Provate a non dimenticare chi sia Berlusconi


Cominciamo con l’attendibilità delle fonti: Isabella Bossi Fedrigotti. Vedrete poi perché faccio riferimento alla signora.

Isabella Bossi Fedrigotti (Rovereto, 3 marzo 1948) è una giornalista e scrittrice italiana.

Figlia del conte Federico Bossi Fedrigotti (dal quale ha ereditato coi fratelli una rinomata azienda vitivinicola), è vedova del cronista del Corriere della Sera Ettore Botti e madre di Vittorio ed Eduardo. Collabora al Corriere della Sera scrivendo articoli culturali e di costume. Ha vissuto a Madrid dal 1993 al 1997.

Il suo esordio nella narrativa è stato col romanzo Amore mio, uccidi Garibaldi (1980), che raggiunge il secondo posto della classifica dei libri più venduti nelle prime settimane dalla pubblicazione. Nel 1983 riceve il Premio Selezione Campiello per il romanzo Casa di guerra. Nel 1991 vince il Premio Campiello con Di buona famiglia (Longanesi), trasformato nel 2006 in adattamento teatrale da Leonardo Franchini, con protagoniste Anna Maria Guarnieri e Magda Mercatali. Un altro suo libro, Magazzino vita, del 1996, vince il Premio Letterario Basilicata.

Suoi racconti brevi sono apparsi nelle antologie collettive Mi riguarda (Edizioni Sandra Ozzola E/O 1994), Tra le rughe. Storie di nonni che si fanno ricordare (Lint Editoriale 1995) e Natale d’Autrice. Racconti d’Avvento al femminile (San Paolo Edizioni 2002): il primo volume comprende scritti imperniati sul tema della disabilità, mentre le altre due antologie accolgono prose anche di Elena Gianini Belotti, Gina Lagorio, Grazia Livi, Claudio Magris, Susanna Tamaro, Antonio Tabucchi, Paola Capriolo, Maria Venturi, Laura Bosio, Paola Mastrocola, Laura Pariani.

Nel 2002 il romanzo Cari saluti è selezionato al premio Pen Club italiano, mentre l’anno seguente la raccolta di racconti autobiografici La valigia del signor Budischowsky si aggiudica il Premio Settembrini.

Nel 2019 le viene conferito il Premio della Fondazione Campiello alla carriera.


Leggete con calma e fatevi un’idea sulla serietà e attendibilità della scrittrice e giornalista. 

Il post viene scritto senza giri di parole: a Silvio Berlusconi (quello che alcuni vorrebbero al posto che fu di Sandro Pertini) piaceva Muammar Gheddafi. Anzi, sentite a me, lo invidiava per come il sadico dittatore era riuscito a mettere in piedi un meccanismo di potere per governare con il terrore e, al tempo, sfogare la propria sessualità malata, usando tutte le donne (spesso giovanissime) che la sua mente perversa gli faceva desiderare.

Gheddafi non è stato solo un pezzo di merda di suino, mandante di decine di atti di terrorismo a cominciare dai morti in discoteca La Belle a Berlino, finendo con il volo PAN AM 193 più la strage di tutti i suoi oppositori che i nostri servizi dell’epoca gli consentirono di fare sul territorio italiano (mi sembra che ci fu collaborazione fino al punto che dai nostri ufficiali vennero consegnati gli indirizzi e le abitudini dei rifugiati in Italia), è stato un vero e proprio stupratore seriale, al sicuro da ogni responsabilità o ritorsione possibile di padri, fratelli, nonni parenti delle donne oggetto delle violenze carnali. Gheddafi è stato un atipico stupratore di Stato che, pur di sfogarsi, non si fermava di fronte al far organizzare dai suoi “servizi” e da membri fedeli della sua guardia del corpo, coordinati da una schifosa metresse (come spesso accade) veri e propri rapimenti di ragazze minorenni, anche in età scolare. Anzi, durante le visite negli istituti scolastici, il pazzo maniaco sessuale individuava le ragazzine che lo solleticavano e faceva in modo di indicare ai suoi sgherri al seguito la giovinetta (a volte anche ponendo banalmente la mano sul capo della vittima) e poi, nei giorni successivi, rimaneva in attesa del “pacco dono”. In Libia quando una famiglia subiva l’onta dello stupro sapeva che doveva tacere e basta. Ancora oggi sarebbe difficile raccogliere tutte le testimonianze per ricostruire questa fase degenerata del despota. Mandante dei feroci assassini che in giro per il mondo facevano esplodere bombe contro “gli infedeli” e aguzzino del suo popolo con una vera e propria ossessione per il consumo di carne femminile giovane.

Quando Silvio Berlusconi bacia la mano a Gheddafi (volete rimuovere le sceneggiate di Berlusconi statista e la ciclica presenza di Gheddafi con al seguito l’harem delle donne mascherate da amazzoni/guardie del corpo che non ha paragoni nella storia dell’umanità?) in realtà si genuflette di fronte al suo idolo di comportamento lussurioso e di uso del potere per fare sesso. Berlusconi era semplicemente invidioso di quello che l’amico riusciva ad organizzare. Cento, mille Ruby, con i loro culetti, è il modello di conduzione di uno Stato che li rendeva simili. Dimenticare quanto è accaduto con modalità più semplici e corruttive (soldi soldi soldi) ad Arcore, o in Sardegna o dove fosse possibile, porta a rimuovere i modelli culturali e i legami valoriali tra i due e a semplificare “chi” vorreste come Presidente della Repubblica.

Comunque, nella mia marginalità e ininfluenza, se non lo fa nessuno, continuo io a rinfrescarvi la memoria su chi fosse Gheddafi, idolo di Berlusconi.  

Oreste Grani/Leo Rugens 

P.S. Prima di piacere a Berlusconi, Gheddafi era stato “simpatico” a Bettino Craxi come ormai tutto il mondo sa. Bettino Craxi, Claudio Martelli (tramite il suo segretario particolare Sergio Restelli), Enzo Maria Dantini, Paolo Scaroni e tanti altri stimavano Gheddafi e il suo sistema valoriale di riferimento. A molti politici italiani piaceva moltissimo persino il figlio del dittatore che mi sembra sia quello che cercherà di farsi eleggere, dal popolo sovrano, a dicembre p.v.