Saudade dell’Europa – Pompeo de Angelis
I granbritannici del Regno Unito mi hanno rifilato un sentimento che non provavo da moltissimi anni: la saudade portoghese, cioè, non la nostalgia del passato, ma il vuoto del presente che si riempie di malinconia delle cose perdute e quindi aspira al futuro di ieri. Tenho saudade della città in cui sono nato, sovrastata da una acciaieria, che aveva fabbricato corazze per le navi da guerra, proiettili, cannoni per assalire altri paesi europei, politiche che, dopo la tragedia, erano insensate, tecniche siderurgiche che alimentavano i forni a lignite, che occupavano tanti operai per produrre in perdita autarchica con i rottami ferrosi, fabbriche obsolete che, all’improvviso, potettero essere resuscitate con il Piano Sinigaglia, che concedeva il carbone coke e la materia prima in tutto l’Occidente, allo stesso prezzo. La ristrutturazione e la rivoluzione della Soc. Terni comportò licenziamenti e proteste, scontri in piazza con la polizia, episodi formativi della mia giovinezza. Mi sembrò che la guerra finisse solo nel 1953, non nel 1945, otto anni dopo la data vera, quando i miei concittadini stalinisti in tuta blu videro la vicenda bellica dell’acciaio trasformarsi in vicenda di pace della Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio (CECA). Tenho saudade del futuro, generato dall’intelligenza umana e ricordo lo svolgimento di quei tempi.
All’inizio, nell’Europa occidentale, rimaneva una questione irrisolta: il caso della Germania, che viveva smembrata in quattro zone di occupazione, per decisione dei vincitori della Seconda guerra mondiale.
Nel Trattato di Parigi del febbraio del 1947, a causa della debellatio del Terzo Reich, la Germania era esclusa dalle clausole di risistemazione e confinamento delle sovranità nazionali, poiché non era più un soggetto di diritto internazionale, ma terra occupata dagli eserciti russo, americano, inglese, francese e di conseguenza il suo popolo venne considerato senza il diritto alla rappresentanza parlamentare e al governo autoctono. Ma nel 1950, vennero le decisioni di pace, che ripristinarono la civiltà illuministica del vecchio continente.
Il 23 maggio 1949, USA, Gran Bretagna e Francia avevano ceduto le rispettive zone di occupazione a un costituendo nuovo Stato germanico, che prese il nome di Repubblica Federale Tedesca. In agosto si svolsero le elezioni e si formò il governo del democristiano Conrad Adenauer. Il 7 ottobre, avvenne altrettanto nella zona sovietica, dove si istituì la Repubblica Democratica Tedesca sotto la presidenza del comunista Wilhelm Piek.

La Ruhr
La Repubblica Federale Tedesca rientrò in possesso del prezioso bacino minerario e carbonifero della Ruhr, che la Francia sfruttava a suo vantaggio, per cui il governo francese cercò di non rimanere escluso da quel patrimonio, data la ristabilita sovranità della Germania. Apparve indispensabile, agli strateghi delle nazioni occidentali, risolvere il conflitto storico sulla zona Rhein-Rhur e, per ottenerlo, bisognò bilanciare gli interessi nazionalistici, che avevano provocato le guerre o la guerra.
Il ministro degli Esteri del governo francese, Robert Schuman del Movimento Repubblicano Popolare (MRP), partito della famiglia democratico cristiana, fece una proposta, sul bacino della Rhur, risolutiva del passato e ricca di risonanze sull’intero continente, come prospettiva di crescita economica.
Schuman era stato presidente del Consiglio del governo prima di Monnet e aveva, tramite i collegamenti fra i partiti democristiani, istaurato una intesa con gli altri due premier, Alcide De Gasperi e Conrad Adenauer, che rievocava un’Europa carolingia. Schuman lanciò, il 9 maggio da Parigi, l’idea di una zona centrale europea “comunitaria”, sul perimetro mitico del Sacro Romano Impero.
Dean Achenson, segretario di Stato degli USA, afferrò questo concetto, che rimetteva in scena la Germania con un ruolo dominante, che poneva un freno alla Francia, interprete arrogante di un ruolo di potenza vincitrice; che innalzava, dal basso della sconfitta bellica, l’Italia a partner di pari livello con la Francia e la Germania.
I partiti neo-carolingi avanzarono una proposta pragmatica, piatta rispetto a quella mitica medioevale, ma contemporanea, viva e vera, che chiamarono “Europe des cartels”. Individuarono un cartello industriale, per mettere in comune le materie prime essenziali, eleggendo la Rhein-Ruhr a ventre, che avrebbe partorito una Europa del carbone e dell’acciaio; un passo verso lo sviluppo delle industrie siderurgiche e meccaniche e, in difesa del neo blocco europeo, la formazione di un esercito comune, fino alla vetta degli Stati congiunti nella “Federazione Europea”, potenza prospera, mediatrice fra Est e Ovest.

