A Gaza oltre che Hamas comandano anche dei clan
Non conosco di persona Elena Dusi ma sono molto affezionato ad alcune pagine a sua firma comparse nel maggio 2007 su Limes. Pagine che mi aprirono occhi e orecchie rispetto al mondo palestinese e alla Striscia di Gaza di cui oggi tutti sono costretti a ragionare. Pur essendo ancora oggi una donna giovane, tengo a precisare che le paginette la Dusi le ha scritte più di tre lustri addietro. Pagine fondamentali per capire il losco mondo di Gaza e di Hamas, a prescindere dagli innocenti (bambini, vecchi e donne) colpiti in queste ore.
Per 15 anni ho tenuto a conto le pagine della Dusi e la notizia certa che Pierluigi Piccini, quale direttore della sede del MPS di Parigi, sapeva non poche cose di un correntista straricco di quella banca. Mi sembra, spero di non sbagliarmi, che si chiamasse Arafat e che fosse il primo e grande spregiudicato manipolatore del popolo palestinese grazie alle sofferenze del quale, il furbo capo dell’OLP, era diventato straricco. Quando dico straricco in questo post intendo dire miliardario in dollari.
Ma forse malattia e stanchezza mi fanno prendere un granchio: Arafat era povero (come Oreste Scalzone che viveva latitante a Parigi dopo aver trafficato anche con i palestinesi) e Pierluigi Piccini, non era un dirigente del Monte dei Paschi di Siena.
Oreste Grani/Leo Rugens
La struttura clanica della società palestinese ed araba in generale è molto radicata. Il clan costituisce una articolazione dei banu, cioè le tribù, della penisola araba, sparpagliati in tutto il medio oriente ed il nord Africa al tempo della conquista. Ad esempio, il clan dà il nome al quartiere o ad una parte della città.
A Betlemme, situata nelle zone sotto il controllo amministrativo dell’Autorità palestinese, per andare a lavorare in Israele bisogna passare dai check point del muro di separazione e sono i clan, che dominano anche i campi profughi Unrwa (anche in Libano e Giordania), che gestiscono i permessi con mazzette annesse. Idem per le licenze edilizie.
L’articolo è molto interessante ed evidenzia l’impossibilità di “distruggere Hamas”, il cui potere è frutto di una mediazione tra i vari clan così come già avveniva ai tempi di Arafat. “Distrutta” Hamas, i clan troverebbero rapidamente qualcosa che lo sostituisca.
Il rafforzamento dell’Autorità palestinese, previsto dagli accordi di Oslo implicava affrontare la questione dei clan, che invece sono stati lasciati a spadroneggiare perché indebolivano il potere della stessa Autorità.
L’orribile massacro del 7 ottobre, passato lo shock iniziale, dovrebbe dare luogo ad un dibattito pubblico nella società israeliana, ormai consapevole dell’inefficacia di un approccio soltanto militare. Qualche segno comincia ad apparire. Ma forse è ancora troppo presto. Va comunque crescendo la consapevolezza che Netanyahu se ne debba andare, almeno stando ai sondaggi.
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Noto che il clan Masri affonda le sue radici nell’Egitto fatimide, dominato dalla setta esoterica sciita degli Ismaliti, poi sconfitta dal sunnita Salah al Din (Saladino), e che, a parte il magnate Munib, molti membri del clan sono connessi in vario modo agli ambienti incubatori di al Qaeda a partire dall’omicidio di Sadat.
https://en.wikipedia.org/wiki/Al-Masri
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Quel furbacchione di Nasrallah ha parlato:
1) l’attacco del 7/11 è stato pensato dai palestinesi, l’Iran non c’entra un tubo
2) onore ai martiri “necessari” di Gaza
3) Israele è debole e in confusione totale, aspettavamo questo momento da anni
4) il governo Netanyahu è “estremista e stupido”
5) Hezbollah sta già offrendo il suo contributo alla resistenza, distogliendo forze israeliane da Gaza
6) Usa non ci spaventate
7) un intervento più consistente di Hezbollah non è da escludere e dipende da un’eventuale invasione israeliana e da ciò che Israele farà a Gaza
8) conclusione rivolta agli Usa: imponete il cessate il fuoco su Gaza. Stranamente, nell’elencare i componenti del Fronte della Resistenza, include anche l’Afghanistan.
Non so come mai, ma i video con traduzione in italiano si fermano a metà discorso. Il riassuntino deriva da un video di Sky News in inglese.
