Il MPS, l’usura e la resa dei conti. In tutti i sensi

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Il problema dell’usura, nella storia dell’Umanità, è complesso. Usura nella forma arrivata fino ai nostri giorni non si limita al comportamento di alcuni personaggi che vivono ai margini della legalità (se non, addirittura, organici alla criminalità) o a figure laide capaci di dormire sonni tranquilli prestando soldi a chi si trovi in stato di bisogno, strozzando progressivamente la vittima e allentando la presa solo per far respirare l’usurato quel tanto perché sia capace di procurarsi altro denaro che in realtà è solo ossigeno per non morire. Lui e la famiglia, solitamente anch’essa devastata dalla condizione che attanagliando uno, ghermisce tutti. Non ci sono in giro solo i cravattari come tradizionalmente vengono chiamati – a Roma – questi vermi. Nel giorno in cui è sotto gli occhi di tutti dove una banda di criminali politici ha portato la Banca più antica del Mondo (il tracollo è dietro l’angolo e il limite di un euro ad azione ieri è stato passato) voglio riportare, ai miei 8 e mezzo lettori, una vicenda che non deve essere considerata minore e che da sola è sufficiente a testimoniare il tasso di criminalità e di sadismo vigliacco che connota alcuni individui che decidono nella vita di vivere alle spalle di altri. E non facendo i ricottari, i papponi, i lenoni, le metraisse ma i dipendenti ben pagati delle banche. Vi giro un articolo di una testata elettronica che sono certo non si è inventata la notizia.

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Cosa è questa storia? È una storia minore o è la “storia” di quei farabutti che governavano, sin dal 1997 e fino alla “vittoria del Ceccuzzi” nella primavera del 2011, il MPS a partire dalla Presidenza, dal Consiglio d’amministrazione, dalla Direzione generale di Siena fino all’ultima filiale sul territorio? Quando dico che si deve srotolare, a ritroso, per anni, la vicenda senese, intendo dire proprio questo. Come fosse anche lei una sequenza di effetti anatocistici. Perché così è e non solo dal punto di vista prettamente contabile. Quante migliaia di cittadini, fidandosi della tradizione e dell’effetto alone che proveniva dall’essere stato il Monte dei Paschi di Siena, la banca più antica del Mondo e d’avere la sua direzione nella bella e prospera (così appariva) Città del Palio, sono rimasti intrappolati in situazioni similari?  Quante volte dirigenti “gargarozzoni” si sono ingozzati di denaro, di premi di produzione perché facevano il target e di privilegi, grazie ai milioni di ingenuotti che portavano il sudore della loro fronte all’ammasso di Rocca Salimbeni? Eppure si sarebbe dovuto capire che non poteva non andare a finire così perfino grazie alle vignette di Emilio Giannelli, un tempo anche lui dirigente del Monte dei Paschi di Siena e poi disegnatore satirico di punta del “Corriere della Sera”.

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Giannelli tra l’altro, con Alberto Asor Rosa, intellettuale disorganico ad una sinistra di cui non si fidava più e Lord Ned Lambton, conte di Durham e altri 4 mila cittadini avevano aderito al comitato spontaneo di incazzati, completamente contrari all’ampliamento dell’aeroporto di Siena-Appugnano.  Si sarebbe dovuto capire che la città che aveva espresso le più alte percentuali di consenso al PCI e alla CGIL d’Italia dal dopoguerra, non era più disposta a farsi guidare dall’altro comitato rappresentato dal sindaco di Siena, dal presidente della provincia, dal presidente della Fondazione bancaria che controllava il MPS oltre alla dirigenza del fondo d’investimento lussemburghese Galaxy che volevano fare del piccolo aeroporto già esistente nel comune di Sociville, realizzato con velleitarie finalità militari drenando una palude (così si fece anche per la pista lunga di Fiumicino che senza idrovore in funzione per anni non sarebbe mai diventato uno scalo internazionale!) ai piedi delle colline senesi e, alla data dello scontro prospettico tra gli affaristi para-politici e cittadini consapevoli che di altro avrebbe avuto bisogno Siena, frequentato da qualche raro volo di aeroplanini. Cari Cenni sindaco, Ceccuzzi sindaco, Ceccherini presidente della provincia, Mussari dominus della Banca, Bisi e Raffi massoncelli in fuga, dove vi nasconderete, brutti cazzoni, ora che la Banca verrà azzerata? Ben lontani i tempi i cui quel vanesio ricciuto di Giuseppe Mussari si vantava con la stampa che i suoi rapporti con Giovanni Bazoli e con Cesare Geronzi fossero più che buoni e che quelli con il suo vicepresidente Francesco Gaetano Caltagirone erano addirittura ottimali. Che fine hanno fatto le affermazioni secondo le quali l’acquisto dell’Antonveneta, la banca padovana di sant’Antonio, era un matrimonio bancario sano (!), strategico(!!), senza porcherie (!!!), tutto proteso a buoni affari (!!!!) che avrebbero creato valore per gli azionisti (!!!!!)???????????????