Robert Schuman
Schuman dichiarò lo start della maratona, elaborando la forma giuridica di una “Autorità Comune” per lo sfruttamento delle miniere tedesche, condivisa dalla Germania, dalla Francia, dal Belgio, dal Lussemburgo, dall’Olanda all’Italia. Se si fosse mantenuto l’ingerente controllo francese sulla Rhur, i due paesi sarebbero tornati alla situazione di conflitto del 1921-1925, mentre la geopolitica, dietro e davanti la cortina di ferro, non lo consentiva più, né tantomeno Washington intendeva sostenere l’imposizione francese, che provocava il rallentamento della rinascita alla nazione rivale.
Quindi il Piano Schuman servì alla Francia per mantenere una parte del proprio profitto sul rifornimento dei materiali minerari tedeschi, spartendoli con il legittimo proprietario ed anche con i vicini, rinunciando all’appropriazione grettamente nazionalistica, che già aveva provocato i precedenti disastri.
Il 20 giugno, le delegazioni dei sei paesi, invitati da Schuman, si incontrarono a Parigi e condivisero il progetto, che sarà, l’anno dopo, trasformato in patto comunitario per il libero scambio del carbone e dell’acciaio con l’obbligo di abolire le sovvenzioni statali a protezione delle acciaierie nazionali: il Piano Schuman.
I partiti comunisti europei, ad ovest della cortina di ferro, firmarono una dichiarazione contraria. Il loro manifesto fu pubblicato dall’Unità del 14 luglio 1950 e diceva: “Il Piano Schuman, dettato dagli imperialisti americani, è una tappa importante nella preparazione della guerra contro l’Unione Sovietica ed i paesi di democrazia popolare. Il Piano Schuman non è un piano di pace; è un piano di guerra… La realizzazione del progetto Schuman finirebbe per mettere le industrie minerarie e siderurgiche – e per conseguenza l’intera economia – della Francia, della Gran Bretagna, del Belgio, del Lussemburgo, dell’Italia, e dell’Olanda, sotto il controllo dei grandi capitalisti della Ruhr, che sono agli ordini dei finanzieri di Wall-Street.”
Con due opposte visioni fu giudicata una delle più straordinarie architetture politiche del dopoguerra. Adenauer, De Gasperi e Schuman, sostenuti dal presidente Harry Truman, si guadagnarono il titolo di “padri fondatori dell’Europa”.
Gli isolani della Gran Bretagna hanno disprezzato quella fondazione perché non l’hanno vissuta, seguitando a soffrire di spleen (spién), cioè di mal di fegato dell’impero.
Pompeo De Angelis
Una fondazione basata sullo sfruttamento del prossimo e non alla collaborazione. La storia degli interessi francesi si ripete in Libia che hanno promosso la “destituzione” di Gheddafi e del progetto di sostituzione del franco coloniale, dei tedeschi che in ucraina vedono un allargamento del loro agognato spazio vitale (facendo pagare ai popoli europei decine di miliardi la mancata bancarotta di quel corrotto governo, ed affamando nel contempo la grecia i cui scontri giornalieri, e le storie di estrema miseria non si contano piu’ ( e sopratutto non se ne parla piu’): del resto il pericolo era che gente come Varoufakis abbandonasse la moneta coloniale, ma ora questo pericolo non esiste piu’ essendo un diligente comunista alla salda guida di quel paese.
Io non sono di quella generazione, leggo la storia da affascinanti scritti, scritti da affascinanti attori, ma la sostanza della storia europea del secolo scorso e precedente ruota su come tutelare i crediti e quindi il potere (la stessa unita’ d’italia e nata allo scopo) e gestire (limitandone le perdite) i grandissimi patrimoni, con qualche “scheggia impazzita” a controbilanciare tale assetto quando la situazione diveniva via via piu’ insostenibile.
La via migliore alla pace e la liberta’ che a sua volta e’ incompatibile con strutture che regolamentano alla prussiana sui diametri delle banane e delle zucchine.
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Non era solo la Francia ad avere interessi a destituire Gheddafi e non è la Germania la principale beneficiaria della destabilizzazione dell’Ucraina.
Al netto delle differenze di opinioni,in questo mondo bello perchè vario,se paliamo di grandi giochi e non coinvolgiamo nelle analisi attori geopolitici anche di altri continenti,rischiamo ,anche inconsapevolmente, di rinforzare le propagande del main stream.
C’è una curiosa analogia tra Grecia e Ucraina nell’immediato precedere l’esordio florido delle rispettive crisi: ambedue furono penetrate da gruppi sedicenti di aggregazione socioculturale ma a struttura a forte coesione interna,che probabilmente non hanno nulla a che vedere con la Germania. A concentrarsi troppo sull’Europa come luogo buffo dell’orto-dossia in tema di misurazioni agroalimentari rischiamo di perdere di vista un altro tipo di seminato.
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Se l’amico Pompeo De Angelis se la sentisse, mi farebbe gran piacere che fosse lui a rispondere al cortese lettore
Oreste Grani
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