La situazione è grave se anche una Bonafè può dire la sua sulla Libia
Di Simona Bonafè, classe 1973, varesina, assessore all’ambiente a Scandicci, non c’è verso di sapere che studi abbia fatto. Sia quel che sia, magari scopro che è la nostra Gertrude Bell, la signora se ne esce il 16 febbraio 2015, dopo che il sangue di ventun uomini colpevoli di essere cristiani ha arrossato le acque del Mare nostrum, con la seguente dichiarazione:
«È ora di aprire gli occhi. In Libia non può esserci un’operazione di peace-keeping. Semplicemente perché la peace, la pace, da mantenere non c’è. Sono sulla stessa linea dei ministri Paolo Gentiloni e Roberta Pinotti. Si deve intervenire, sempre con la copertura Onu, ma con la forza».
Quindi con un intervento militare?
«In Libia c’è una situazione di anarchia totale. Dove di fatto sono avanzate le forze dell’Isis. Lì la pace occorre portarla. E non può essere che con un intervento di peace-enforcing. Sempre nell’ambito di una iniziativa Onu».Questo atteggiamento non ci espone a ritorsioni?
«L’alternativa qual è? Per noi la Libia non è solo un problema di sicurezza, ma anche di emergenza immigrazione. Se non si risolve quel conflitto è inutile dibattere di Triton o di Mare Nostrum. Perché i profughi e gli immigrati in fuga saranno sempre più numerosi».
“Me cojoni ar cazzo” (fulminea sintesi romaesca per esprimere stupore e meraviglia di fronte a qualcosa, da non utilizzare in contesti eleganti e colti, dove, se non fate sentire le virgolette nell’intonazione vi prendono per un burino), che analisi!
La nostra simpatica coniglietta dall’occhio vispo si vede che ha studiato; si vede che da pappagallo ben ammaestrato sa ripetere le cazzate che le scrivono nel copione (peace-enforcing a Scandicci?).
Immagino gli strateghi e i finanziatori e gli armatori e i tagliagole dell’ISIS come saranno preoccupati di fronte a tanta acutezza.
Huston, abbiamo un problema. Passo
Dionisia