Dopo le discoteche hanno riaperto gli stadi e vi rimandano a votare. Non vi sentite liberi, fratelli, uguali?

Mentre pervengono drammatiche notizie di nuovi incontrollabili focolai in tutta Europa e anche nella nostra Italia risalgono le curve statistiche figlie certamente del lassismo impostoci dalla riapertura sconsiderata delle discoteche (la cultura musicale ha dettato le sue regole o piuttosto è stato il mercato dello spaccio che vi ha piegato?), sentivamo tutti, nessuno escluso, l’esigenza improcrastinabile che si favorissero nuove “opportunità” per il Covid 19 consentendogli di riorganizzarsi ed riprendere ad espandersi grazie a mille (come i garibaldini che partirono da Quarto verso Marsala!!!!) tossici a cui ridare la possibilità di belluinamente fare “er tifo per i 22 ragazzotti di turno, lasciati liberi nuovamente di farsi esempio civico di come ci si lancia all’inseguimento della palla che, non va mai dimenticato, è sferica e rotola, a metafora dei destini dei popoli, in una rete piuttosto che nell’altra. Eravamo tutti in ansia che Spadafora facesse il passo di aggiungere focolai a focolai e siamo stati esauditi nella nostra speranza: gli stadi, luogo di culto, sono finalmente riaperti. Erano settimane che ci chiedevamo perché questo gesto di riconciliazione con l’aggressore virale non stesse avvenendo. Tutto a posto, tutto regolare!

Prima le discoteche, ora gli stadi. E l’industria dove tutto si trasforma in merce, può ripartire a gonfie vele. Che sia l’unica realtà produttiva (oltre a quelle che hanno avuto il vantaggio di rifornire Domenico Arcuri di mascherine e di banchi scolastici) è un altro discorso. Da qualche parte a spargere oppio (e non solo metaforicamente) bisognava pure ricominciare. Il mondo criminale che ruota intorno alle discoteche ha avuto il suo e voi, in compenso, vi state beccando l’onda d’urto di ricrescita del virus figlia di queste concessioni. Adesso è il turno degli stadi e dei palazzetti dello sport di rinvigorire la “bestia“. Senza rimuovere la follia di far fare per forza le elezioni regionali e il referendum nazionale per decidere se Luigino Di Maio va nuovamente considerato uno statista. Statista da stadio l’unico luogo formativo dove aveva svolto una attività lavorativa. La dimensione generale del vivere umano sta per essere risucchiata all’interno dello schema (per qualche mese messo in discussione dalla variante pandemica) messo a punto dai quelli che per semplicità siete arrivati a chiamare “poteri forti”. I flussi (intendo i dati di comportamento) vanno rimessi a disposizione delle strutture di controllo dei comportamenti individuali per rialimentarle con gli opportuni feedback sociali, culturali e ovviamente istituzionali.

Si torna nei luoghi dello sballo trattenendo la gioventù a consumare droghe e a fare “pompini” nelle toilette all’estraneo di turno; si torna negli stadi dove le “carogne” possono organizzare il vostro sfogo di tifosi violenti; si torna a votare così invece di crescere in consapevolezza, condivisione ed equità riflettendo su ciò che sta accadendo all’Umanità intera, avete nuovamente la sensazione di essere liberi. Liberi senza i paletti che vi obbligano a questo senso della vita che vi imponevano prima della pandemia e che non vogliono in alcun modo che arriviate a ripensare e a modificare in un auspicabile dopo. Guai se la malattia dolorosa, la morte dei cari, il danno economico vi spingessero a pensare a qualcosa di diverso e finalmente “sostenibile” e non solo a segare il ramo su cui vi fanno vivere. Appollaiati.

 

 

La novità (così mi sento paradossalmente di chiamarla) della pandemia (la prima di tante?) in nessun modo doveva esercitare quel fascino che le novità sempre esercitano sulla mente umana. A voi la solita scuola senza senso, le discoteche in cui sentirsi pronti a tutto, gli stadi per sfogarsi, le elezioni democratiche per farvi sentire liberi. Tutto come prima ma da affrontare in una condizione di maggiore fragilità e povertà. Al massimo vi faranno sentire “Sardine in scatola”. Che fico essere dei pesciolini vellutati in scatola questa volta senza addirittura colore o profumo di gelsomini. Sardine numerose ma “in scatola” senza speranza alcuna che ci si possa ribellare alla riapertura delle discoteche, degli stadi, delle urne inutili. Come i tabelloni in lamiera su cui nessuno ha affisso un solo manifesto referendario. Minchia come siamo finalmente tutti fratelli, liberi, uguali! Comunque siccome mi hanno per ora lasciato libero di andare a votare non solo ci vado ma, pur in minoranza, voterò NO.

Oreste Grani/Leo Rugens