Nasce Kami 4.0, testata elettronica di GdB
Contro lo specialismo settoriale, nella società ipercomplessa, la strategia è saltare quelle separazioni date dalla presunzione diagnostica dell’occhio destro che ritiene di saperne di più di quello sinistro. E viceversa. La globalizzazione, per motivi di natura ideologica e di potere, negli ultimi decenni, ha spinto al massimo questo strabismo e lo specialismo settoriale che ne consegue o che – forse – è l’origine stessa del caos babelico a cui assistiamo. Noi che non siamo amici delle ideologie distorcenti, tanto meno dei potenti sanguinari fomentatori di tali fanatiche visioni dicotomiche, non possiamo, in presenza degli effetti di tali scelte strabiche, genesi della condizione violenta in cui viviamo, rimanere indifferenti o, al massimo, accontentarci di essere o formare “tecnici”. Siamo favorevoli, viceversa, a compiere il massimo sforzo ideativo e comportamentale al fine di ricomporre la frattura tra l’umano e il tecnologico riuscendo a ridefinire e ripensare la relazione complessa tra il naturale e l’artificiale, tra conoscenza e competenza, arrivando a fondere la cultura umanistica e scientifica sia nel momento educativo e formativo contrastando quanto sempre più si delinea nell’assistere, da complici apatici, al rafforzamento di assetti di potere politico e modi di vivere tesi a dare sempre più dignità alle cose e sempre meno alle persone.
È tempo di agire per propiziare l’avvento di un nuovo umanesimo, di una “riforma delle coscienze” capace di coniugare negli uomini etica e responsabilità come argine più efficace a fronteggiare i problemi aperti dalla crisi planetaria attuale.
Con parole solenni, in questi anni drammatici, abbiamo sentito fare annunci, specialmente in Italia e in Europa, finalizzati a dichiarare volontà, per affrontare tali complessità. Abbiamo sentito parlare della necessità di dare primato all’interesse generale negli indirizzi da assegnare alla politica e alla economia. Ci sembra, con freddezza analitica, che poco o niente si stia consolidando in questa direzione.
Nessuna etica, certamente, sembra possibile senza responsabilità. Le classi dirigenti sono nella grande maggioranza impegnate a generale apatia e indifferenza spingendo verso l’astensione dall’agire e non solo in chiave elettoralistica. L’agire etico comporta viceversa la possibilità di scegliere, di decidere liberamente tra alternative. Esso riposa dunque su una conoscenza responsabile, che è tale proprio perché collega in un rapporto inscindibile e di reciproco nutrimento la dimensione conoscitiva dell’uomo con la sua dimensione etica.
Occorre allora superare, nelle strategie di prevenzione e di governo delle crisi e della ipercomplessità che ormai regna, il modello della separazione dei saperi, dello specialismo disciplinare su cui, ancora oggi, sono fondati i diversi sistemi educativi e la formazione culturale della maggior parte delle classi dirigenti. Quello stesso modello che, obbligando a guardare, paradossalmente con occhi divergenti, in una sola direzione, ha impedito sia di prevenire sia di prevedere la catastrofe in atto. Perché di catastrofe, respingendo la semplificazione di chi ci volesse etichettare come catastrofisti, si tratta.
La cultura della specializzazione e dell’indifferenza alla cosa pubblica come leva preminente dello sviluppo produce infatti “delle menti incapaci di legare le conoscenze, di riconoscere i problemi globali e fondamentali, di raccogliere le sfide della complessità…la parcellizzazione, la compartimentazione, l’atomizzazione del sapere rendono incapaci di concepire un tutto i cui elementi siano solidali, e con ciò tendono ad atrofizzare la conoscenza e la coscienza della solidarietà. Rinchiudono l’individuo in un settore compartimentato e con ciò tendono a circoscrivere strettamente la sua responsabilità, quindi ad atrofizzare la sua coscienza della responsabilità” (Edgar Morin, “Etica”).
Nella prospettiva dello specialismo risiede pertanto, oltre che il limite di una visione falsamente semplificata e perciò deresponsabilizzata del mondo, anche il germe dell’egoismo e dell’avidità come moventi dell’agire umano, cui l’atomizzazione del sapere non può fornire alcun antidoto.
Il pensiero della complessità è dunque l’unica forma di cittadinanza adeguata al Pianeta e alle sue forme viventi. Il suo paradigma metodologico/educativo – la trandisciplinarità – è la sola garanzia di riscatto dalle angustie di una cultura della specializzazione, gravemente limitativa delle facoltà etico-conoscitive dell’uomo.
Al fine di mettere in atto comportamenti, azione coraggiosa e non solo teoria, alcuni redattori del blog Leo Rugens, da donne e uomini liberi, hanno promosso consapevolmente, oltre un anno addietro, la struttura evoluta denominata HUT8 Progettare l’Invisibile ritenendo che nell’era dell’informatica, la competizione si gioca nello spazio illimitato e nel tempo senza tempo, nell’ubiquità dell’universo dell’informazione e della comunicazione, in cui tutti siamo prossimi e interferenti reciprocamente: Stati, nazioni, organismi economici e culturali, persone.
