MOAS, chi è costei?

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MOAS, ong, 400 mila euro mese, droni e piccoli aerei fortemente performanti per quanto riguarda la capacità di monitorare l’immenso mare, le coste, piccole imbarcazioni o altro.

Cose serie, trattate da persone serie come sono i magistrati (Zuccaro di Catania questo certamente è) che si stanno interessando di queste complessità.

Anni addietro, tra i primi (chi loda si imbroda? buoni, buoni, come si capirà, con questo blog, come al solito, il motivo è altro che sbrodolarmi) ho dedicato al tema dei sospetti che le intelligence-intelligenti avevano su come alcuni si sarebbero potuti muovere, sotto false bandiere, approfittando, per vari e complessi motivi, delle ondate immigratorie che fossero di origine spontanea o provocate dalle guerre, carestie, siccità, epidemie.

Ho letto/sentito di attenzione del M5S al tema. Giusto, serio, doveroso. Perché si deve, ogni volta, farne una storia di Lazio – Roma, Milan-Inter?

Dicevo che parliamo di cose serie e, da sempre, nella storia degli umani, sfruttate per più fini. Infiltrare, ricavare, sabotare, inquinare, intossicare. Cambiano i verbi, ma non la finalità.

Ripeto: cose serie per analisi serissime, ormai indispensabili rispetto all’oggi e, soprattutto, utili, a delineare futuri possibili.  Soprattutto se la si smette di pensare che non ci siano dietro a questa della spinta demografica, della disperazione generata da diversi ma coincidenti motivi (guerre, carestie, malattie, siccità), una regia (non provate a darmi che ha pre-pensato questa bolgia infernale e i vantaggi che possono derivare a chi la auspicata e messa in essere.

Ci sono le carte, ci sono i documenti, ci sono i libri, ci sono gli atti di convegni, ci sono le attività di sostegno/condizionamento dei politici, in mezzo mondo, affinché questi burattini ricattabili, deliberassero condizioni favorevoli al caos di cui queste ONG oggi si interessano.

Stiamo parlando del terreno delicatissimo del partenariato che si instaura di fatto, tra gli Stati e gli enti privati che per i più diversi motivi si propongono in chiave sussidiaria alle Istituzioni qualora mostrassero inadeguatezze. Si lavora sul piano della della protezione dell’incolumità fisica di altri esseri umani e al tempo di attività finalizzate a preservare la proprietà e la condizione di vita di intere popolazioni che si potrebbero sentire minacciate da quanto nel caos avviene. Questo caos ha bisogno di ragionamenti immediati su nuovi modelli di ordine e di coesione sociale. Ma chi fa tutto questo? La questione è solo posta dai nostri cretinetti in chiave elettoralistica mentre altri da noi potrebbero essere miglia marine avanti nel interpretare il fenomeno. Se non addirittura provocandolo e alimentandolo.

È un meccanismo ricorsivo, sofisticato, che varrebbe la pena di essere studiato con atteggiamento laico a partire dal tema delle frontiere, dei limiti, dei vantaggi del meticciato. Non ne posso più di sentire dire cazzarate da gentarella a cui viene consentito di esprimere opinioni su cose di cui non conoscono né origine, né fine.

Il solo fatto di interrogarci su questi punti dovrebbe poterci portare direttamente nel cuore del problema obbligandoci a mettere mano ad una visione del tutto obsoleta della sicurezza intesa come esclusivo appannaggio della sfera d’intervento pubblico. Questo, nel profondo dei miei desideri di vecchio marginale ed ininfluente cultore della materia, spero sia interrato culturalmente nel pensiero che sembra affiorare nelle iniziative del portavoce del popolo italiano, politico a cinque stelle, Angelo Tofalo da quando ha dato vita all’Intelligence collettiva.

Dietro a questo dibattito ce ne un’altro che impone un’analisi sulla necessità di chiarire il significato di quello che comunemente viene chiamato “diritto alla sicurezza” che poco ha a che vedere con le pistole da tenere a casa per ammazzare i ladri.

Cosa accade intorno agli effetti di queste ondate immigratorie (le chiamo così per semplificare) se perdiamo di vista alcune questioni poste a suo tempo (come sono “antico” facendo riferimento alla Rivoluzione Francese che nelle sue scelte poneva l’attenzione sui diritti naturali e imprescindibili quali “la libertà, la proprietà, la sicurezza (appunto!) e la resistenza all’oppressione”. Chi ci vuole opprimere lasciando degenerare tutto questo? Chi ci vuole togliere la libertà, la proprietà, la sicurezza? E vuole farlo, oltre a tutto, usando come arieti altri uomini e donne che avrebbero diritto alla libertà, alla proprietà, alla sicurezza almeno quanto noi. Alla fine della seconda guerra mondiale si ribadì che tutti gli uomini avevano diritto alla vita (avete capito cosa c’è scritto nelle carte?), alla libertà (è chiaro?) e alla sicurezza della propria persona. Se posso, sconfinando per la prima volta dai miei soliti territori cazzafrulloni (in realtà vorrei essere serio ma raramente mi riesce) il concetto di sicurezza negli anni successivi ai due esempi fatti, si è venuto sempre di più affermando nella cultura giuridica europea ed è sufficiente guardare alla Spagna che nella sua Costituzione fa esplicito riferimento alla tutela della “sicurezza giuridica”; alla Francia, dove la sicurezza è sancita come diritto fondamentale di libertà dei cittadini; alla Germania, dove si è addirittura, dopo l’unificazione elaborato il concetto di “sicurezza garantita dal diritto”. E anche nella nostra tanto vituperata Costituzione i diritti possono esplicarsi appieno a condizione che siano efficacemente garantiti non solo da una certezza giuridica, ma anche da un adeguato livello di sicurezza individuale e collettiva. Ma a che non si arrivasse a questo casino era compito dei cittadini organizzati nel M5S o di quelli che, per altri motivi, si sono fatti re e regine e non hanno elaborato alcuna prassi utile ad affrontare/risolvere/gestire quanto oggi accade?

