Gratitudine eterna ai miei genitori, a Mazzini/Pacciardi, a chi comunque mi ama e mi sorregge
Questo è un post (il n° 3.477) di natura personale ma essendo immesso in rete da non ritenersi tale. Sono cresciuto, come ho più volte raccontato ai pochi lettori di questo marginale ed ininfluente blog, sostenuto e, comincio a dirlo, condizionato, oltre che dai valori educativi dei miei genitori, dai Doveri dell’Uomo, come li concepiva Giuseppe Mazzini. Alla scoperta di Mazzini arrivai, dopo le semplificazioni dell’età scolare e degli insegnamenti parziali che la scuola ti rifilava, attraverso la figura di un gigante politico quale fu per me Randolfo Pacciardi, primo Ministro della Difesa dell’Italia repubblicana, e fondatore del SIFAR, i servizi segreti del nostro Paese dopo la caduta del fascismo.
Ringrazio la vita di essere stata lunga a sufficienza per avermi fatto conoscere, da vicino, sia il grande dirigente politico Pacciardi che la pochezza di questa gentarella che si fa attualmente, senza averne diritto alcuno, classe dirigente della nostra sofferente Italia.
Sono cresciuto, per intendersi, io giovanissimo, tra gente che, seguendo gli insegnamenti del Maestro Giuseppe Mazzini, figura di educatore preveggente, per farsi intendere dagli operai del ‘800, affrontando il problema sociale, definiva il mondo del lavoro “la nostra lavoreria” ove gli uomini devono vivere in piena indipendenza e libertà, poiché tale “lavoreria” era il punto d’appoggio che “deve dirigere il nostro lavoro a vantaggio dell’Umanità”. Sono cresciuto quindi tra queste stramberie, e nel culto del lavoro, indipendente e libero, come bene primario e, oggi, la vita, anche di questo le sono grato, mi costringe/consente assistere ad un degrado del ceto politico, particolarmente quello della sinistra immemore, che di questa centralità del lavoro, ha perso ogni cognizione. Maledetti voi a cui sembra “normale” che il 70% della nostra gioventù non abbia lavoro e non sappia se mai ne avrà uno! E quando un giovane ne ha uno, raramente si sente nella mansione, libero e indipendente. Sono cresciuto quindi nel culto del Lavoro e, al tempo, delle nazioni che, a loro volta, sono erette a Stati ma che possono essere considerati non legittimi, quando non rappresentino l’essenza della vita collettiva, e quando non promuovano un miglioramento della comunità, né abbiano consapevolezza della missione di progresso che ogni nazione deve assumersi a cominciare dalla difesa delle libertà religiose (ecco la visione certa e profetica del Maestro) civili e politiche, poiché la Libertà per lo Stato è sacra come quella del cittadino, purché, e qui viene il guaio, non degeneri in licenza.
Questa norma (della degenerazione in licenza di fare come cazzo pare) è valida, dicevano i miei modelli di riferimento, tanto per lo Stato quanto per l’individuo. Ho posto quindi nella mia mente, scegliendolo liberamente, il tarlo dell’illegittimità del comportamento di una classe politica che tradisse il suo mandato. E su questo principio, liberamente scelto, ho agito sempre, ponendomi in chiave apertamente antagonistica, nei confronti dei “tiranni”, “tirannelli”, ” tirannelllucci”. O quelli che tali mi apparivano, a mio insindacabile giudizio. Sperando di aver sbagliato poco ma di nulla pentendomi. Questo post è platealmente segnato da un movente riconducibile a quella che si chiama “questione personale”.
Da quando Leo Rugens è nato, chiunque lo capirebbe, sto facendo (e con me la redazione tutta) i conti con qualcuno nell’ombra e non solo, quindi, con il perfido infangatore Amalek.
