Yalta, ancora Yalta e, sempre di più, il problema di un Europa in mano, ai soliti tedeschi

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In questi giorni ci siamo spinti fino a Yalta in Crimea attraverso i nostri semplici ricordi (Budapest 1956, Praga 1968, caduta del Muro 1989, Georgia 2008) o, in modo più autorevole e documentato, grazie ad alcune considerazioni di lettori come SC o Antonio de Martini e il suo “Il giornale della Collera”. Yalta, il suo porto e le sue funzioni di difesa degli interessi strategici russi sono oggi, apparentemente, il cuore del problema geo politico in essere. La vicenda “Ucraina” infatti è figlia (scusate le mie semplificazioni) di una non risolta (irrisolvibile?) spartizione del Pianeta (terre, ricchezze e popoli compresi) tra i vincitori della Seconda Guerra mondiale. Spartizione decisa, a Yalta, tra inglesi, statunitensi e, appunto, russi.

Proviamo ad andare, con la macchina del tempo, a quei giorni (4 -11 Febbraio 1945) e cerchiamo, ognuno per se, di capire a che punto “geopolitico”, oggi siamo. Ad esempio, con i miei limiti, dirò cosa mi preoccupa e da chi mi sento minacciato, vessato economicamente, nelle mie aspirazioni mediterranee e di pace.

La Conferenza di Yalta venne preceduta dall’incontro esplorativo e interlocutorio di Teheran (ma a voi non fa impressione che, alla fine, i “nomi” delle località “complesse” siano sempre gli stessi?), tenutosi tra il 28 novembre e il 1 dicembre 1943 nel corso del quale vennero strategicamente perfezionati e uniformati gli sforzi bellici degli “alleati”. Dopo Teheran, a Yalta, la caratteristica della Conferenza doveva essere la definizione di una articolazione politica dell’unità anti-nazista di URSS, USA e Gran Bretagna.

L’osservatore politico odierno deve (mi permetto di suggerire) considerare che l’Unione Sovietica si recava a Yalta con uno spirito particolare, rispetto agli altri interlocutori. Per l’URSS la conferenza di Yalta significava la fine di quel “ghetto” in cui era stata costretta a vivere nei primi venticinque anni della sua storia (dopo la cacciata dello Zar), dalla irriducibile ostilità delle altre nazioni. La stessa scelta di Yalta quale sede degli incontri, imposta da Stalin e lungamente discussa da Londra e da Washington, assumeva, di fatto, il significato di un riconoscimento esplicito della funzione mondiale di Mosca e sanciva la rottura definitiva di quel cordone sanitario che separava l’Unione Sovietica dal resto del mondo.

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E qui volevo arrivare: vi pare che il “piccolo stalin”, Vladimir Putin si fa sfilare Yalta? Piuttosto che farsela “cuccare” dai tedeschi, scatena la Terza Guerra Mondiale! Fuori dalle mie esagerazioni, l’Ucraina, quindi la Crimea e il simbolo “Yalta”, sono elementi intoccabili negli equilibri “mentali” di un ex-sovietico, agente del KGB quale è, di fatto, Putin.

Anche perché, dietro la maschera di uomo di ferro e pronto a tutto, ci potrebbe essere un insicuro,  sospettoso (non dico, paranoico quale era Stalin ma…) baciatore genuflesso di immagini della Madonna come lo abbiamo visto, ipocritamente, recentemente fare. In parole povere, come spesso è accaduto da quelle parti (Russia), potremmo stare nelle mani di un nevrotico, con troppo potere e pagarne tutti le conseguenze. In Germania, storicamente altrettanto pericolosa, mimetizzati da efficientisti e disciplinati, ci potrebbero essere i soliti “prussiani”. In presenza di questa miscela esplosiva e di quest’aria che tira … passatemi lo scherzo, direi di accelerare con le energie alternative (sole, vento, altro) per liberarsi, quanto prima, dalla dipendenza dal gas che ci vendono,a caro prezzo, da quelle parti. È tempo di aumentare la vocazione mediterranea e le relazioni con i paesi e popoli ben indicati, a suo tempo, dall’indimenticabile Enrico Mattei.

Torniamo a Yalta e a quello che ha significato fino ai tempi nostri.

Gli accordi di quelle giornate andrebbero riletti tutti e più volte ma, soprattutto, la parte che riguarda la  fine che doveva fare la Germania per cogliere quel che oggi è la vera minaccia allo sviluppo armonico della nostra quotidianità di euro-mediterranei.

Vi riporto un passo del comunicato del 11 febbraio 1945: “… siamo inflessibilmente risoluti ad annientare il militarismo ed il nazismo tedesco e a fare in modo che la Germania non possa mai più turbare la pace mondiale. Siamo decisi a disarmare e congedare tutte le forze armate tedesche; a sciogliere definitivamente lo stato maggiore tedesco; a sopprimere o controllare l’industria tedesca che potrebbe venire utilizzata per produzioni di guerra; ad infliggere a tutti i criminali di guerra una giusta ed immediata punizione e ad esigere l’esatta riparazione, in natura, delle distruzioni causate dai tedeschi; siamo decisi ad eliminare il partito nazista, la legislazione nazional-socialista, le organizzazioni e le istituzioni nazional-socialiste; e sottrarre gli uffici pubblici, la vita culturale ed economica del popolo tedesco a qualsivoglia influenza nazional-socialista e militarista, e ad adottare in Germania, di comune accordo, tutte quelle misure che saranno necessarie per assicurare in avvenire la pace e la sicurezza nel mondo.

Fra il dire e il fare, come al solito … c’è di mezzo, il mare. Anzi, ci sono stati gli oceani di tutto il globo. Nessuno, alla fine ha sorvegliato i tedeschi. Ad esempio, i greci aspettano ancora i risarcimenti “… a riparazione, in natura, delle distruzioni causate”. E, invece, le banche tedesche pretendono fino all’ultimo centesimo di quanto hanno prestato ai greci (messi in mezzo) e costretti ai debiti per armarsi, fino ai denti, nella inutile guerra con i turchi. I falsi in bilancio della pubblica amministrazione greca, presentati ai burocrati europei, complici del “raggiro” tedesco, sono bazzecole rispetto alla turlupinatura della guerra a Cipro da cui, per quaranta anni, in modo esponenziale e usuraio (altro che i soliti banchieri ebrei!), hanno guadagnato solo gli eredi dei nazisti devastatori della Grecia nella Seconda Guerra mondiale. Guerra e distruzione di massa scatenata dalle formiche tedesche e non dalle cicale greche. Yalta, in queste ore è, giustamente, al centro dell’attenzione del mondo per la questione “Ucraina” ma, a mio modestissimo giudizio, quando si arriverà alle elezioni europee (25 maggio 2014) si capirà anche quanto è complessa la irrisolta (ma che dice questo vecchio pazzo di Leo Rugens?) “questione tedesca”. A Yalta, sessantanove anni addietro, in troppi , dicevano una cosa e ne pensavano un’altra.

Così è oggi e, per capirlo, abbiamo solo 85 giorni!

Leo Rugens