Ma è Di Maio che deve risolvere la vicenda e, se non lo fa subito e bene, deve essere considerato un coglione, incapace, inadeguato?

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Vogliamo fermarci per cortesia sull’orlo del baratro del ridicolo giornalisti e giornaliste? Anche se, ricordando il lavoro (era l’anno 2007), per ora insuperato in termini scientifici e di analisi, di Beppe Lopez sulla casta dei giornalisti, c’è poco da sperare.

Oreste Grani/Leo Rugens che qualche sforzo in più agli amici pentastellati per ragionare di sicurezza per soddisfare il bisogno naturale a dominare/respingere/convivere con la paura o meglio elaborare soluzioni di vero contrasto ai fenomeni in essere è sancire/favorire la libertà dalla paura, se lo augura.


STRANO MA VERO: «L’INTELLIGENCE DEVE COMINCIARE A LAVORARE DIETRO LE QUINTE»

26 aprile 2014

Quattro anni fa venne pubblicato il post che leggete di seguito. Molta gente è affogata, molte parole sono state spese, Regeni è stato morto ammazzato eppur qualcosa si muove. Procede inesorabile l’avanzata del M5S, altrettanto il crollo del PD e della sua inetta classe dirigente, mentre anche la Francia, quella che chiudeva i confini per quattro profughi, versa in una condizione miserevole a giudicare dal suo futuro presidente Macron, o Micron? Così, mentre Netanhyau rifiuta di incontrare il ministro degli esteri tedesco a causa delle Ong palestinesi o filo qualcosa e qualcuno si sveglia nel denunciare gli anomali contatti tra trafficanti di esseri umani ed esponenti delle Ong, ci sembra doveroso riproporre l’analisi che segue.  Buona lettura.

La redazione

24 maggio 2013

Russia, Putin firma legge anti-Ong estere

Un colpo al cuore delle organizzazioni non governative quello rifilato dal presidente russo Vladimir Putin con la firma di una legge controversa che defiisce le Ong che ricevono fondi dall’estero come «agenti stranieri». Le due camere del parlamento avevano approvato in settimana il testo che pone sotto uno stretto controllo le organizzazioni non governative che ricevono finanziamenti da paesi stranieri. Fonte Lettera 43, 21 luglio 2012

Merkel a Putin, preoccupazioni per ong

Mosca ha assicurato che non vuole disturbarne lavoro 08 aprile, 11:43, 2013

 (ANSA) – BERLINO, 08 APR – La Germania ha espresso ”le sue preoccupazioni” per i controlli sulle fondazioni tedesche in Russia e il presidente Putin ”ha assicurato che non c’è l’intenzione di disturbare il lavoro delle ong”. Lo ha detto la cancelliera Angela Merkel ad Hannover, in una conferenza stampa tenuta con il presidente russo Wladimir Putin. ”La Germania e’ per una vivace societa’ civile in Russia”, ha detto la cancelliera.

“La morte del multiculturalismo è una balla”

Alessandro Politi, analista politico ed esperto di terrorismo, racconta i retroscena della decapitazione di Londra e spiega come l’intelligence può prevenire tragedie di questo genere

[…] L’intelligence deve cominciare a lavorare dietro le quinte [!], attraverso una rete sociale come le ong. Fonte Panorama.it, 24.5.13

“Intelligenza” e “sicurezza” sono concetti correlati, al punto da poter essere considerati sinonimi. Se, infatti, gli antropologi definiscono l’intelligenza come la caratteristica principale degli esseri umani, che consente loro di sopperire alle “carenze biologiche” – ovvero, all’assenza di caratteri specifici funzionali alla sopravvivenza, intesa come garanzia di esistenza nella difesa dagli attacchi esterni e nello sviluppo delle potenzialità biopsico-fisiche –, il termine è anche usato in un’accezione specifica, come funzione dello Stato, di reperimento, raccolta e analisi di informazioni, a garanzia della sopravvivenza e dello sviluppo dell’entità statuale, e quindi finalizzata, appunto, alla sicurezza, all’autoconservazione e all’evoluzione.

