Una articolata riflessione di Alessandra Ermellino sulla politica estera italiana

L’onorevole Alessandra Ermellino, membro della Commissione Difesa, approdata recentemente nel Gruppo Misto della Camera dopo essere stata alcuni anni nel M5S, ha affidato al web questa articolata riflessione di politica estera incentrata sulla Turchia di Erdogan, la nostra evidente fragilità in Libia e su come sia impellente disegnare futuri rapporti con la Repubblica Francese e la sua gente. Il ragionamento comprende inoltre un richiamo alla vicenda Giulio Regeni e a come le cose, anche con l’Egitto, mostrino tutta la nostra mancanza di autorevolezza geopolitica. 

Rilancio la riflessione che mi appare particolarmente puntuale (e necessaria) in un momento delicatissimo della vita di questa nostra Italia, che, sia vista da dentro che da fuori, si mostra senza guida sicura. 

Oreste Grani/Leo Rugens 

SCHIERARSI È UN DOVERE. NON PER MACRON, MA PER LA FRANCIA (E IL MEDITERRANEO)

Ieri mattina riflettevo sul silenzio assordante dell’esecutivo italiano davanti all’attacco Turco al governo di Parigi. Ancor prima di quanto sarebbe successo a Nizza poche ore dopo, mi sono chiesta cosa trattenesse il governo dal manifestare una presa di posizione netta. Non tanto, e non solo, perché prendere di mira la Francia – lo si voglia o meno – equivale ad aggredire gli ideali e i principi sulla base dei quali questa Europa è stata concepita (e ciò vale indipendentemente dall’operato dell’attuale inquilino dell’Eliseo). Ma per provare ad affermare ancora una volta che la presenza Italiana nello scacchiere geopolitico del Mediterraneo è – o dovrebbe essere – ineludibile. Dovrebbe, perché gli schiaffi alle nostre ambizioni di leadership nel “Mare nostrum” sono ormai troppi. L’ultimo arriva proprio dalle mani pesanti del sultano Erdogan, che con disarmante nonchalance – e nel silenzio del governo – ha preso il comando della Guardia Costiera libica (e quindi delle navi donate da Roma). Ma è solo uno dei colpi subiti negli ultimi mesi in un complesso campo di battaglia così prossimo al nostro Paese, del quale saremmo chiamati ad assumere la guida per profilo storico, culturale e geografico.  Ieri li ha messi in fila Umberto de Giovannangeli su Il Riformista: si va dall’occasione persa della rinuncia alla proposta di nomina dell’inviato speciale Ue in Libia – lasciata cadere nel vuoto -, ai pescatori siciliani ancora nelle mani di Haftar, passando per le scelte infelici del Governo Conte I sull’immigrazione, che hanno aggiunto a un quadro già precario difficoltà interne di gestione e tracciamento dei flussi, con ulteriore aggravio sul lavoro di contrasto all’emergenza sanitaria in corso. Senza contare che all’inizio del 2020 si è tenuta a Berlino la conferenza sulla Libia, alla quale ha partecipato anche la Turchia. Il documento finale ha impegnato i firmatari al contrasto al traffico di armi, ma dopo tre giorni – fa notare ancora De Giovannangeli – vengono fotografate dai media di tutto il mondo navi turche che sbarcano armamenti a Tripoli.
E non c’è solo il dossier Libia a imporre una dimostrazione di presenza nella zona. È di mercoledì sera la notizia dell’imminente chiusura delle indagini per l’omicidio di Giulio Regeni e a quanto pare, scrivono diverse agenzie di stampa, la Procura di Roma non ha ancora ricevuto riscontri concreti alla rogatoria inviata alle autorità del Cairo nell’aprile del 2019 e nulla di rilievo è emerso dopo la videoconferenza del primo luglio scorso tra il procuratore capo Michele Prestipino, lo stesso Colaiocco e la delegazione dei magistrati egiziani. Un’ingiustizia, un comportamento inaccettabile e un ulteriore segnale di debolezza.Mi chiedo se il governo abbia intenzione di battere un colpo, se abbia una visione dello spazio che il Paese intende occupare nei prossimi 10, 20 anni in Europa e nel Mediterraneo. C’è poi un’ulteriore, personale,  considerazione da aggiungere. L’attacco a un giornale, per quanto irriverenti possano essere le scelte editoriali, è un attacco alla democrazia, prima ancora che alla libertà di stampa. Mi sono occupata personalmente di minacce ai nostri giornalisti in un’interpellanza urgente depositato nel luglio scorso, con particolare riferimento ai casi dei reporter Nello Scavo (Avvenire) e Nancy Porsia (freelance). Un tema, quindi, che ritengo cruciale per la sicurezza nazionale.  Se condanniamo Erdogan per le minacce, gli arresti e le persecuzioni ai danni dei giornalisti turchi, non possiamo tirarci indietro di fronte a un attacco diretto alla stampa francese, e quindi alla stampa europea e democratica tutta.

Giulio Regeni