La rivoluzione informatica ha annullato i confini territoriali imponendo una nuova concezione della cittadinanza e, dunque, della sicurezza, su scala mondiale. I singoli problemi, contestuali e contestualizzati, locali, possono essere efficacemente affrontati e risolti, auspicabilmente prevenuti, soltanto mantenendo vigile l’attenzione e il controllo su tutti i livelli differenti, crescenti di ampiezza e di rapporto, fino alla scala universale.
I comportamenti territoriali di agenti che interagiscono con l’ambiente producono modifiche e l’emergenza di nuove caratteristiche organizzazionali nell’intero sistema. Questo scorrere delle cose necessità, perché abbia fertilità, di avvenire “in sicurezza”.
La sicurezza è un concetto dinamico, flessibile, aperto, adattivo, cooperativo, transdisciplinare e transculturale, di comunicazione e comprensione tra linguaggi e realtà differenti, simili o contrapposti, di sinergia e reciproca integrazione tra abilità e competenze personali e tecnologie, tra soggetti pubblici e privati, che costituiscono un insieme organico di informazioni in una dimensione globale, planetaria.
Ogni mutamento a livello locale comporta un mutamento di sistema, in proporzioni diverse e non sempre dirette. Lo Stato, organismo vivente evoluto, è un sistema complesso altamente intelligente. Comunque, così dovrebbe essere. Le parti che lo compongono interagiscono costantemente tra loro, dando vita a sottosistemi a loro volta di varia complessità necessitanti di una collaborazione tra tutte le componenti, in termini di strutture e funzioni, per garantire la difesa, la stabilità, lo sviluppo, l’equilibrio stesso della sua forma-stato.
Sulla cultura della sicurezza si fondano i valori della Costituzione italiana e della convivenza civile: la pace, la solidarietà, il lavoro, la famiglia, la salute, il progresso economico e culturale, la difesa del territorio da nemici interni ed esterni.
Su questi presupposti è nata “Hut8 – Progettare l’Invisibile”, associazione di donne e uomini riunitisi per svolgere attività di servizio sussidiario allo Stato, promozione sociale e aziendale nel campo della consulenza direzionale strategica finalizzata all’affiancamento per favorire processi di cambiamento, nei servizi, nella formazione, nella comunicazione, nella progettazione, nella ricerca, nell’innovazione tecnologica, nell’organizzazione e lo sviluppo di imprese ed eventi, nell’internazionalizzazione economica, nella gestione di sistemi complessi, in una nuova logica commerciale e imprenditoriale, di mediazione tra le Istituzioni e i cittadini per progetti e iniziative funzionali al fine produttivo della sicurezza stessa, in ogni ambito applicativo e operativo civile, energetico, ambientale, sanitario, politico, militare.
E proprio in una logica di sempre maggiore conoscenza e simbiosi consapevole tra il mondo civile e quello militare, abbiamo fatto le nostre scelte d’esordio “sul campo”. Anche di queste scelte e delle complessità che si sono portate dietro nei prossimi interventi sentiamo il dovere di parlarvi.
A questi temi, per oltre un anno, è stata dedicata l’attività pubblica e riscontrabile dell’Associazione a cui, in piena consapevolezza architettonica, abbiamo dato vita.
Cellula essenziale dell’organismo complesso HUT8 Progettare l’Invisibile, sarà GdB, struttura ulteriore chiamata a svolgere un ruolo primario nel settore formativo con particolare ambizione nell’affermare e diffondere le ragioni e i modi del rinnovamento culturale e morale della classe dirigente del Paese. GdB farà anch’essa propria la sfida della complessità e, insieme, dell’etica.
GdB si incarica di realizzare una Scuola di Intelligence capace di partorire un nesso stretto tra conoscenza, moralità e responsabilità, smentendo come cosa di un passato remoto e incapace di leggere i segni del futuro che “l’etica dell’Intelligence sia un ossimoro”, come sosteneva Duane “Dewey” Clarridge, ex capo della Cia a Roma, negli anni ottanta, deceduto il 9 aprile del 2016: “roba del genere (intendendo l’etica ndr) non c’è mai stata e mai ci sarà”, diceva il dirigente responsabile di non pochi guai/sofferenze a popolazioni di non pochi Paesi, sparsi sul Pianeta. Peccato che sia morto, altrimenti ci saremmo tolti la soddisfazione anche con lui.
Comunque vedremo, consapevoli della missione (quasi) impossibile. Vedremo quindi se degli italiani saranno capaci di dare vita ad una scuola di tale complessità e deputata alla elaborazione e alla promozione di metodologie e tecniche di reclutamento, selezione, formazione di una élite capace di smentire luoghi comuni e stereotipi (i primi nei confronti degli “scolaretti italiani” come in troppi ci trattano da troppo tempo) loro stessi terreno di cultura di minaccia alla sicurezza, interna ed esterna, alla Nazione.
