Perché non si riesce a chiarire il legame certo tra Gianni Letta e il duo Buzzi-Carminati?
Il Processo detto “Roma mafiosa” va avanti a spron battuto ma abbiamo la sensazione che la vera curiosità che ci portavamo dietro da alcuni anni non sarà soddisfatta. Temiamo, anche se, come si dice, la speranza è l’ultima a morire. Dalle carte e in fase di giudizio ci aspettiamo oltre che di elementi corruttivi (è l’ovvio anche se macroscopico) si riesca a ragionare e ad estrarre dalla realtà ciò che c’è ma non si vede rispetto principalmente alla figura di Massimo Carminati. In particolare, ci auguriamo che qualcuno si chieda da chi, come e perché sia stato protetto e utilizzato, per decenni, il Carminati. Senza questo “fare luce su” il processo mancherà il suo obiettivo strategico e consentirà ai pupari di tirare – ancora una volta – un respiro di sollievo che, visto le loro età presumibili, potrebbe corrispondere a tirare le cuoia nei propri candidi, soffici, caldi letti. E neanche agli arresti domiciliari. Così come in altri post ho già fatto continuo a chiedere chi abbia introdotto (ma soprattutto perché lo abbia fatto), nelle stanze ministeriali e prefettizie, Salvatore Buzzi (quindi Massimo Carminati). Se non ci vengono a spiegare questa relazione certa, l’oblio prevarrà e gli stracci (e solo loro) rimarranno in galera. I pupari, come al solito, continueranno a mestare, convinti di essere invincibili e immortali. Ribadisco: quale è il legame tra Gianni Letta e Salvatore Buzzi e, tramite lui, con lo stesso Massimo Carminati?
Quale è il legame tra il Palazzo e l’uomo (Carminati) che a lungo è stato sospettato di aver partecipato all’assassinio del giornalista investigativo Carmine Mino Pecorelli? Quale legame intercorre tra il “guercio” e il mondo dei rizomi coperti denominati “servizi segreti”? Quali protezioni caratterizzano la vita criminale di Carminati? Fin dove arrivano le condivisioni ideologiche (oltre che banalmente quelle affaristiche) tra il personaggio svelato e troppe ombre ancora senza nome e cognome? Che peso ha in questa storia la componente nazi-fascista, eversiva, antidemocratica, elitaria pseudo-massonica? Quanti anni gli eredi/orfani dell’Anello di Giulio Andreotti hanno avuto (o gli hanno concesso di avere) per riorganizzarsi ? In nome di quale passato e in nome di quali innominabili attività eversive sono stati lasciati liberi di strutturare questa banda di nazisti criminali i cui affiliati sentivano di poter fare di tutto in nome e per conto di questa loro presunta immunità, diversità e superiorità? Chi ha protetto fino ad oggi Massimo Carminati? Chi aveva paura di Carminati? E in ultimo, che c’entra la Mafia con il solito sottobosco figlio del cuore nero dei servizi? La Mafia centra ma c’entra dalla primavera del 1943. La Mafia non ha mai cessato di non entrarci. Altro che dubbi sulla trattativa Stato-Mafia.
Carminati, in uno Stato non mafioso, durava da un quarto d’ora a venti minuti, non venti anni, non 37 quanti ne sono passati dalla morte violenta di Carmine Pecorelli! Ce lo vedete il gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa, coprire Massimo Carminati? Spero che nessuno abbia dubbi. Per questo il “piemontese” è stato ucciso e altri colleghi ancora prendono la ricca pensione. La Mafia non uccide per sbaglio e lascia, viceversa, campare cretini, opportunisti, doppiogiochisti, carrieristi, pavidi.
Così la penso e così la scrivo.
Oreste Grani che rimane, piemontesemente (senza esserlo) fermo, nella sua richiesta iniziale: chi cazzo ha protetto, in questi 37 anni, Massimo Carminati e chi ha presentato e perché nel cuore dello Stato il socio acclarato di Carminati cioè l’avido assassino Salvatore Buzzi?