Come il modo di intendere l’intelligenza in quanto facoltà individuale si è modificato nel tempo, adattandosi ai sistemi di vita e di pensiero che si sono affermati nel corso della storia e delle sue trasformazioni, così anche il modo di intendere l’Intelligence si è modificato e, soprattutto, necessita di essere modificato, per adeguarsi alle nuove condizioni di esistenza, nazionale, internazionale e planetaria. Occorre, cioè, ripensare una “cultura dell’Intelligence” adeguata ai nostri tempi e alla nostra realtà.

In Italia è assente un dibattito sufficientemente scientifico e articolato intorno ai nuovi concetti di intelligenza e di sicurezza. Tale carenza ha provocato una condizione di pericolo per il nostro Paese nell’attuale crisi internazionale e mondiale, caratterizzata dalla rottura degli equilibri politici e dal predominio dell’economia finanziaria virtuale, con mescolamenti culturali caotici, che sono seguiti, in particolare, alle nuove scoperte tecnologiche, soprattutto nell’informatica e nella comunicazione, con il diffondersi dei social network e di “circoli” telematici, come è parso particolarmente evidente negli avvenimenti della cosiddetta “Primavera araba”.

Leonid Breznev

Noi italiani, dopo il disastro libico, siamo drammaticamente fuori dalle dinamiche mediterranee, e quindi, da quella che sarà l’unica possibile soluzione strategica per la nostra identità ed economia.

La nostra finalità non è criticare i servizi segreti italiani, bensì il vedere se nuove prassi e metodologie possano migliorarne l’efficacia con la piena soddisfazione di tutti. In questo contesto, le strutture e i sistemi di Intelligence tradizionali italiani hanno mostrato la loro inadeguatezza, in più occasioni, interne ed esterne.

Le vicende politiche di “casa nostra”, almeno degli ultimi dieci anni, sono sfuggite al “controllo” dei servizi di sicurezza dello Stato, prestandosi ad “interferenze” esterne, che hanno orientato gli accadimenti italiani verso direzioni non rispondenti agli interessi nazionali. Certi comportamenti dell’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, a carattere privato o pubblico, comunque li si voglia definire a seconda della propria posizione politica, culturale, etica o ideologica, si sarebbero dovuti evitare grazie ad un ruolo realmente efficace dell’Intelligence. I “Servizi Segreti” italiani avrebbero dovuto far comprendere al Premier, per esempio, che era quantomeno “inopportuno” frequentare certa gente e condurre uno stile di vita che metteva a rischio l’autonomia e il bene nazionale.

Inoltre, non risulta che l’Intelligence sia stata capace di impedire l’uso illegale e destabilizzante per il Paese che un management corrotto e disinteressato al bene comune ha fatto di Finmeccanica, entità strategica per la sicurezza dello Stato. Dove sono finiti i “criteri base” per la concessione dei nullaosta di segretezza? Come si può consentire a personaggi quali quelli che si aggiravano intorno al vertice di Finmeccanica di violare continuamente e nella sostanza i criteri di sicurezza previsti nella fabbricazione di materiali classificati, e ignorare che, comunque, quando si producono per Paese terzo, si ha il dovere prioritariamente di proteggere l’appartenenza e la riservatezza di quel bene al committente? Cos’altro è stata se non un atto di sfiducia verso Finmeccanica la disdetta della fornitura dell’elicottero commissionata dagli Stati Uniti per il Presidente Obama, disdetta annunciata dal Presidente in persona nel febbraio 2009 a pochi giorni dal suo insediamento ufficiale alla presidenza? Quell’episodio non aveva forse già annunciato tutto ciò che puntualmente poi è avvenuto in Finmeccanica? Dove è finita, in questi anni, la categoria dell’abilitazione, cioè la valutazione delle persone autorizzate ad avere accesso alle notizie o a partecipare comunque ad attività “classificate”? Che cos’è “classificabile” in un Lavitola o in un Mokbel? Dove sono le richieste e gli eventuali esiti positivi di concessione di NOS di Lavitola e di Mokbel? La verità è che non ci sono, e che questi signori si aggiravano nel labirinto delle nostre cose riservate senza nessuna autorizzazione.

Anche in occasione della crisi libica, l’Intelligence italiana non si è distinta per capacità di conoscere quanto si concertava e si organizzava finanche tra Paesi alleati della Nato, e all’opinione pubblica e alla stampa internazionale non è sembrato che il nostro Ministero degli Esteri abbia saputo opportunamente prevedere gli avvenimenti che stavano per verificarsi, quindi, suggerire linee di azione funzionali a difendere il Paese e la sua economia dall’attacco degli interessi stranieri.

Ciò è accaduto anche a causa della legislazione italiana, che fa dipendere i Servizi di Intelligence dal potere (politico) esecutivo, che spinge e “convince” da troppi anni i vertici delle nostre agenzie di sicurezza ad “attaccare il somaro dove il padrone vuole”.

(Continua)

Oreste Grani e la redazione di Leo Rugens