La dissipazione del patrimonio rappresentato da 9 milioni di voti di cui 770.000 nella sola Roma, non deve avvenire
Sapete che in questo luogo telematico, marginale ed ininfluente, sosteniamo, da tempo non sospetto che, “quella sera”, Giuseppe Grillo da Genova sarebbe stato meglio che “fosse arrivato” a Roma, davanti a Palazzo Chigi, per dare il segnale, a gente incazzata nera e agli oligarchi della partitocrazia che il “popolo a Cinque Stelle” era fatto da cittadini democratici, rispettosi del dettame costituzionale, fiduciosi nel valore del voto espresso nel segreto delle urne ma anche, al momento opportuno, se fosse stato necessario, a …menare le mani.
Opinione fino a ieri assolutamente non condivisa dalla maggioranza dei grillini che sono persone per bene e non degli uomini pericolosi e “troppo patrioti” come, in varie sedi e in tempi diversi, è stato considerato il sottoscritto.
Questo del “menare le mani” quale diritto del popolo quando i vessatori passano al misura, non è una mia invenzione, come millenni di storia sotto ogni latitudine insegna (affermazione grave e di cui ci assumiamo piena responsabilità) perché, alla nostra età, sappiamo quanto, tra il dire e il fare, ci siano “oceani” da attraversare a nuoto (comunque distanze maggiori di quella coraggiosamente affrontata da Grillo approdando in Sicilia dopo essersi tuffato in Calabria) se si volesse realmente dare vita a un grande cambiamento di quei paradigmi culturali, politici, economici, sociali che hanno consentito, fino ad ora, ad una élite antidemocratica, se non a vocazione tirannica, di controllare e regolare la vita dei sudditi italiani.
Se la si definisce una tirannide (e quella partitocratica imperante in Italia lo è) bisogna essere pronti ad abbatterla perché non è dato che un tiranno (e i suoi) si faccia da parte spontaneamente. Anzi, quando vede e sente che l’aria si fa pericolosa, rafforza il controllo di polizia, mette sotto pressione gli oppositori con episodi artatamente costruiti per essere legittimato a reprimere o, come in questo caso, diffamando e sminuendo il valore degli oppositori preparando campagne atte a determinare ulteriore apatia e sfiducia nella pubblica opinione. “Lo vedete che sono tutti uguali? Sentite a noi, meglio tenersi gli originali!”.
Continua ad esserci una differenza, abissale, in questa vicenda: gli inadeguati a 5 stelle saranno sempre meglio (e per questo dovevamo proteggerli e dovremo – anche “menando”- farlo nel futuro prossimo) di quelli che hanno, senza ombra di dubbio alcuno, compiuto lo stupro di gruppo seriale da cui è nato il groviglio putrescente e bituminoso che ora abita la Capitale. cero potremmo anche un giorno scoprire che la Raggi è l’incarnazione complice in quanto pienamente consapevole di quanto stava accadendo dell’operazione sotto falsa bandiera a cui faccio non larvato riferimento e che avendo chi di dovere foto compromettenti dell’avvocatessa mentre si concede a Cesare Previti, la si è indotta ad infiltrarsi, anni addietro nel M5S, la si è lasciata in sonno per poi farle vincere, con mille abili manovre concertate al Circolo Canottieri di Vattelaapesca, la sfida con l’irreprensibile avvocato… (pentastellato della prima ora) ma la sostanza che non sono stati i grillini a pervadere la Città dell’idea che la politica debba essere un continuo do ut des di reciproche fedeltà e favori, dove si teorizza magistralmente che la concussione è onesta come legittimo esercizio di imprenditoria e che è impossibile tenere in piedi un’organizzazione politica senza clientelismo, perché gli uomini (e in questo caso le donne) non fanno politica per niente. PER ARRIVARE A DIMOSTRARE QUESTO (CHE TUTTI SONO EGUALI E CHE TUTTI VOGLIONO RICAVARNE QUALCOSA E CHE I CITTADINI ONESTI SE ANCHE VINCONO LE ELEZIONI AUTOORGANIZZANDOSI FUORI DAL MONDO PARTITOCRATICO PERDONO IL CONTROLLO DELL’AMMINISTRAZIONE VOTATA AL SACCHEGGIO PERCHÈ LA POLITICA NON È COSA PER I FIORELLINI O LE MAMMOLETTE.
