Maltese: La credono ancora un comico. Grillo: “Per fortuna, così ti perdonano di dire la verità”

Rigoletto

Continuo a pubblicare articoli riguardanti Beppe Grillo ripescati dal passato, qui siamo nel 1998, fino a che apparirà evidente da quanto lontano abbia preso la rincorsa per diventare ciò che, tra qualche mese, sarà riconosciuto su tutte le prime pagine dei quotidiani del mondo: il vincitore delle imminenti elezioni politiche.

L’articolo di Curzio Maltese riporta alcune “battute” – se così vogliamo ancora chiamarle– di uno spettacolo che tra un Previti e uno Scalfaro prende di mira una delle mie fissazioni: Big Pharma.

Pur non condividendo l’insinuazione per cui l’Aids sia una epidemia provocata in laboratorio, non c’è dubbio che il suo atto di accusa contro Federfarmaci, medici compiacenti, affaristi o speculatori della salute sia incontrovertibile. Il non più comico punto il dito verso una ricerca scientifica snaturata dagli interessi delle multinazionali dei farmaci, attacca la diffusione degli psicofarmaci, la rimozione a tutti costi del dolore e della morte con l’allontanamento degli anziani dalle mura domestiche.

La critica a una umanità intossicata dai farmaci diventa radicale quando osserva che un buon sistema fognario o un tetto ben fatto sopra la testa allungano la vita molto più di qualsiasi medicina.

Poi, come se niente fosse, si sposta sulla questione Iraq e, forse involontariamente, annuncia qualcosa di più, leggiamo:

Grillo – “Quello che ormai non indigna più nessuno, o quasi. Per esempio, gli americani”.

Maltese – È evidente che stanno lanciando col marketing una nuova, inutile guerra contro l’Iraq.

Grillo – “Inutile lo dice lei. Le armi bisogna pure fabbricarle, usarle e poi fabbricarne di nuove. E si esercitano sulle piste di Cavalese. Si vede che non hanno calcolato che gli iracheni non sciano”.

Era il 1998, nel 2001 incomincia la guerra in Afganistan, forse è solo una coincidenza.

Poi la stoccata finale, Grillo chiede che si rimuova il segreto militare per chiarire Ustica una volta per tutte; e questa sarebbe una battuta da comici?

Impervia la conclusione dedicata al prof. Stefano Rodotà, intellettuale da me stimato e che Grillo liquida sbrigativamente. Non sempre si riesce a scorgere il futuro con chiarezza, ma una cosa è certa, nel 1998 Grillo non è più un comico, è già un royal fool. Grazie prof. Andrew per averlo teorizzato: Nell’ambito delle corti medioevali in Europa, notoriamente strutture autoritarie, uno dei grandi problemi era dire ai governanti quello che non volevano sentire. In molte corti esisteva quindi la figura del “buffone di corte”, “the royal fool”. Era lì per intrattenere il governante, ma aveva anche una sorta di licenza per dire le verità scomode che ad altri non era consentito dire... (vedi post I PRIMI PASSI DEL GOLEM…)

Oreste Grani

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‘Ecco l’Apocalisse del 2000 col medico che diventa Dio’

