Ustica. Ribadisco la richiesta: interrogare Claudia Gioia su chi le avesse suggerito di far uccidere Licio Giorgieri
“Trovare risposte risolutive per Ustica” appella il Presidente della Repubblica. Che ognuno faccia la sua parte quindi. Si chiama “meglio tardi che mai”. Se quarant’anni vi sembrano pochi? Oggi, memore, riposto un mio vecchio post LE REGIE OCCULTE. OVVERO, COME E PERCHÉ CLAUDIA GIOIA FECE ASSASSINARE IL GENERALE LICIO GIORGIERI. L’articolo è ormai radicato nel web è potrebbe, sia pure per un sentiero che nessuno ha mai voluto battere, portare un po’ di luce nella vicenda irrisolta.
Ribadisco pertanto la domanda fatta a suo tempo: dottoressa Claudia Gioia, chi le diede il suggerimento/ordine di organizzare l’assassinio del generale Licio Giorgieri?
Perché, se la terrorista di un tempo ci facesse la cortesia di parlare (finalmente con sincerità) sapremmo chi, facendosi scudo dell’autrice dell’inchiesta rivoluzionaria troppo giovane e inesperta per individuare l’alto ufficiale d’aviazione a quasi tutti ignoto, tappò preventivamente la bocca ad uno dei pochi che avrebbe potuto portare ai mandanti.
Io, con la collaborazione di Claudia Gioia mi accontenterei di trovare i veri mandanti per altro dell’inspiegabile assassinio di Giorgieri.
Oreste Grani/Leo Rugens
LE REGIE OCCULTE. OVVERO, COME E PERCHÉ CLAUDIA GIOIA FECE ASSASSINARE IL GENERALE LICIO GIORGIERI

Danilo Eccker, Bonito Oliva, Claudia Gioia
Aggiornamento del 7 febbraio 2014: “MACRO è sull’orlo del fallimento. In queste ore drammatiche per la vita dell’Italia e dei suoi giacimenti culturali è bene non dimenticare chi sia stata Claudia Gioia”
“Uno dei banchi di prova più interessanti è stato per Croppi quello del MACRO (Museo d’Arte Contemporanea Roma), perché è sul contemporaneo che ha giocato gran parte della sua scommessa. Concepito come ristrutturazione della ex fabbrica di birra Peroni e pensato per ospitare la collezione d’arte moderna del comune (una quadreria di circa cinquemila pezzi, gran parte ottocenteschi), dal momento in cui apre prende subito un’altra piega. È Veltoni ad affidarlo a Danilo Eccher, critico supercontemporaneo, facendolo divenire così il luogo dell’arte contemporanea del Comune di Roma. Come in altri casi, si tratta di una situazione anfibia. Il museo infatti rientra nelle competenze della sovraintendenza e il suo direttore è, seppure esterno, inquadrato come dirigente dell’ufficio extradipartimentale. Anzi, a un certo punto Croppi scopre addirittura che non è mai stato istituito come museo: è una unità organizzativa della sovraintendenza. Nonostante questo però, al suo direttore viene garantita una sostanziale autonomia, rispetto alla sovraintendenza, al suo sistema museale, al suo ufficio mostre: questo sarà fonte costante di incomprensioni, frustrazioni, rivalità. Intanto i quadri restano ammucchiati nella vecchia sede di via Crispi, chiusa dal 2000.
Al MACRO vengono anche assegnati due capannoni dell’ex mattatoio, diventati “MACRO Future”.
AI momento delle dimissioni di Veltroni, Eccher decade come tutti i dirigenti di nomina diretta, nel suo caso… non serve nemmeno la nomina di un commissario. Eppure lui continua a occupare il suo ufficio, a usare le attrezzature, a assumere impegni, a organizzare mostre.
“lo comincio a occuparmi della materia già dalle prime ore. Quale fosse il mio atteggiamento nei confronti del contemporaneo lo aveva attestato il mio rapporto con Sgarbi. Incontro subito Achille Bonito Oliva, col quale nasce un eccellente rapporto. Eccher, insieme all’associazione dei Macroamici, organizza una cena nell’atrio del MACRO in mio onore: sono introdotto da Bonito Oliva. In realtà quello era un atto gravissimo: l’ex direttore non aveva nemmeno più titolo per entrare nell’istituzione e organizzava una cosa di questo genere senza avvertire la facente funzione di sovrintendente. lo verificai il tutto con la dottoressa Tittoni e decisi di andare, per sanare una iniziativa che, senza la mia presenza, sarebbe risultata del tutto abusiva, ma anche per far sentire, fin da subito, che sarei stato un assessore presente, laddove per i miei predecessori esistevano delle vere e proprie zone franche.
Quando provai a spiegare che il MACRO era stato fino ad allora un corpo estraneo rispetto alla città, il ‘mondo’ che gli ruotava intorno si scatenò contro di me. Una conoscenza anche superficiale – e la mia era tutt’altro che superficiale – della materia, corroborata da dati che attestavano quarantamila presenze annue tra paganti e non, mi davano però ragione. E ancor più ragione mi diedero le scelte successive.
Non ‘mandai via’ Eccher, come qualcuno disse allora, mi limitai a selezionare una personalità che ritenevo più adeguata a ricoprire un incarico che era rimasto vuoto. La scelta cadde su Luca Massimo Barbero, giovane storico che aveva avuto importanti esperienze internazionali e si era qualificato soprattutto a Venezia, in collaborazione col sindaco Cacciari. Anche in questo caso non mi si poteva certo accusare di praticare lo spoil system. L’azione di rilancio, la politica innovativa, l’incisiva azione di comunicazione svolta dal nuovo direttore mi hanno consentito di recuperare il consenso di quanti mi avevano criticato e stabilire solide amicizie in tutte le componenti del contemporaneo romano e nazionale. Le presenze raddoppiate già dal primo anno, una critica unanimemente favorevole, l’interesse della stampa internazionale furono gli elementi su cui riuscii a far leva per i passaggi successivi.
Da anni ormai era aperto il cantiere per l’edificazione della nuova parte del MACRO di via Nizza, che avrebbe fatto diventare una struttura accampata nella vecchia birreria un museo degno di questo nome. Nell’altra location, il mattatoio di Testaccio, un secondo cantiere interessava uno spazio complesso – 5000 metri quadrati totali – quello della cosiddetta ‘Pelanda dei suini’ per via della sua, un po’ raccapricciante, funzione originaria.”
Questi brani sono tratti dal libro “Romanzo Comunale I segreti dei palazzi del potere di Roma” scritto da Umberto Croppi e Giuliano Compagno per la Newton Compton Editori.
“Saccheggio” alcune pagine del volume in modo funzionale ad un mio sfogo personale contro Walter Veltroni, Danilo Eccher e la terrorista assassina Claudia Gioia che, in associazione con gli esecutori materiali del delitto Maurizio Locusta e Francesco Maietta, fu responsabile della morte del generale Licio Giorgieri.

