Casa Russia o Casa Italia?

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«Un Partito Radicale internazionale – ebbe a dire Jean – Paul Sartre – che non avesse nulla in comune con i partiti radicali attuali in Francia? E che avrebbe, ad esempio, una sezione italiana, una sezione francese, ecc.? Conosco Marco Pannella, ho visto i radicali italiani e le loro idee, le loro azioni; mi sono piaciuti. Penso che ancora oggi occorrano dei partiti, solo più tardi la politica sarà senza partiti. Certamente dunque sarei amico di un simile organismo internazionale». E il poeta premio Nobel, Eugenio Montale: «Dove il potere nega, in forme palesi, ma anche con mezzi occulti, la vera libertà, spuntano ogni tanto uomini ispirati come Andrei Sacharov e Marco Pannella, che seguono la posizione spirituale più difficile che una vittima possa assumere di fronte al suo oppressore. Il rifiuto passivo. Soli e inermi, essi parlano anche per noi».

[…]

Nel 1968: l’Urss e i Paesi «satelliti» del Patto di Varsavia decidono di stroncare la breve «primavera» di Praga e invadono militarmente la Cecoslovacchia. Racconta Pannella: «Ci vediamo con un po’ di compagni e con la War Resister’s International, che è una vecchia associazione gandhiana, pacifista, con sede a Londra. Siamo un pugno di persone, e diciamo: “Qui c’è da fare una grande cosa: andiamo a farci arrestare a Mosca e nelle altre capitali dell’Est europeo, a denunciare nelle loro lingue che violano la loro stessa Costituzione, le loro leggi…”».

Vecellio, Valter, “Marco Pannella”, Rubbettino Editore. Edizione del Kindle.

A rileggere un libro, un romanzo, c’è sempre da guadagnare. Approfittando di un po’ di vacanza, ho ripreso La Casa Russia (The Russia House) di John Le Carré, pubblicato nel 1989. Di tutta la vicenda mi interessa un aspetto o forse due, che ritengo essere un implicito e criptico omaggio ad alcuni uomini che hanno reso l’Italia un paese interessante prima che si corrompesse definitivamente.

Avanzerò anche una tesi, ingenua e ardita, omaggio a David John Moore Cornwell che ha reso a Sua Maestà e all’umanità servigi incalcolabili, amando e tradendo il popolo russo.

Da tempo mi sono reso conto che il silenzio assoluto su nomi e accadimenti da parte di chi all’epoca dei fatti era presente può significare due cose, primo, non se ne sa nulla di nulla, secondo, se ne sa troppo. Stabilito questo assioma, leggendo il romanzo scopriamo dopo qualche decina di pagine che la vera storia inizia con la visita alla tomba di Pasternak da parte di un gruppo di editori britannici che partecipavano a una fiera a Mosca. Tra essi il colto e tormentato Bartholomew “Barley” [orzo ndr]* Scott Blair. Finita la commemorazione, il gruppo è avvicinato da un russo che invita tutti a un pranzo di scrittori e intellettuali; solo Barley accetta, distaccandosi dagli altri, siamo a Peredelkino.

Dopo ore di chiacchiere e di proclami inneggianti alla pace e al dialogo, stanco e ubriaco, Barley viene avvicinato da “Goethe”, il soprannome di uno dei partecipanti al banchetto, da tutti tenuto in grande considerazione e taciturno. Yakov Yefremovich Savelyev, alias Goethe (non mi viene in mente un perché) è un fisico pronto a rivelare gli arcani del sistema difensivo/offensivo sovietico in nome di una pace che deve “scoppiare” a tutti i costi: “far scoppiare la pace” è l’espressione del traduttore italiano per l’edizione Feltrinelli.

Avrete capito cari lettori che i protagonisti del romanzo sembrano ricalcati sulla figura di Giangiacomo (Barley) Fetrinelli (1926-1972) e di Andrej Sakharov (1921-1989 [anno di edizione del romanzo ndr]).

Le cronache dicono che fu il giornalista Sergio D’Angelo, nel 1956, a ricevere il manoscritto del Dottor Zivago, così come nel romanzo di Le Carré è un fugace personaggio l’inglese, polacco e in terzo luogo ebreo Niki Landau a ricevere il manoscritto di Goethe, nel prologo della vicenda.

Qui mi fermo perché all’epoca dell’operazione Pasternak non ero nemmeno nella mente dei miei genitori, mentre l’eco del boato di Segrate, forse due chilometri in linea d’aria da casa mia e all’epoca avevo sette anni, nei miei pensieri non si è mai spento così come quello precedente di Piazza Fontana, tre anni prima.

 

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Anche la vicenda Sacharov mi coglieva giovane e inesperto, ma, i casi della vita, ho compreso che Marco Pannella ne sapesse abbastanza in fatto di dissidenti russi, forse qualcosa più di Le Carré o in alleanza con lui o con chi sa chi?

Vengo dunque alla tesi: gli italiani avevano informazioni sull’Unione Sovietica assai più dettagliate e profonde di quante ne avesse The Russia House (la sezione dell’intelligence britannica dedita allo studio della CCCP e ossessionata dai suoi armamenti al pari dei cugini americani) per il semplice e banale fatto che in Italia c’erano tanti comunisti, suore, preti, che andavano e venivano da Mosca e dintorni, in un secondo tempo anche mafiosi e Silvio Berlusconi (grazie agli uffici della coppia Cossutta / Napolitano, il Presidente Emerito), per non dimenticare il duo Agnelli / Kissinger e dulcis in fundo l’ing. Debenedetti; chi non menziono mi perdoni l’ignoranza o la dimenticanza. Insomma, quando al Circus si viveva il dramma dei Cambridge Five, in Italia si dibatteva sulle vacanze e le speranze di Peppone, fino all’ossessione e da lì alla paranoia, quindi alle bombe.

Per concludere, forse sbaglio a ritenere che la Casa Russia sia un omaggio, magari involontario, a un epoca d’oro per l’intelligence (culturale) italiana, intelligence fatta da editori, intellettuali, sognatori, gente comune sulle cui fatiche e drammi tanti agenti stranieri possono avere fatto la propria fortuna.

Non è così Mr. Cornwell?

Alberto Massari

N.B. Non ci si azzardi a paragonare la patacca Mifsud con le gesta dei su menzionati italiani, patrioti o meno che fossero.

*L’orzo è stato utilizzato per secoli nella produzione della vodka, così come lo è attualmente per la birra e il wiskey.

To be continued…

 

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