La giustizia come equità ovvero come quasi tutti vorrebbero un lavoro e un Rolex in regalo. Da andare a vendere
Vi abbiamo scritto e riscritto che intorno ai grandi lavori ed in particolare intorno alle ferrovie (Tav o no Tav) si sarebbe giocata, quanto prima, la partita “resa dei conti”. Non solo riteniamo che sia così ma la stagione che si è aperta ieri solo gli specialisti di cose complesse (anche internazionali) stanno capendo dove andrà a parare. Fu così per “mani pulite”; sarà così, anche questa volta. La politica estera è tutto! Intanto godetevi Alberto Statera è il suo pezzo ineguagliabile che oggi è uscito su Repubblica dedicato a quel tipaccio di Ercole Incalza. Quando si uscirà da questi primi momenti convulsi scriverò un post dedicato ad un conto aperto che il sottoscritto aveva con questo super mascalzone ladro di Stato. Non per qualcosa che mi riguardasse direttamente perché, come avete certamente capito, non mi sono mai occupato di bitume o calcestruzzo ma per una strana vicenda che vide protagonista, anni addietro, l’allontanamento dal Ministero dei Lavori pubblici di una servitrice dello Stato (era una dipendente dell’Interno distaccata – giustamente – nella Segreteria del capo di Gabinetto del Ministro di turno per vigilare sulla correttezza delle procedure che sono tra le più delicate nel rapporto con la strategia di sicurezza nazionale e la criminalità organizzata) e che fu repentinamente “tolta dai piedi” quando ci si rese conto che poteva non essere organica ai movimenti che si attuavano da quelle parti. La persona era madre di una ragazzina non vedente e perse, in questo trasferimento forzoso, dopo 17 anni di “distacco”, 700,00 euro al mese mettendola in gravissima difficoltà.
La signora aveva lavorato e si era formata al Ministero dell’Interno, tra l’altro, al tempo del prefetto Vittorio Stelo (dirigente che la dipendente ancora ricordava con stima e ammirazione per la competenza giuridica) e, successivamente, svolgendo il suo leale lavoro al servizio della Repubblica presso il covo dei grassatori, evidentemente dava fastidio. Quei vermi che controllavano i Grandi Lavori, allontanarono “gli occhi esperti dello Stato” giustificando l’atto amministrativo con le troppe assenze (erano in realtà permessi di legge per chi, invece di avere un figlio a cui far regalare lavoro e rolex, doveva accudire una figlia non vedente) buttarono nello sconforto la madre già provata dalla vita togliendole l’aiuto dell’indennità speciale di distacco. Incontrai personalmente la dipendente dello Stato e la vidi piangere durante il colloquio in cui sperava, affidandomi la sua vicenda, di potersi difendere, in qualche modo, dall’ingiustizia. Tentai di porre la questione con un senatore campano che in quel momento era vicino ad Antonio di Pietro (l’ex pm era all’epoca il Ministro competente e, ad onor del vero, fu l’unico di sette ministri prima – di lui e a seguire – ad allontanare Incalza dal Ministero) ma, inutilmente.Incalza non credo che fosse già stato messo in discussione quando qualcuno decise di rispedire al Viminale la dipendente “estranea”. Il capo di Gabinetto di Di Pietro era Fortunato, un “Incalza” alla ennesima potenza. L’episodio – lo giuro – fu uno dei più toccanti e sgradevoli della mia vita professionale anche perché la madre, chiedendo aiuto, pianse senza freni davanti alla figlia cieca la quale con una dignità e fermezza che ancora ho scolpite nel ricordo, la invitò a non farlo per “non dargli soddisfazione a quelli”. La ragazzina era poco più che adolescente e “quelli”, gente da niente, acquistatori di Rolex, siete voi. Per Dio, per tutti i santi, questa storia maturata nell’ambiente dei “Grandi Lavori” è vera ed una delle mille e mille che abbiamo consentito che avvenisse non strozzando con le nostre mani quei vermi putrescenti. Il dilapidamento del denaro di tutti voi è il primo problema della Repubblica che sarebbe, senza questi egoisti violenti grassatori, più giusta, più ricca, più pulita. L’Italia è povera per colpa loro. L’Italia è moralmente e fisicamente sporca, per colpa loro. L’Italia è ingiusta per colpa loro. E vostra, perché avete consentito, senza ribellarvi, che tutto questo avvenisse. Ancora, di fronte a questo schifo, qualcuno (quanti giornalisti normalmente appesi al carro dei potenti oggi si indignano scoprendo chi fosse Ercolino (pestamusi) Incalza?) vorrebbe – sfacciatamente – ancora soffermarsi sull’inconsistenza degli esponenti del M5S come se loro e la loro inesperienza fossero la colpa di tutti i mali. La verità è che – in dittatura parlamentare – non serve fare un’interrogazione (come il M5S aveva fatto proprio su Incalza e il suo strapotere) fino a quando la magistratura non acchiappa i ladri con le mani nel “sacco delle città” e delle campagne. Per questo i vermi e gli amici dei vermi, cercano – in tutti i modi – di fermare le “Ilda Boccassini” e i cittadini per bene alla Di Majo e Di Battista.
Come diceva qualche ora addietro l’onorevole (lui sì tale ) Alessandro Di Battista: “Sono ladri e come tali dovete trattarli” (http://www.huffingtonpost.it/2015/03/16/ercole-incalza-lupi_n_6877204.html). Altro che opportunità o meno delle dimissioni di quella scimmietta ventriloqua di Maurizio Lupi, da sempre un pupazzo in mano a Mauro Moretti e ad Ercole Incalza. Maledetto lui, maledetta tutta Comunione e Liberazione (Compagnia delle Opere) e chi li copre. Maledetto Incalza che non voglio presumere innocente di nulla. Anche a nome della Signora XY e di sua figlia che – già allora – vedeva bene come sarebbe andata finire. Siamo al capolinea ed è ora di chiedere la restituzione (oltre le ovvie dimissioni), diritti acquisiti o meno, del mal tolto alle Casse della Repubblica per gli appannaggi conferiti a Maurizio Lupi. Almeno, da quando è Ministro. Subito suo figlio, ipocrita credente in Cristo, consegni alla Caritas o, meglio, a Papa Francesco, il rolex che – una volta venduto – potrà sfamare, per 500 giorni, quattro famiglie di poveri e onesti nostri compatrioti.
Cosa vi devono fare di più prima che vi ribelliate alla dittatura del malaffare e alla oligarchia partitocratica?
Oreste Grani/Leo Rugens