Claudia Gioia
Licio Giorgieri (Trieste, 1 giugno 1925 – Roma, 20 marzo 1987) è stato un generale italiano dell’Aeronautica Militare, ucciso in un agguato terroristico a Roma senza un vero perché o meglio, il perché recondito, oscuro, sordido di quell’agguato lo sa solo Claudia Gioia, sua assassina, che lo scelse come vittima preparando l’istruttoria e la raccolta delle informazioni funzionali alla fase operativa dell’attentato in un periodo in cui il terrorismo colpiva sempre più di rado e, quando lo faceva, era filodiretto da interessi sovranazionali.

Il generale Licio Giorgieri
Il generale Licio Giorgieri si era laureato presso l’università di Trieste in ingegneria navale e meccanica nel 1949. Giorgieri vinse il concorso per l’arruolamento come ufficiale del Genio Aeronautico nel 1950. Nel 1983 raggiunse il grado di generale ispettore, massimo grado del corpo di appartenenza, ricevendo gli incarichi di Capo del corpo del Genio aeronautico e di Direttore Generale della Direzione generale delle Costruzioni delle Anni e degli Armamenti aeronautici (sigla COSTARMAEREO ora ARMAEREO), una delle 19 direzioni generali del Ministero della Difesa. Alla carriera militare affiancò anche incarichi universitari a Roma e Trieste, quali la libera docenza in “Razzi e propulsione spaziale” e la nomina a professore associato presso la facoltà di ingegneria dell’università di Trieste.
Il generale era un super specialista prezioso per la sicurezza nazionale e per la nostra industria aereo spaziale. Sconosciuto al largo pubblico, il suo omicidio mi sembrò subito una decisione presa da addetti ai lavori nemici dell’Italia. Il proseguo naturale del groviglio che, colpendoci ad Ustica, tendeva sempre più a destabilizzarci.