“CHE FIGATA”, AVREBBE DETTO IL MIGLIOR BERLUSCONI DEI BEI VECCHI TEMPI ANDATI, POTER DIMOSTRARE CHE TUTTI SIAMO DEI PLUNKITT DELLA NEW YORK DI TAMMANY HALL.
Tutti pronti, come Cesare Previti, a sfilare per un tozzo di pane alla figlia di Camillo Casati Stampa (l’omicida di Massimo Minorenti e della bella marchesa Anna) la Villa di Arcore da portare in banca e con l’immobile di prestigio DATO IN GARANZIA farsi “prestare soldi” per Silvio Berlusconi. In fin dei conti è lo stesso Previti (un po’ più vecchio) che tira i fili della pupazza Virginia Raggi. Vedete che siete tutti uguali?
Così si cancellano anni di attività di Alfredo Romeo, con i suoi miliardari appalti truffaldini per la gestione dei patrimoni immobiliari pubblici e la manutenzione delle strade della capitale mai fatta. O, per Dio, è Virginia Raggi che è stata, all’insaputa di noi tutti e in particolare di quel coglione di Beppe Grillo, per decenni, collusa con la Volpe di Posillipo al secolo Alfredo Romeo ad aspettare che le intemperie facessero buche sul manto stradale, riempirle (quanto peggio possibile), aspettando l’alleato Giove Pluvio per ricominciare fuori da ogni appalto e contabilità trasparente a tappare buche. Mortacci vostra, e questo saccheggio che ha svuotato la cassa del Comune lo vogliamo appioppare a quella inetta collusa marionetta di Virginia Raggi?
Torniamo a quello che inascoltati diciamo da mesi: senza intelligence intelligente che doveva pre-pensare che sarebbe accaduto tutto questo e con un atteggiamento un po’ meno da ciucci presuntuosi, ci saremmo divertiti noi con i loro orifizi piuttosto che prestare i lombi al loro sguaiato bisogno di sodomizzare tutti/e e tutto. Ci devono essere, evidentemente, anche tra i Grillini, troppi esponenti di quella consorteria che considera la sodomia una giusta prassi e, in questo caso, oltre a tutto, in versione passiva. Anzi passivissima e in presenza dello stupro, a fine ludico e di sfruttamento, della nostra Città e di chi “donna” voleva provare a difenderla. Doppiamente vigliacchi e colpevoli i mostri che ingaggiati, si sono prestati a intercettare, dossierare, spiare. Se penso che sarebbe bastato capire che avevamo fatto invitare (e perché) al convegno citato fino alla nausea del 18 dicembre perché tutto questo non accadesse non posso non incazzarmi con chi si è fatto “re” essendo invece una pugnetta (tra l’altro interrotta) incapace di guardare le spalle della Raggi che in quel momento andava salvaguardata perché salvaguardando lei proteggevamo la Repubblica e la nostra speranza. Per farlo sarebbe bastato ascoltare chi, con discrezione, prima e dopo quel 18 di dicembre, era pronto a spiegare, in spirito di servizio (questa espressione vuol dire ciò che vuole dire) che non si va per ristoranti, né prima né tantomeno dopo, con la candidata sindaco, che ci si incontra solo in case sicure, opportunamente bonificate e proteggendo le conversazioni dell’autorità con gli inibitori di segnali necessari e sufficienti.
Te lo do io intercettare lo staff o le riflessioni di Virginia Raggi! Queste sono prudenze normali per chi decide di sfidare i poteri forti perché i poteri forti amici cari passano metà del loro tempo a far bonificare i propri uffici e residenze perché si cacano sotto di far sentire ciò che dicono. Ma veramente non pensavate di scendere in guerra? E non metaforicamente? Quando dico guerra dovete pensare che alcuni di quelli che vi odiano non hanno esitato a far fare fuori chi si era permesso di colpirli. Negli affetti familiari, ad esempio. Ma questa è un’altra storia che si sarebbe dovuta raccontare (sapendolo fare) prima che qualcuno cominciasse a pensare di poter tramare come ha tramato e come ora sta agendo. Bisognava prenderli d’incontro ma per poterlo fare l’intelligence partecipata doveva essere un po’ meno cretina o peggio infiltrata. Ma anche questa è un’altra storia che quanto prima dobbiamo cominciare a raccontare.
Ciao a tutti i naviganti che capiscono quello che sto dicendo.
Oreste Grani/Leo Rugens