“HA PER caso una foto di Previti? No, vero? Certo, non è una cosa che uno porta in giro volentieri. Mi serve per lo spettacolo di questa sera. Mi fa dare un’occhiata al giornale?”. Beppe Grillo ha ricominciato a girare l’Italia, annunciando l’Apocalisse del Duemila. Un saio da Savonarola, quattro idee, cento storie, una lunga metafora: il medioevo tecnologico, la medicina come religione, l’oppio e l’ovvio dei popoli. Sfoglia la copia di “Repubblica”, si ferma sulla foto di un rottweiler, strappa la pagina. “Va bene questa, Previti e un rottweiler sono identici. L’unica differenza è che se a Previti gli lanci un bastone lui lo porta in Svizzera”. È tornato alla satira politica? “Ma quale politica? La Cosa Due? La Bicamerale? La rinascita della Dc?”. “MA ANDIAMO, a lei frega qualcosa?”. Capisco, meglio pensare alla salute. “Prima che ci pensino i medici”. Che gliene pare di Di Bella? Anche questa sembra una storia medievale. Colpisce che nessun giornale straniero abbia dedicato una riga alla presunta scoperta del secolo. Non sarà un melodramma tutto italiano? “Chissà, forse è un melodramma mondiale. Certo, a vedere Di Bella in tv, tutto sghembo, uno si domanda: ha scoperto la cura contro il cancro per gli altri e non una cura per la sua artrosi cervicale?”. È diventato un idolo. “Grazie ai media. Ma era facile. La gente guarda questa specie di Mastro Geppetto onestissimo, un grande medico senza ville in Sardegna, e gli si apre il cuore: c’è ancora chi lo fa per passione”. E la somatostatina? “Ho apprezzato molto l’intervento di Scalfaro quando le fiale costavano ormai un milione. Anche a lui è cominciato a sembrare un po’ sospetto”. Che ci sia stata speculazione? “Mah. È un fatto ormai che anche chi non ha il cancro oggi vuole la somatostatina, così, per averla in casa, non si sa mai. Appena calano i prezzi e imparano a pronunciarla i pensionati…”. Il fenomeno Di Bella non dipenderà anche dalla restante classe medica? “Lei saprà com’è stata finora in Italia la lotta contro i tumori…”. No, come? “Bot, Cct, investimenti immobiliari… Bisognerebbe chiedere a Veronesi dei lumi”. C’era anche l’oro nascosto nel sofà. “Ma no, guardi, comincio a pensare che Poggiolini fosse soltanto una vittima del sistema, come si diceva una volta. I veri responsabili sono gli Aleotti, quelli della Federfarmaci, i distributori di vergogna. Su quarantamila farmaci in circolazione la metà non serve a niente. Non a caso la spesa per il marketing è uguale a quella per la ricerca”. Per vendere il prodotto… “E comprare i medici. C’è perfino l’Oncotour. Pensi che bella gita. Posti meravigliosi, miliardi per non dirsi nulla. Una volta sono andato a un Oncotour e abbiamo scambiato le diapositive a un relatore. Ha fatto il suo spettacolino e non s’è mossa una paglia. Poi capisci perché i medici e i loro parenti sono quelli che si fanno curare di meno”. Dice che la missione del medico è prendere uno sano e convincerlo che è malato? “Al novanta per cento sono soltanto spacciatori di ricette. Quando vai dal medico per un controllo, ti viene applicato il vecchio codice penale. Hai l’onore della prova. O gli dimostri che sei sano oppure ti bombarda di medicine. Secondo la scienza medica, la vita è una malattia che si trasmette per via sessuale”. Però, dicono, si è allungata. “Non grazie alle medicine. A parte un paio, che so, gli antibiotici. Per il resto, bisogna ringraziare gli idraulici e i muratori che hanno costruito le fogne e i tetti”. Lei, pur essendo un uomo di spettacolo, non prende neppure psicofarmaci. “Tiro avanti a Barbera. Anche ‘sta storia degli psicofarmaci è grottesca. Adesso si sono inventati che se hai una famiglia orrenda, sei sposato a uno che odi, frustrato sul lavoro, senza un amico, la tua tristezza dipende da una certa sostanza che il cervello non produce più. Per cui arriva il professor Cassano e ti riempie di psicofarmaci”. È tutta superstizione? “Hanno fatto un esperimento in California, hanno preso 400 bambini e chiesto a un gruppo di medici di fama quanti dovessero essere operati alle tonsille. La metà, è stata la risposta. Poi hanno preso i duecento sani e li hanno fatti esaminare da un’altra èquipe: centodieci da operare e novanta no. Allora hanno preso i novanta… La faccio breve, se ne sono salvati trentasei”. Perché il pubblico, così diffidente di tutto, è così facilmente suggestionabile dalla medicina, poco attento a quello che mette nel corpo? “Perché la medicina è Dio, un atto di fede. Si sono presi il senso della vita e della morte. Una volta la nascita era un evento, oggi è un’operazione chirurgica. Fanno il cesareo per guadagnarci. E che senso ha, a parte il guadagno, non lasciare più i vecchi a casa, fra persone care, per farli morire negli ospedali, soli nella corsia?”