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Sì, ha detto proprio “Afghanistan”, alla fine del discorso. Nel dubbio l’ho riascoltato
https://it.euronews.com/2023/11/03/rifugiati-al-confine-con-lafghanistan-cacciati-dal-pakistan-bloccati-dai-talebani
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Non solo Hezbollah, ma anche l’Iran, al di là della solita retorica roboante, non sembrano morire dalla voglia di andarsi a cacciare in uno spaventoso casino senza fine. Anche perché i pazzi in giro non mancano e, nel secondo caso, sono anche molto vicini al confine (come se non bastassero i problemi interni ed Israele che scambia petrolio con armi con Baku – ci credo che il Sultano è nervosetto!)
https://www.ilfoglio.it/esteri/2023/11/01/news/da-karachi-a-islamabad-la-rete-che-sostiene-hamas-in-pakistan-5853883/
Nasrallah, utilizzando i poveri palestinesi come “martiri necessari”, non solo si è stancato di fare il proxy, indicando yemeniti ed iracheni come manovalanza, ma ha anche tentato di proporsi come riferimento non solo per il mondo sciita ma per l’intera Umma. Però forse c’è qualche grosso sunnita che non è d’accordo e si inserisce nel gioco. Sullo sfondo del gioco più grande, grazie ai “martiri necessari”, ciascuno cerca il suo posizionamento.
Spesso il cinismo è stato attribuito agli occidentali colonizzatori (che certo non scherzavano). Adesso, però, questi ultimi appaiono impotenti e stupidamente incartati nei vaniloqui da social e nelle stupide tifoserie da stadio, di fronte ad una ferocia spaventosa che inghiotte ogni giorno centinaia di vite.
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Esattamente un anno fa (articolo del 6/10/22)
https://www.ilsole24ore.com/art/pakistan-terrorismo-mette-rischio-piani-infrastrutturali-cinesi-AEcZ205B
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Dai “martiri necessari” alle “metafore” da sganciare. Perché, dicono entrambi, “la guerra ha un prezzo”.
https://www.open.online/2023/11/05/israele-ministro-amihai-eliyahu-bomba-atomica-gaza-netanyahu-sospeso/
Da diversi anni si assiste ad un’escalation di irrazionalità. E’ ora di recuperare la ragione e dare la parola a chi è in grado di immaginare un futuro accettabile.
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Le “tribù” di Israele ormai ai ferri corti
https://it.euronews.com/video/2023/11/03/la-polizia-israeliana-attacca-gli-ebrei-ultraortodossi-a-gerusalemme-est
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Mi è tornato in mente questo post leggendo un articolo, su La Repubblica di oggi, di Mordechai Kedar, accademico israeliano, che sostiene:
“L’unica soluzione possibile è quella degli Emirati urbani, basata sul sistema tribale tuttora predominante in Cisgiordania:in ognuna delle grandi città – Jenin, Nablus, Ramallah, Tulkarem, Qalqilya, Gerico e la parte araba di Hebron – può essere istituto un Emirato sovrano la cui fonte di autorità siano i capi delle famiglie locali, sul modello degli Emirati del Golfo.
Secondo questa soluzione Israele manterrebbe la sua presenza nelle aree rurali (i territori B e C degli Accordi di Oslo) estendendovi la propria sovranità e conferendo la cittadinanza israeliana ai palestinesi dell’area. L’Anp assumerebbe un ruolo di struttura federativa tra i vari Emirati. La Striscia di Gaza verrebbe suddivisa in sei distretti – Beit Lahia, Gaza, Dir al Balah, Khan Yunis, Abasan al Kabira e Rafah – ognuno dei quali gestito da governatorati locali. Solo una soluzione simile potrà assicurare ai palestinesi prospettive di vita dignitosa, fornendo ad Israele sufficienti garanzie di sicurezza”.
Che sia questo, in realtà, il piano di Netanyahu (e dei suoi alleati arabi)?
A me non sembra una gran bella pensata. Sarebbe come dire “istituiamo dei governatorati in Calabria affidandoli ai Morabito, ai Mancuso, ai Nirta, ecc… che certamente sono in grado di mantenere l’ordine pubblico, con la Regione Calabria come ente di raccordo”.
Il modello sembra essere quello applicato dall’impero britannico nel Golfo Persico. Gli americani, angosciati dalla crisi (interna ed esterna) che li attanaglia, cosa ne pensano? E gli europei, accetterebbero una simile soluzione?
Ed è davvero credibile, poi, che una simile soluzione riesca effettivamente a garantire la pace nella regione e che non si traduca, invece, in una frammentazione dei focolai di resistenza?
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