Il generale Licio Giorgieri
Il 20 marzo 1987 a Roma il generale, mentre rientrava nella propria abitazione a bordo dell’auto di servizio, venne affiancato in via del Fontanile Arenato da esponenti delle Brigate rosse – Unione Comunisti Combattenti a bordo di un motociclo. I terroristi esplosero cinque colpi e uccisero il generale, lasciando illeso l’autista, Simone Narcelli, un aviere di leva.
Il 9 o il 10 dicembre precedente, il generale aveva segnalato un possibile fallito tentativo di attentato alla sua persona nello stesso luogo. Chiese maggiore protezione ma non gli venne concessa. A capo del SISDE, c’erano dei “bei capolavori” a quei tempi: Vincenzo Parisi dall’aprile del 1984 e, dal febbraio del 1987, l’inqualificabile prefetto Riccardo Malpica. Per capirsi: quello della Zarina e di tutto il mondo degli ortaggi, Broccoletti ed altri. Chi poteva difendere Giorgieri, potrebbe aver lasciato fare, come forse è successo per Calabresi e in modo ancora più clamoroso per Moro e Carlo Alberto Dalla Chiesa.

I famigliari
Il generale Giorgieri lasciò la moglie Giorgia Pellegrini, preside di scuola media a Roma e una figlia, Luisa Gioia (un nome e un destino) Giorgieri, deceduta il 13 maggio 1994 per un tumore.
L’omicidio suscitò vasta emozione dopo che per alcuni anni le violenze terroristiche erano parse scemare e a seguito della tragica morte, la salma del generale fu esposta in una camera ardente presso il Ministero dell’Aeronautica Militare a Roma, dove ricevette l’omaggio della cittadinanza prima dello svolgimento dei funerali.
Alla sua memoria è dedicato il caccia Lockheed F-104G esposto come gote guardian presso l’aeroporto di Trento.

La moglie
Dopo aver letto le qualifiche del generale, è opportuno soffermarsi sulla preparazione culturale e sulle esperienze professionali della sua assassina che riuscì, con un “attentato anomalo” (così lo definirono in quegli anni gli esperti di terrorismo) uno degli uomini che, al vertice del Registro Aeronautico Italiano, era presumibilmente a conoscenza del segreto del DC9 dell’Itavia esploso nei cieli di Ustica con 81 passeggeri a bordo il 27 giugno del 1980. Secondo alcuni analisti dei troppi misteri italiani della seconda metà del novecento (signor Presidente quando apriamo gli archivi di Stato?) la sua è una delle 15 morti sospette che quell’aereo ha lasciato nella propria scia.
Ma di questo parleremo a lungo citando il massimo esperto di questa materia Rosario Priore.

La “prima Repubblica”
CLAUDIA GIOIA è nata a Roma il 30-8-1963
Dal 1994 al 1996 collabora con la rivista Cinema Nuovo, diretta da Giudo Aristarco, come responsabile della rubrica sulla cultura dei mass media. Nel 1999 progetta e coordina per l’Associazione Sistema Museale della Provincia di Ancona il corso di specializzazione superiore in “Management della cultura” per la promozione dell’arte contemporanea e la formazione di operatori del settore.
Dal 1999 al 2003 collabora con l’ISMERI IRS EUROPA di Roma e Milano per la valutazione dei progetti realizzati nell’ambito del Programma di Iniziativa Comunitaria OCCUPAZIONE I e II fase (PROGETTI BEST PRACTICE) su mandato del Ministero del Lavoro.
Dal 2000 collabora con l’Istituto Luigi Sturzo di Roma per la realizzazione di percorsi di alta formazione sui temi della progettazione culturale e dei finanziamenti europei per la cultura ed arte contemporanea.
Dal 2000 al 2008 è consulente del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione OPIB ed ICCU, per la progettazione culturale di interventi di valorizzazione, promozione e conservazione dei patrimoni culturali europei nell’ambito del Programma Quadro Europeo “Cultura 2000”.
Progetta e coordina il progetto nazionale Biblioteca digitale italiana BDI per la digitalizzazione e diffusione dei patrimoni culturali archivistici, bibliotecari e museali italiani.
Progetta e coordina per la Direzione per i Beni Culturali e gli Istituti Culturali il progetto E-learning e Elearning 2 per la diffusione delle competenze progettuali di percorsi turistico culturali attraverso la digitalizzazione dei patrimoni culturali italiani.
Nel 2001 è docente, presso l’Università degli studi di Perugia, di progettazione e valutazione delle iniziative di valorizzazione dell’arte contemporanea nell’ambito del Programma Quadro Europeo “Cultura 2000”.
Nel 2002 è docente, per i Sistemi Formativi Confindustria Umbra di Perugia, di Project Management.
Nel 2002 pubblica con Bondardo Comunicazione Milano il libro «Gestire la Cultura. Identikit delle professioni nel settore dei beni culturali» con il saggio I Musei e gli spazi espositivi: competenze e fattori di miglioramento.