OLTRE CHE DI MAZZETTE SAREBBE INTERESSANTE CHE MASSIMO CARMINATI CI RACCONTASSE CHI E PERCHÉ LO HA, PER DECENNI, PROTETTO
Spesso, dopo anni di galleggiamenti nelle aule di tribunale (e non solo), alcuni imputati eccellenti vengono assolti. Soprattutto politici, ex politici, alti funzionari dello stato, qualche generale delle varie forze armate. A quel punto, in molti starnazzano contro i PM quasi fossero dei Torquemada farneticanti.
La storia è tutta un’altra ma, con tutti i guai che ho, non sta a me raccontare quale. Certamente, da Giulia Bongiorno a Grazia Volo, contano molto le capacità tecnico giuridiche degli avvocati che uno si può permettere. Capacità tecnico giuridiche che nel caso delle due citate, con ammirazione, sono notevoli (di una ho personalmente usufruito e posso confermare che non ero proprio innocente) ma si rafforzano anche con una serie di relazioni che male non fanno al buon esito della vicenda. Questa considerazione di tipo generale e, mi scuso, anche un po’ superficiale, mi serve per introdurre la preoccupazioni che i principi del foro anche questa volta nel caso di Mafia Capitale possano prevalere con escamotage (leciti) ma ingiusti nella sostanza.
Prendiamo il caso di Massimo Carminati e il ruolo che l’accusa gli attribuisce e che giustamente e non solo come certificato penale, l’imputato si porta dietro.
Per rinfrescare la memoria riporto solo uno dei tanti articoli dedicati al personaggio:
repubblica.it
Un furto che vale doppio
ROMA – Si apre uno scenario inquietante nella storia del maxifurto al caveau di Palazzo di Giustizia. Nel giro di ventiquattr’ore i carabinieri arrestati sono diventati quattro, forse cinque: tre lavoravano nel Reparto servizi magistratura, uno era stato assegnato ad altro incarico e aveva lasciato il tribunale da poco. In tutto le persone fermate sono otto, c’è anche una donna. Ma il numero è destinato a salire. E nella lista è spuntato ieri il nome di Massimo Carminati, ex terrorista nero nei Nar passato alla Banda della Magliana e assolto a Perugia dall’ accusa di aver coperto il killer del giornalista Nino Pecorelli. Sono in tanti – secondo i magistrati che indagano – a essere entrati quella notte nel cuore blindato di Piazzale Clodio: carabinieri, loro parenti, “cassettari”,undipendente della Banca di Roma rapinata. Il sospetto degli inquirenti è che il grande colpo sia stato progettato in vista di un doppio risultato: da una parte i mandanti a caccia di documenti importanti, dall’altra i manovali, gli uomini che sono penetrati nel caveau a caccia di contanti e gioielli. Ai mandanti sono andati i plichi segreti, agli altri i dieci miliardi. Tra le cassette di sicurezza violate, tra le altre, c’erano quelle di magistrati importanti come Vilfredo Vitalone, Infelisi, Gargani… Una trama fitta, piena di sospetti e misteri. Ogni giorno aumentano le persone in cella. Gli indagati sono oltre venti. Quanti ancora finiranno in carcere? Gli inquirenti lavorano notte e giorno, interrogano, mettono insieme il puzzle del mosaico, ricostruiscono nei dettagli la funzione del basista, dei complici. Tutti provvedimenti eseguiti dalla Squadra Mobile romana su ordine dei magistrati di Perugia che coordinano l’inchiesta. L’assalto al caveau, a quello che è stato subito definito fortino di cartapesta, scattò la notte tra il 16 e il 17 luglio scorsi. Prima dell’alba vennero svuotate 146 cassette di sicurezza su 997. L’ipotesi che qualcuno avesse messo nel mirino le carte segrete di qualche magistrato, il mix della banda fatto di carabinieri, malavitosi e un ex terrorista nero proiettano sul megafurto ombre inquietanti. I militari fermati fanno parte del nucleo di vigilanza dell’arma a Palazzo di Giustizia, del nucleo impegnato nelle scorte e nelle traduzioni. Secondo gli inquirenti sono loro a partecipare materialmente al colpo. Non solo. Sospettano