Per tornare a Mazzini e a come la penso, è ovvio che lo Stato non deve ignorare l’individuo, come l’individuo non deve ignorare lo Stato, dovendo l’opera sua alla società, la quale a sua volta però, attenti al passaggio, deve, tassativamente, all’individuo “il pane dell’anima e del corpo”, rigorosamente – dico io – in quest’ordine. Cioè l’educazione e mezzi di lavoro, che permettano di lavorare secondo l’ente individuo e l’ente collettivo, l’io e il non io, ambi sacri, entrambi elementi eterni della vita. Potete immaginare un ragazzetto che invece di andarsene al PIPER a “scatenarsi” a sentire cantare la seducente Patty Pravo, per liberarsi dall’oscurantismo e dalle catene di una Roma ipocrita e papalina, spezzava le catene, imbevendosi di questi concetti formativi! Peggio che se mi fossi dato agli stupefacenti che in quegli anni cominciavano ad impazzare. Come dovevo crescere se non “strano” come, durante i miei primi settanta anni, ho testimoniato di essere?
Sono cresciuto all’eterna ricerca della risalita dell’Asta del Pendolo, perché l’individuo non deve sottrarsi al fine sociale, come lo Stato non deve mai presumere di poter impunemente opprimere l’individuo. Da queste premesse mazziniane/pacciardiane, certamente repubblicane, sono arrivato a dedurre che non saprebbe mai potuta esistere una rivoluzione esclusivamente politica, tantomeno solo economica, ma che essa si doveva esplicare sempre con il duplice carattere, reso uno, politico e sociale, nel senso che doveva essere suo scopo la realizzazione di un progresso decisivo delle condizioni morali, intellettuali ed economiche della società, in un tutt’uno transdisciplinare. Anche in questa luce ho sempre pensato che il fine dell’economia doveva essere l’applicazione della legge morale sull’ordinamento del lavoro e nessun altro. Ecco l’errore di Marx che oggi fa trovare i marxisti totalmente disarmati di fronte al peccato d’origine che li spinse a pensare che il lavoro fosse merce venale e solo salario.
Solo la cultura, l’istruzione, il saperi scientifici sono ricchezza inalienabile, e la negoziazione “sindacale” su questo terreno andava giocata.
Mi fermo ed evito di tediarvi ulteriormente.
Questo post doveva essere (e questo rimane) uno spunto retorico per un ringraziamento ai miei genitori naturali per avermi dato e organizzato la vita, a Mazzini che rimarrà nella mia mente come l’uomo che visse esclusivamente per compiere un dovere verso se stesso e verso tutti gli uomini, eroe dal carattere d’acciaio e dell’azione visionaria, maestro di vita ed educatore insuperato. Pacciardi mi portò a Mazzini con l’esempio, e a lui altrettanto sono grato.
A quelli di voi che mi avete capito, accettato, sorretto e amato fino ad oggi, la riconoscenza di chi sa che senza di voi e, in particolare, “una” (la mia amata Ariel) di voi, non potrei essere ancora vivo. Felicemente attivo come mai mi era stato dato di poter essere. Alla faccia del perfido Amalek, l’infangatore, che mai poteva immaginare, il 14 febbraio del 2012, quando, mosso da altra finalità (togliermi di mezzo infamandomi in vista del convegno/appuntamento pubblico del 23 marzo successivo), postò, nella imperitura rete, la descrizione di un uomo diametralmente opposto da quello che ero stato e che continuerò ad essere, fino all’ultimo giorno della vita concessami. Che – già così – è stata bella lunga.
Ciao, ciao Amalek.
Oreste Grani/Leo Rugens, ruggente come non mai.
Il degrado sociale a cui si è giunti, è tale da non lasciare, addirittura, al singolo, la facoltà di scelta “se lavorare oppure no”, anche questa facoltà è stata arrogata ad Altri. Qui siamo giunti al fondo…
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Auguri di buon compleanno
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Grazie caro.
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Tanti auguri Oreste! 🙂
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Grazie caro. Lunedì come promesso cominciamo . Venerdì abbiamo finito una fase complessa. Tutto molto bene.
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Mi ha commosso.
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Grazie per l’attenzione e le parole scelte
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Tardi al mio solito, mi associo agli auguri.
Grazie.
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L’ha ribloggato su Leo Rugense ha commentato:
Se lo ribloggo ci deve essere un perché. Come sempre. O.G.
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