Craxi, Spadolini, Cossiga
Dal 2002 al settembre 2008 collabora con il MACRO Museo D’Arte Contemporanea Roma, ufficio mostre per il coordinamento delle mostre e cataloghi:
Domenico Bianchi (2003); Tony Cragg (2003); Vik Muniz (2003); Cecilyn Brown (2003); Paola Pivi (2003); Simon Starling (2003); Jun Nguyen-Hatsushiba (2003); Tatsuo Miyajima (2004); Nicola De Maria (2004); Carla Accardi (2004); Pascale Marthine Tayou (2004) Sarah Ciracì (2004); Elisabetta Benassi (2004); Kendell Geers (2004); Sissi (2004); Valery Koshliakov (2004); Nunzio (2005); Tom Wesselmann (2005); Wolfgang Laib (2005); Jenny Saville (2005); Alfredo Jaar (2005); Gianni Dessì (2006); Leandro Erlich (2006); Marc Quinn (2006); Gadha Amer (2007); Paolo Canevari (2007); Giuseppe Gallo (2007); Avish Khebrehzadeh (2007); Nahum Tevet (2008); Gregor Schneider (2008); Paolo Chiasera (2008); Ernesto Neto (2008).
Dal 2003 al 2008 è responsabile di MACRO Future Museo D’arte Contemporanea Roma e cura le mostre:
Mediterraneans. Arte contemporanea (2004 group exhibition) in collaborazione con 10 curatori internazionali; Masbedo (2005) in collaborazione con la Casa delle letterature di Roma e il DA2 Domus Artium di Salamanca; Nuove Acquisizioni (2005); Christian Boltanski (2006); Into Me/Out of Me (2007 group exhibition) in collaborazione con Klaus Biesenbach direttore PS1 di New York e il KW di Berlino; AES+F (2008) in collaborazione con la casa della Fotografia di Mosca.
Coordina le mostre e cataloghi: Festival della Fotografia: Michal Rovner e Andreas Gurski (2004); Piero Pizzi Cannella (2006); La città che sale (2007); Sean Scully (2008) in collaborazione con Fundacio Mirò di Barcellona e Musée d’Art Moderne di Saint Etienne.
Nel 2005 inaugura il progetto MACRO HALL dedicato a installazioni site specific e cura le mostre: Erwin Wurm (2005); Pedro Cabrita Reis (2006); Atelier Van Lieshout (2007)
Nel 2004 è docente presso lo IUAV di Venezia di progettazione di interventi in ambito museale per la valorizzazione dei patrimoni culturali. Sempre nel 2004 pubblica con Rubettino Editore, Catanzaro, il libro «Cultura e creazione del valore» con il saggio Come e da chi vengono interpretate le attuali esigenze innovative nel panorama culturale italiano.
Nel 2005 diviene membro dell’ICOM International Council of Museums. Dal 2004 è coordinatore generale delle attività espositive di ARCOS Museo d’Arte Contemporanea del Sannio, Benevento: “O luna tu” (2005); “C’era una volta un re” (2006); “ La città che sale” (2007); “ITALIA ITALIE ITALIEN ITALY W!OCHY ” (2008); “I paesaggi e la natura dell’arte” (2009).
Cura le mostre collettive: “Ai Confini della realtà” (2006); “Les fleurs du mal” (2007); “Artifici contemporanei e difformità borocche” (2010).
Dal 2009 è direttore artistico della Fondazione Volume di Roma. Cura le personali di Valery Koshlyakov (2009), Nahum Tevet (2010), Gregor Schneider (2010), Christian Boltanski (2011).
La sua istruzione e formazione:
Università degli Studi “La Sapienza” di Roma – Laurea in Filosofia
Università degli Studi “La Sapienza” di Roma – Laurea in Lettere
California Institute of Arts / Telecom – Roma Corso in “Management e leadership”
Docente: Richard Farson –
Master universitario II livello “Facoltà di Architettura” Valle Giulia di Roma
Management per curatori di musei d’arte ed architettura contemporanea