che la stessa notte siano sempre loro a far entrare complici nella cittadella giudiziaria. Approfittano di potersi muovere liberamente, sono in divisa. L’accusa è la stessa per tutti, furto. Ma i giudici stanno ipotizzando anche la corruzione. Massimo Carminati è entrato per ultimo, insieme alla ancora misteriosa donna del commando, nel dossier degli inquirenti. La notte scorsa i poliziotti hanno suonato il campanello della sua porta, un appartamento modesto in periferia. Carminati, che in un conflitto a fuoco perseun occhio, era stato assolto il 24 settembre scorso alla fine del processo sull’omicidio Pecorelli.Un‘altra storia piena di misteri. Il giornalista di Op viene assassinato il 20 marzo ’79 a colpi di pistola. E Tommaso Buscetta racconta di aver saputo che l’omicidio era stato commissionato dai Salvo nell’interesse di Andreotti. Il dibattimento si apre l’11 apile ’96. Imputati, Andreotti, Calò, Vitalone, La Barbera, Badalamenti e lo stesso Carminati. Il 30 aprile i pm Cardella e Carnevale chiedono cinque ergastoli. Ma il verdetto assolve tutti. Ora l’ex esponente dei Nar torna in carcere per l’assalto al caveau. Accusato di aver partecipato materialmente al colpo, di essere entrato, di aver aperto le cassette insieme ai complici con la fiamma ossidrica. Il suo difensore, l’avvocato Giosuè Bruno Naso, dice: “Come sua abitudine il mio assistito si è finora avvalso della facoltà di non rispondere. Al sostituto procuratore Mario Palazzi ha solo ricordato che il provvedimento di fermo si giustifica solo in caso di pericolo di fuga. E ha sottolineato di aver atteso la sentenza del processo Pecorelli, nel quale è stato prima imputato e poi assolto per non aver commesso il fatto, davanti alla porta di Rebibbia. “Non sono scappato davanti al rischio di una condanna all’ergastolo – ha detto al giudice – le pare che sarei fuggito di fronte ad un‘accusa di furto?””. E’ lo stesso avvocato comunque a sottolineare “l’estrema correttezza della Procura di Perugia in questa indagine”. Le perquisizioni scattate finora sono a decine: trovati alcuni oggetti spariti dalle cassette. Ma l’inchiesta – seguita dal procuratore della Repubblica aggiunto di Perugia, Silvia Della Monica, e dai sostituti Mario Palazzi ed Antonella Duchini – non è affatto conclusa.
Come vedete, ci sono spunti di riflessione gravissimi che non vanno disancorati dal quadro sinottico complessivo di oltre quarant’anni (avete capito?) della storia d’Italia in cui il Carminati ha operato sempre sia come un criminale che un eversore dell’ordine costituito: Massimo Carminati, dopo la prima comunione, ha sempre fatto lo stesso mestiere. Ora bisogna vedere se era lui il capo di se stesso o da chi, che a suo tempo eventualmente lo avesse arruolato, dipendeva. Dentro e fuori le attività illecite consumate da giovane violento estremista politico, da irregolare della Banda della Magliana, quando la stessa entrava ed usciva dalla manovalanza che i Servizi segreti dell’epoca (non bisogna dimenticare che razza di delinquenti guidavano le nostre strutture di sicurezza in quegli anni o neanche questo mi è lecito ricordare?) arruolavano per le più diverse ma sempre illecite necessità. Come si deduce dalla lettura del brano, Carminati (ecco il riferimento alle capacità di far assolvere gli imputati) è stato fortemente indiziato del delitto Pecorelli (che certamente non si è suicidato la sera del 20 marzo 1979 nel cuore del quartiere Prati ma di cui non si sono ancora trovati gli assassini né formalmente i mandanti) ma assolto. È stato fortemente indiziato, con altre decine di persone, dello svuotamento del caveau del Palazzo di Giustizia (cortesemente riflettete su questa location) ma dopo un fatto di quella incommensurabile gravità era libero (o no?) di ordire una trama oggettivamente paralizzante e sputtanante la Capitale del Paese.
