Non bisogna fidarsi del posteggiatore abusivo Matteo Salvini. Ma veramenteeeeeeeeee?

Cosa pensi Leo Rugens, cioè Oreste Grani (per facilitare eventuali percorsi giudiziari dell’incauto cretino di turno), del “posteggiatore abusivo” Matteo Salvini, è ampiamente documentato in decine di post pubblicati, in tempi non sospetti in questo marginale e ininfluente blog. In troppi, viceversa, per troppo tempo, avete pompato il politico “trash” (immondizia), cercando di rifilarlo agli italiani come se fosse uno statista. Perché lo abbiate fatto, se uno avesse tempo e voglia, potrebbe andare ad approfondirlo. Ma questo aprirebbe ad un oceano di informazioni che andrebbero tutte, una per una, intelligentemente trattate. Ma noi non abbiamo tempo e in tempi drammatici quali quelli che viviamo direi di passare oltre e non curarsi di questi teppisti dell’informazione che affollano, inquinando (pisciano e defecano) i media italiani di ogni ordine e grado. Mi piace ogni tanto concedermi il lusso di cambiare il linguaggio (pisciando e defecando sono termini che non andrebbero usati) e lasciare detto che a troppi venditori di penna (pennivendoli e Bel Ami di turno) e per troppo tempo, è stato consentito dire di tutto di Salvini. Compreso bene.

Salvini (la Lega Nord) e la Russia? Salvini pronto a tutto? 
Torno a dire di banalmente intellegere Leo Rugens (a partire da Salvini in Corea del Nord con l’ottimo Razzi) e così evitare di sorprendersi su questa vicenda delle mani ex rosse (russe) sulla povera Italietta.  Dal dopoguerra certamente (ma anche prima durante la Resistenza) il fenomeno delle spie, spioni, venduti, comprati, corrotti, pavidi, ignavi, sciocchi, idealisti, utili idioti e collaborazionisti presenti a tonnellate nel Bel Paese al soldo prima dell’Unione Sovietica e, dopo qualche anno di marasma, della Russia di Vladimir Putin, comunque è noto ad ogni serio studioso o dirigente di agenzia di Intelligence di una qualche rilevanza. In troppi da troppo tempo vogliono far passare questa questione dei servizi segreti russi all’opera in Italia, quando anche fosse, come archeologia spionistica quella che viceversa è una realtà contemporanea viva e vegeta. Anzi, vivissima e vegetissima e che opera in modo costante per annientare quel poco di libertà che rimane alle nostre latitudini.

La democrazia è stanca ma non credo che si riprenda affidandola a ricattabili (Salvini da quando era ragazzo, provate a non dimenticarlo, si è aggirato ambiguo negli ambienti parapolitici spacciandosi perfino per un trinarirciuto commmmmunista leghista) e a mascalzoni affaristi, soci “di fatto” del dittatore sanguinario Putin. Giorgia Meloni ha altri limiti (a cominciare da Roberto Rosso, passando per Cha Cha Costantino Di Silvio e finendo sotto gli ombrelloni di Terracina) ma se fossi in lei eviterei di farmi trovare nello stesso lettone putiniano che caratterizzò le notti di casa Berlusconi. Fratelli d’Italia non vince senza i due impresentabili? Meglio non vincere la battaglia di fine estate 2022 che perdere la guerra che inevitabilmente dovrà essere combattuta contro Mosca e i suoi ambigui alleati.
Guerra che a Mosca, vediamo di non dimenticarlo, si prepara da tempo non sospetto, compresi piani di invasione dell’Occidente, non escludendo la nostra fragile Italia.
Piani di invasione militare, anche con uso di armi nucleari, per i quali, come direbbe il da poco fuoriuscito da Forza Italia (meglio tardi che mai, professore) Renato Brunetta: “si sono anche svolte esercitazioni specifiche. Ma questi (i piani militari ndr) sono rimasti sulla carta, perché gli accordi di Yalta hanno retto e la negata libertà per i nostri fratelli dell’est è stata la contropartita per la nostra libertà.
Sulla carta sono restati i piani delle forze armate, ma nella realtà  si sono incarnati
(mi piace la scelta lessicale che d’ora in poi ruberò al colto e intelligente Brunetta) quelli dei servizi segreti. E non sono chiacchiere, perché c’è una valanga di prove e documenti, cui appunto, la storiografia lancia ancora occhiate distratte e reticenti.
Non si possono avere dubbi tra Mario Draghi e Matteo Salvini o, peggio, tra Draghi e il fidanzato in orbace/camicia nera di Marta Fascina.

Brunetta (e ne abbiamo vero piacere) posto di fronte al dilemma, finalmente si sposta, smarcandosi. E a Brunetta, per cento motivi e nostre chiavi interpretative, crediamo.
Per Mara Carfagna inventarsi “atlantica e democratica” (non a chiacchiere) vista la possibile osmosi con GEV (che, a sua volta, è intimo con la Corea del Nord e la Cina di Pechino), è decisamente più difficile.

Oreste Grani/Leo Rugens