. O in gruppo nella iperbarica. Spesso però sono i parenti a non volerli a casa. “È un modo per non guardare in faccia la sofferenza, la vecchiaia, la morte. Grazie ai mille gerovital ormai la vecchiaia è vista come una malattia, oltre che un onere sociale. Hanno rubato per quarant’anni ma poi s’è capito: era tutta colpa dei pensionati. Ora troveranno un modo. Che so, rottamare due pensionati in cambio di un giovane”. Stia attento a fare battute che poi ci fanno le proposte di legge. “È vero. È pieno di gente che non si sa perché ci sono, cosa dicono e perché guadagnano miliardi. Sono lì per giustificare il fatto di esserci, sono gli specialisti dell’ovvio”. Una volta c’era soltanto Alberoni. “Bei tempi. L’anno scorso mi hanno invitato a un convegno a Davos, in Svizzera, di universal managers esperti in risorse umane globali. La diffido dal chiedermi che diavolo vuol dire. Erano duemila. Ho ascoltato per qualche ora dei discorsi da scompartimento ferroviario, però illustrati da grafici complicatissimi. Poi gliel’ho detto: se in questo preciso istante tutti voi scompariste, nella vita delle aziende non cambierebbe assolutamente nulla. Ridevano. Pensavano a una battuta”. La credono ancora un comico. “Per fortuna, così ti perdonano di dire la verità”. Mentre lei che cosa vorrebbe essere, un divulgatore scientifico, un Piero Angela con il sense of humour? “Non mi accosti ad Angela o la querelo. L’unica cosa interessante di Angela è che è riuscito a clonarsi. È lì che dialoga tutto il tempo con uno schermo dove o c’è lui o il figlio, che è uguale. Per esprimere un concetto spende cinque miliardi”. Ma ogni tanto ci azzecca. “Senza volere. Per esempio ho seguito una trasmissione sull’Aids che ricostruiva bene la vicenda. Nell’81 il professor Gallo scopre in laboratorio l’Hiv. Nell’82 esplode l’epidemia. Una sequenza significativa”. Prima hanno scoperto il colpevole e poi è spuntato il cadavere. “L’Aids è una delle più grandi invenzioni di tutti i tempi. Quando ci sono dieci miliardi di dollari stanziati nella ricerca di un retrovirus è scientificamente provato che il medesimo cambia ogni anno”. Possiamo serenamente dire che non crede nella ricerca. “Non credo nella ricerca miliardaria. Le grandi scoperte sono nate dalle idee, sono costate quattro lire, da Pasteur a Fleming a Sabin. Gli interessi delle case farmaceutiche ormai cozzano con l’interesse della scienza. In Colombia un grande scienziato, Patatroyos, ha scoperto un vaccino contro la malaria che non vuole brevettare per distribuirlo gratis ai poveracci. Il risultato è che non glielo fanno produrre e l’anno scorso sono morte di malaria tre milioni di persone”. A parte la medicina, c’è qualcos’altro che la indigna? “Quello che ormai non indigna più nessuno, o quasi. Per esempio, gli americani”. È evidente che stanno lanciando col marketing una nuova, inutile guerra contro l’Iraq. “Inutile lo dice lei. Le armi bisogna pure fabbricarle, usarle e poi fabbricarne di nuove. E si esercitano sulle piste di Cavalese. Si vede che non hanno calcolato che gli iracheni non sciano”. Era una buona occasione per chiedere finalmente la verità su Ustica e sulla strage di Casalecchio. “Io da piccolo sono stato sospeso dieci giorni per essere entrato in classe in bicicletta. Quello c’è entrato con un jet e non gli hanno fatto niente. È segreto militare”. In compenso abbiamo conquistato il diritto alla privacy. Non lo vede come un successo? In fondo lei aveva sollevato la questione. “Me l’ero presa con le aziende che ti entrano in casa, conoscono tutto di te, sanno quanto guadagni, come vivi, quante volte lo fai. E per questo non è stato fatto nulla. Hanno fatto una legge ridicola per cui se perdi un’agendina con dei numeri di telefono rischi due anni di galera per diffusione di dati. Se vai in coma e i tuoi parenti ti vengono a trovare, all’ospedale non possono dire che sei ricoverato. Ti devono svegliare un attimo dal coma e farti firmare una carta. Geniale. Tutto per dare quei quattro o cinquecento milioni ai Rodotà, a questa gente che in fondo poteva anche andare a lavorare”.

di CURZIO MALTESELa Repubblica 18 febbraio 1998

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