Sarà certamente una storia di criminali pulciari all’amatriciana come sostiene Giuliano Ferrara (sono d’accordo comunque che non siano “Cosa nostra” e si vede da come logorroicamente stanno parlando tutti e di tutto) ma il danno è maggiore di quello che dieci, cento bombe non avrebbero saputo produrre. Chi ha consentito (forse ideato) questo aggiotaggio della quotazione della nostra già in difficoltà Capitale? Chi ha presentato chi e chi ha nominato chi a vigilare che cose, come quelle accadute (o non sono accadute come nessuno ha ucciso Pecorelli e nessuno ha svuotato le cassette della banca dove erano custoditi i documenti che si può presumere avessero attinenza con chi aveva ucciso Pecorelli e perché?) non avvenissero? Assegni, bonifici, mazzette, sfruttamento dell’orrore che ruotava intorno ai profughi, lavori non fatti ma pagati va bene ma provate anche ad appurare come sono andate le cose prima durante e dopo questo lasso di tempo quando a vigilare c’erano un sacco di persone pagate profumatamente per fare in modo che persone super attenzionate dai servizi (come doveva essere Carminati) erano in realtà liberi di fare il cazzo che volevano. Se non arrivava Pignatone e i suoi, cosa sarebbe successo di peggio di quanto già è accaduto? Ma noi vogliamo sapere e continueremo a chiederlo da questo blog marginale ed ininfluente, chi non abbia fatto il proprio dovere. Per libera scelta o perché in realtà fosse una mezza cartuccia. Ma allora perché negli anni abbiamo dovuto pagare mezze cartucce o furbi complici oggettivi di questi eversori?
Così anche si investiga per il secondo/terzo livello (non della cupola mafiosa per continuare a dare ragione a Giuliano Ferrara) ma certamente di una pletora di incapaci di cui se si potessero mostrare gli encomi e le note caratteristiche ci sarebbe da scompisciarsi dalle risate a vedere quanta aria fritta è stata opportunamente imbellettata perché i peggiori andassero avanti e così accadendo, mettere sempre di più alla mercede di chiunque la Repubblica e i suoi cittadini. In nome del vostro dio, se uno ne avete, ma possibile che le domande dalle cento pistole non siano “chi ha custodito i custodi?” e “chi non ha capito niente o si è girato dall’altra parte?”. A modalità con cui si sono pappati il pappabile ci scasseranno le orecchie nei prossimi sei mesi (anche se ovviamente questi approfondimenti sono più che giusti) ma a noi interessa sapere chi sapendo ha taciuto. Altro che ottomila inutili costose poco intelligenti telecamere. Sopra o a fianco ad Alemanno chi c’era? Di Francesco Gaetano Caltagirone e degli altri palazzinari romani abbiamo già detto. Ma loro sono solo i responsabili di aver voluto una marionetta come sindaco. Cosa non giusta ma, paradossalmente, dal loro punto di vista, auspicabile. Scegliere un cretino, finto onesto, non è un “vero” dimostrabile reato. Ma il resto lo vogliamo sapere. Per fortuna, Carminati, Buzzi, Odevaine e tanti altri mi sembrano ben intenzionati. Vediamo di non fare finire tutto come l’omicidio Pecorelli o la sottrazione dei documenti dei fratelli Vitalone (Claudio e Wilfredo) o dei magistrati Infelisi e Gargani dal caveau della banca del Palazzo di Giustizia. Altrimenti, anche questa volta, dovremmo dire che giustizia non è fatta.
Oreste Grani che questo tipo di post lo scrive (perché sente di doverglielo) in memoria del suo primo datore di lavoro (mi dava 60.000 lire di stipendio al mese per “fascicolare” a mano OP) Carmine Mino Pecorelli. Persona certamente con le sue problematiche ma che nessuno doveva permettersi di decidere che andasse ammazzato e di cui ad oggi non si sa chi lo abbia ucciso anche se inequivocabilmente è stato ucciso. 36 anni addietro.
Ancora il cuculo tremante ma non domo:
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