Si ritiene che Domenico Spinella – informato last minute – abbia tentato di sventare, da solo, il rapimento Moro

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1) Domenico Spinella  2) Alfa Sud di servizio del Capo della DIGOS  3) Graffito preveggente

Apprendo dall’articolo di Stefania Limiti che Domenico Spinella, già Capo della Digos all’epoca del sequestro Moro, è deceduto. Non lo sapevo perché, come ho detto in altro post, dopo il funerale di Umberto Improta, celebrato il 30 gennaio 2002, nella chiesa di Piazza Euclide a Roma, non mi era più capitato di vedere “Mimmo”. Spinella è stato una persona per bene che difficilmente, se avesse saputo che Moro stava per essere rapito, non sarebbe in qualche modo intervenuto per salvarlo e per impedire, con questa tempestiva azione, la stagione drammatica che seguì a quella strage. Mi chiedo, con semplicità, rispetto a chi fa questa ipotesi suggestiva, come possa essere stato possibile che uno Spinella, in quel frangente pericolosissimo, invece di far scattare un convergente allarme generale, possa aver sperato di fermare, da solo o con il solo aiuto del buon Biancone, un commando di spietati terroristi. Spinella, che spesso indossava di suo abiti con il gillette, viveva ingoffato in un pesantissimo e troppo stretto per lui, giubbotto antiproiettile. Era tutto meno che un agile operativo. Se pensava di far tutto da solo, doveva essere uscito di senno ma io, che lo vedevo quasi ogni giorno, escludo che così fosse. Inoltre, se Biancone è quel bravo ragazzo campano che penso di aver conosciuto durante quegli anni “ruggenti” la vedo dura questa spedizione in loco. Ma tutto è possibile.

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Certamente la vettura Alfa Sud del Capo della DIGOS Domenico Spinella arrivò “tra le prime” sul luogo della strage, viceversa non sarebbe mai potuta passare.

Comunque tutti ci possiamo sbagliare, anch’io potrei non aver capito, negli anni di stretta frequentazione, che mi trovavo non di fronte ad un onesto (in alcuni momenti certamente provato dagli avvenimenti drammatici e dalla vita a cui si era costretti) ma ad un cinico eversore legato ad oscuri ambienti fascio-piduisti quasi fosse stato un Elio Cioppa qualunque o un Antonio Cornacchia. Spinella, l’ho già scritto, era un funzionario dello Stato di sentimenti democratici, rimasto sempre convinto che, sia pur colla doverosa fermezza, mai si sarebbe dovuto ricorrere a mezzi illeciti per strappare confessioni o informazioni. Comunque, per come fu costretto a bruciare la pista che gli avevo preparato perché, tenendo sotto stretto controllo il marito di Adriana Faranda, Luigi Rosati, avesse avuto più opportunità di prevenire quel qualcosa che era nell’aria, tutto potrebbe essere. Non nego che io stesso per anni mi sia chiesto, ciclicamente, chi, dall’alto, avesse vanificato il paziente attenzionamento predisposto con l’arresto, a gennaio, di Rosati, Davoli ed altri e se la giustificazione del cazziatone ricevuto (bisognava dare risultati!) che lo aveva spinto ad anticipare le mosse degli arresti, fosse tutta la verità. Non mi aveva del tutto convinto questa storia ma ho sempre ritenuto che questo dubbio fosse più dovuto ad un disappunto mio personale, quasi di natura narcisistica (che non mi faceva certo onore) per non aver potuto, al momento opportuno, essere risolutivo nei confronti dell’organizzazione eversiva che in assoluto stava facendo più danni alla vita del nostro Paese come ancora, dopo 38 anni, penso sia chiaro a tutti.   

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Domenico Spinella il 9 maggio a via Caetani con la Renault 4 ancora chiusa

Hanno diritto i nostri membri di Commissione a provare, con decenni di ritardo, a cercare di sapere come andarono le cose. Spinella non mi doveva certo assoluta lealtà ma per quello che all’epoca capivo di cosa fosse vero, falso o autentico (oggi anch’io sono un vecchio rincoglionito pronto per passare la soglia irreversibile) non credo che l’onesto Emidio Biancone (se è la persona che ricordo) possa risolvere la questione.

Comunque, tentare non nuoce e seguire la vicenda con la tenacia che Stefania Limiti mette nella ricerca della verità, tanto meno.

Oreste Grani


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