che di tali crisi industriali non ne potesse aggiustare una che fosse una. Sarebbe come se lo si ritenesse, ora che ha fatto la mossa del cavallino (farsi piazzare alla Farnesina) in grado di capire/risolvere i grovigli relativi alle questioni libiche, siriane, libanesi, yemenite, irakene, egiziane o, allontanandosi, nigeriane. Il successore Patuanelli (che è una brava creatura), evidentemente, per fedeltà, si è fatto rifilare i semi lavorati ed è, costretto dalle complessità delle situazioni, a fare anche lui pessime figure. La crisi internazionale che si potrebbe essere innescata con il virus COVID-19 farà il resto. Sperando di essere clamorosamente smentiti dai fatti.

Ho scritto provocatoriamente che si dovrebbe prendere accordi con i discendenti di Mastrosso prima di fare passi tanto impegnativi ma nel farlo mai dimenticare i figli di Osso e di Carcagnosso secondo alcuni loro sì ancora, tra di loro, in rapporti costanti e permanenti. Se ho capito, ma gli anni sono tanti e il vissuto mi sta minando, in un territorio non bonificato dalla criminalità, ci si prepara a immettere denaro pubblico. Altro. Ci si avvia ad un’altra stagione durante la quale si indirizzeranno grandi capitali di Stato verso territori dove lo Stato è fragile (non vi fate fuorviare dall’attività strenua di alcuni eroici magistrati) e non ha saputo promuovere, a differenza della criminalità, quelle relazioni fiduciarie che si instaurano tra persone che appartengono ad un medesimo e riconosciuto gruppo sociale a sua volta caratterizzato da forte omogeneità di valori e di interessi. Si vogliono indirizzare capitali di Stato in territori dove a pochi è chiaro che è pubblico ciò che sta alla luce, che si vede, di cui si può parlare e soprattutto discutere. Ma nel nostro sud non è così e chi dovesse affermare il contrario o è un grandissimo incompetente o un gran bugiardo a libro paga.

Immettere denaro pubblico presuppone che sia chiaro cosa è privato e cosa è della collettività. O io vivo in altro Paese o tutto questo sapere non mi sembra che sia diffuso nel nostro Sud. Anzi, sono questi confini (pubblico/privato) che vengono tenuti “al buio”.

State per essere buoni testimoni di una super distribuzione di soldi pubblici in un territorio dove le parole sono già state a suo tempo spese per descrivere chi agiva su mandato del Governo per accrescere la competitività del Paese (ritengo che si trattasse dell’Italia nostra), in particolare del Mezzogiorno (penso che Giuseppe Conte parli dello stesso territorio), e per sostenere i settori strategici per lo sviluppo. I suoi obiettivi prioritari sono: favorire l’attrazione di investimenti esteri (e da dove, se non dall’estero, devono venire i capitali della criminalità dopo che sono stati ripuliti?), sostenere l’innovazione (e che volete sostenere d’altro se non l’innovazione, brevetti sofisticati inclusi?), valorizzare la potenzialità dei territori. Sempre. E questo in un territorio dove troppo, da troppi anni, è avvolto nei misteri misteriosi e quando, viceversa, si raggiungono certezze processuali si fa finta che non ci siano prove di gravissime complicità. La criminalità si è organizzata ancora meglio negli ultimi 25 anni all’ombra di Forza Italia e organizzazioni similari che, ciclicamente, hanno fatto capo a figure come potevano essere Salvatore Cuffaro o Gianfranco Miccichè. Quando operava Totò Cuffaro, Miccichè già andava a zonzo e a via Arenula, come sottosegretario alla Giustizia, operava l’attuale Presidente della Regione Calabria, Jole Santelli.

Nomi minori ma di cui non è opportuno dimenticare il cursus. Coincidenze di un quadro sinottico temporale, ma niente di grave, direte voi. Così come, negli stessi anni, Micciché assumeva cocaina, quando la sostanza stupefacente la importava certamente la mafia. La Santelli e Miccichè erano in Forza Italia quando Silvio Berlusconi (e non Dudù) e Marcello Dell’Utri non si può certo dire che non fossero dominanti. Direi che di Berlusconi si sa abbastanza (non ancora tutto come, a sentire Graviano, sembrerebbe) e di Marcello Dell’Utri le sentenze definitive parlano a sufficienza. In quali mani politiche è oggi pertanto la Sicilia? La Calabria lo abbiamo detto. In Campania manca poco per il ritorno in forze. Da Foggia a scendere, la Sacra Corona Unita (o altre forme di criminalità) si prepara, armi in pugno, a chiedere soldi e lavoro per i suoi. La Lucania è più nera e massonica di quanto appare. Per Sud si intende anche il Molise e spero che nessuno abbia dubbi su chi politicamente rappresenta continuità con il berlusconismo forzaitaliota.

Passato lo tzunami del M5S senza che cambiasse un solo filo d’erba, tutto è pronto per la grandissima pappata. Al confronto ciò che sembravano corruzione e casta, impallidiranno. Sperando di cominciare a sbagliarmi. Comunque in un Paese dove non si è imparato, in decenni, a mettere a profitto i beni confiscati alle mafie mi sembra eccessivo che, senza averle estirpate, si voglia loro dare una seconda chance. Mi sembra un agire eccessivamente sfrontato a loro favore. Speriamo di non scoprire da anche da utili idioti. Se non, in troppi casi, da complici.

Oreste Grani/Leo Rugens