GdB intende, pertanto, dedicare la propria attività, in organico e simbiotico agire con HUT8, alle professioni intellettuali coinvolte nei processi di trattamento delle informazioni che in ogni Paese sono utilizzate per disegnare scenari e prendere decisioni in ordine alla sicurezza, alle politiche di sviluppo, alle relazioni internazionali.
Impegno che ritiene di dover e poter svolgere prioritariamente con le Università e con il mondo della didattica che, troppo spesso, se non sempre, la politica, così come l’abbiamo vista operare, non ha saputo coinvolgere e valorizzare, nel dare risposte alla domanda sempre più diffusa e urgente di legalità, di stabilità sociale, di tutela delle sue istituzioni repubblicane dalle minacce interne e esterne.
Un impegno che GdB intende perseguire con nuovi approcci, privilegiando il paradigma della transdisciplinarità come chiave di comprensione della complessità del mondo moderno.
GdB, pertanto, intende promuovere attività di studio, ricerca e animazione culturale per concorrere a rafforzare nel Paese le condizioni e le garanzie della legalità, in riferimento ai valori e ai principi della Costituzione repubblicana, allo spirito e alle regole della democrazia, al rispetto dell’interesse pubblico. In modo più specifico, essa concentra il proprio impegno sui problemi connessi alla sicurezza dello Stato, della collettività e dei cittadini, con riferimento all’organizzazione, ai metodi, alle responsabilità e al sistema dei controlli relativi a questo ambito fondamentale per la vita democratica. Il luogo di riflessione e di trasparente lettura delle finalità della struttura è appunto GdB che comincia a manifestarsi anche attraverso questa testata elettronica, Kami 4.0. Il nome scelto è testimonianza di un passato professionale sofferto di alcuni di noi ed omaggio alle radici culturali che nel Kami, quando era ancora difficile cogliere il valore della bioemulazione (oggi finalmente giunta ad essere conosciuta come consigliera intelligente di scelte strategiche), videro, in quel luogo spirituale dotato di energie superiori, la fonte per prevedere e prevenire. Il Kami vive infatti nelle pietre, nei cristalli, perfino nelle gemme. Un universo soltanto apparentemente inanimato, che invece palpita di vita. Il Kami è abitato da un genio. Se evocato, può manifestarsi all’improvviso e soccorrere. Nella pioggerella primaverile di certo, è uscito lo spiritello della pietra recita un haiku di Murakami Kijo (1865-1938).
Parole quelle poetiche che evocano processi metaforici per l’Intelligence che sarà. Concetti che sono stati, con largo anticipo, pre-pensati e semilavorati latomisticamente per essere estratti con la necessaria tempestività.
Dopo essere stati messi in allerta, oltre venti anni addietro, dalla visione onesta e lungimirante del pensiero di Edgar Morin, filosofo, fondatore della scienza transdisciplinare, conoscitore nel profondo della complessità planetaria emergente, abbiamo incontrato, di recente, i ragionamenti di Piero Dominici, docente universitario e formatore professionista di attività di intelligence e interesse nazionale presso l’Università degli Studi di Perugia. Diciamo questo nella speranza di poter conoscere, quanto prima, di persona, il professore e verificare la eventuale possibile collaborazione sul terreno della docenza e dei processi formativi.
Nel pensare e nell’agire di Dominici, ritroviamo molto del pensiero di Morin, gigante della contemporaneità, a suo tempo fattoci conoscere, anche personalmente, da una sua allieva, che per tanti anni ha avuto modo di interagire con la fabbrica d’idee (think tank come si ama chiamare tali pensatoi) da alcuni di noi, a suo tempo, ideata e promossa. In semplicità elaborativa, è doveroso oggi ricordarlo, negli anni successivi all’incontro con Morin, datato nel lontano 2001, contaminati dal suo ragionare errante, abbiamo cercato di operare per reagire alla catastrofe culturale, prevedibile e prevista, verso cui la nostra amata Italia si precipitava.
Abbiamo scritto che è ora di agire per propiziare l’avvento di un nuovo umanesimo e di farlo, aggiungiamo, forti del pensiero mazziniano sui doveri. Certamente anche dei diritti ma, soprattutto, del dovere dell’azione. E all’azione stiamo passando.
GdB (Guglielmo da Baskerville) è una associazione culturale quindi che i redattori di Leo Rugens, in accordo con gli organi dirigenti di HUT 8 Progettare l’Invisibile, hanno sognato come cellula essenziale di tale organismo complesso di cui vi parleremo a lungo nelle fasi successive di questo percorso di disvelamento e di vostra necessaria conoscenza di chi siamo e cosa ci prefiggiamo fare. Certamente, ci prefiggiamo di chiamare GdB a svolgere un ruolo primario nell’affermare e diffondere le ragioni e i modi del rinnovamento culturale e morale della classe dirigente del Paese, che, ne siamo certi, se lasciata nella sua condizione insufficiente di studio e di formazione, non sarà adeguata alla complessità emergente.