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Di che cazzo parlava quel “ricciuto” quando, adrenalinicamente, affermava che nonostante i nove miliardi pagati, il matrimonio fra le banche avrebbe creato valore (!) per la complementarietà di due delle zone più ricche del Paese (!!), per la distribuzione degli sportelli (!!!), per l’intreccio delle quote di mercato (!!!!), per la qualità dei prodotti che avrebbe venduto (!!!!!)??????????

La verità che la fortuna di queste mezze cartucce è che erano circondate da altrettanto mezze seghe nella veste di vittime, altrimenti questa sera stessa, per loro, non ci sarebbe scampo. Intendo dire scampo fisico. Invece, al di là di una minoranza sparuta di onesti indignati, anche i truffati a Siena sono mosci e capaci di menare le mani solo da contradaioli offesi, turlupinati, delusi per una prestazione equina truffaldina organizzata dal doppiogiochista di turno. O asinina, come quella a cui, dal  2001, ininterrottamente, hanno assistito. Per tacere delle mascalzonate “lato-mistiche” già intercorse in città intorno (ma per questa gentaccia cos’è la Massoneria?) all’acquisto per 2500 miliardi (per fortuna che erano lire!) della Banca del Salento. Come è ormai chiaro al Paese tutto, nelle stesse ore in cui si mette a nudo il malaffare in Banca Etruria, la giornatina di ieri in Borsa, sancisce la morte della Banca che nessuno vuole più neanche regalata. Il problema di Siena era Ipazia e i suoi ragionamenti pacati e pre-veggenti o una banda di malfattori che si annidavano nel e intorno al PD/PDL nel tentativo estremo di, eletto Franco Ceccuzzi, provare a far sparire le prove del saccheggio? Il problema erano due o tre pagliuzze/fatturine non pagate (per causa di forza maggiore!) da Ipazia o le travi ben piantate tra i glutei della maggior parte dei 55mila senesi e di centinaia di migliaia di altri correntisti in giro per l’Italia e nel Mondo?

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Vi fottevano miliardi e qualcuno di voi (primo fra tutti Stefano Bisi) gridava all’untore straniero (Ipazia alessandrina) ancor prima che si sapesse che non avremmo potuto saldare parcelle per poche migliaia di euro: una, addirittura, se ben ricordo, ad un fotografo che aveva scattato foto a candidati tirchi. Parcelle moralmente non dovute. Oggi, tornate al ricordo del vostro voto di quella primavera del 2011 e ditemi quale soluzione speravate di trovare con Franco Ceccuzzi/alias Alessandro Nannini/alias Denis Verdini? Ditelo, ora che le vostre azioni valgono meno di un euro!

Nel 2008, Emilio Giannelli, senese della contrada del Drago, che mi risulta viva vicino all’aeroporto di Ampugnano, con il suo tradizionale e sdrammatizzante approccio, consegnò, brevi manu, ad Alberto Statera (lui sì giornalista informato di grovigli affaristici senesi ma che ha solo il limite di voler definire “massonici”, quanto basterebbe definire, “criminale”) una vignetta parlata: “Il Monte prende il volo, ma senza aeroporto”. Il Monte prende il volo! E così è stato. Macerie, pre-viste nella sintesi di Mario Luzi, e così è stato. Fiamme e scarnificazioni anticipate nel monologo, il Sogno di Ipazia, scritto per voi e a voi inutilmente offerto. Fiamme e disconoscimento della Verità. E così è stato. Stessa fine ingloriosa a quanto, nella mia marginalità, cercai di fare avvertendo, sin dal 2006, i vertici nazionali del partito della “resistibile” tragedia in corso. In molti hanno tentato di salvare il Monte, la città di Siena e con essa il tessuto connettivo dell’Italia centrale oggi senza guida e senza risposte intelligenti e territorialmente radicate. Quando Giannelli consegnò la vignetta a Statera, mancavano ancora un migliaio di giorni (non i cento canonici napoleonici!) alla primavera del 2011 e alla “trionfale” vittoria di Franco Ceccuzzi. Certamente, a Siena, in troppi (tutti quelli che, nel segreto dell’urna, a maggio 2011, votarono PD/PDL) sono responsabili degli attuali accadimenti. Nessuno escluso.

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Comunque anch’io – sia pur nella mia ormai strutturale tristezza – mi voglio concedere un ricordo che per un istante mi sollevi dalla cupezza delle rimembranze senesi: l’avvocato Giovanni Maria Flick, nel 1996 ministro competente della Giustizia nel governo Prodi, soleva dire a proposito delle dinamiche (tangenti!) che si muovevano all’interno dell’ANAS: “Gustavo Dandolo e Godevo Prendendolo”. Ritengo che a Siena, città dove la percentuale di omosessualità (dichiarata e underground) mi dicono essere notevole, in molti devono aver praticato la sodomia affaristica traendone piacere e vantaggi. Altrimenti, Franco Ceccuzzi, non avrebbe potuto vincere.

Oreste Grani