Rosario Priore
Vi basta?
Fine della prima puntata. Difficile essere nemici di Ipazia Alessandrina.
Oreste Grani
Perché la Gioia non parla? Perché ancora oggi la sua attività dipende da Danilo Eccher! Attualmente, infatti, è curatrice di mostre per la fondazione Merz. Danilo Eccher è stato il primo curatore di mostre sull’arte pobvera di Mario Merz e di sua moglie Marisa Merz, insieme a Germano Celant.
Mi colpisce il fatto che il memorial di Giorgieri, triestino, sia all’aeroporto di Trento, città da cui proviene ed inizia la carriera proprio Eccher.
È interessante notare anche che l’ineffabile Giovanardi non è il solo ad insistere sulla bomba. È, infatti, in compagnia di AURELIO MISITI, personaggio “interessante”: dal PCI a Berlusconi passando per Di Pietro e MPA di Lombardo, calabrese, amico di Giancarlo Pittelli, ai Lavori Pubblici (non ricordo in che veste) ai tempi di Balducci, uomo del Ponte sullo Stretto messo lì da Berlusca, membro della Commissione scientifica della perizia su Ustica (che parla della bomba), insieme ad un ordinario di ingegneria della Sapienza (dove finirà la Gioia), uno del CNR (all’epoca diretto da Garaci) ed altri.
Attenzione: la Gioia a un certo punto sta alla Sapienza, ma a Architettura Valle Giulia. Per qualche anno le facoltà di architettura della Sapienza sono state due! Quella di Valle Giulia era “un’altra parrocchia” dominata da quelli di ingegneria che avevano molti voti in consiglio di facoltà (prima dell’accorpamento dei dipartimenti dopo l’ultima riforma, ce n’erano tanti, ed ognuno era un centro di spesa autonomo).
L’altra Architettura, più grande, ha sempre “rosicato” perché Architettura Valle Giulia otteneva molti incarichi all’estero, soprattutto in paesi arabi, ed aveva molti “agganci” al ministero degli Esteri, dove faceva “concorrenza sleale”.
So per certo, ad esempio, che il preside di Architettura Valle Giulia (ex socialista, mi sembra calabrese) ebbe l’incarico di un grosso piano regolatore (mi sembra di scala regionale) in Sudan, pur non essendo un urbanista ma un architetto (in sostanza, si occupava di edifici e non di città). Ricorfo anche che ci furono dei problemi, perché molti di quelli che andarono si portarono appresso le amanti ed il Sudan è un paese molto molto islamico! Ricordo anche di realizzazioni di ospedali in Algeria. La mia fonte (che non si spiegava come mai) è palestinese e molto ben informata.
Quando, poi, le 2 facoltà sono state riunite (era uno spreco enorme!!), quelli di Valle Giulia hanno continuato a prendere incarichi come liberi professionisti.
In generale, a Valle Giulia erano molti quelli non formati all’interno della facoltà (ingegneri, storici dell’arte, matematici, ecc..). Lo stesso Bonito Oliva era distaccato ad Architettura, ma afferiva a Lettere. L’esame di Storia ‘Arte non è mai stato tra quelli obbligatori, ma tra quelli che si chiamavano “complementari’.
Non pochi, inoltre, venivano da Venezia o da Reggio Calabria (quest’ultima è stata istituita tardi ed inizialmente era piena di romani, che erano quelli che non si erano potuti “piazzare” a Roma – Reggio era un ateneo nuovo ed i posti tanti. Venezia è un’altra storia).
A Valle Giulia afferiva anche il coordinatore del Piano Regolatore di Roma (quello di Veltroni), che proveniva da Venezia. La cosa strana è che il Piano di Roma è stato firmato da Campos Venuti (Bologna), “storico” urbanista del PCI, che aveva portato con sé (da Milano) il suo allievo Oliva. Quello di Valle Giulia (Marcelloni) era romano, con un passato nelle “periferie” (giunta Petroselli) ma stava a Venezia e gli fu fatto un concorso apposta per farlo venire a Roma. Mentre i primi due (già da Rutelli) si sono occupati dell’impianto generale, il terzo (con le sue numerose amanti e con agganci tra i funzionari comunali) ha operato più nella fase Veltroni (Morassut), quando si è passati ai progetti (ad esempio: Romanina, Ponte di Nona, ecc..), quando cioè si cominciava a “quantificare” (anche se il piano preliminare già poneva le premesse normative per la “quantificazione”).
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Notare il cognome del Presidente della Fondazione Volume! …
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11 giugno
https://sites.google.com/site/storiadelmovimentooperaio/cronologia/1980
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